Il plauso di Obama per l'ostaggio strappato ai pirati somali
Sempre più pericolose le acque della Somalia. Ieri, la Marina americana ha effettuato
un blitz per liberare il capitano Richard Phillips, ostaggio dei pirati che stavano
per ucciderlo. L’azione, autorizzata dal presidente Obama, si è conclusa con la morte
di tre rapitori ed un arresto. Il capo della Casa Bianca ha lodato il coraggio del
capitano, che aveva tentato la fuga, ed ha annunciato un maggiore impegno nella lotta
contro questo tipo di fenomeno. Dopo l’irruzione, i pirati hanno minacciato di vendicarsi
contro Stati Uniti e Francia, la quale alcuni giorni fa aveva attuato un blitz simile,
conclusosi con la liberazione di quattro ostaggi, la morte di un quinto e l’uccisione
di uno dei sequestratori. Nessuna richiesta di riscatto è ancora giunta per l’imbarcazione
sequestrata nel Golfo di Aden, a bordo della quale ci sono 10 italiani. Sul rischio
di un ulteriore aggravamento della crisi, Giada Aquilino ha intervistato Raffaello
Zordan, esperto di Africa della rivista comboniana Nigrizia:
R. - La Somalia
non controlla nulla delle proprie coste essendo, come sappiamo, un Paese che dal 1990
è privo di un governo riconosciuto, e dunque privo di possibilità, non potendo esercitare
le funzioni statuali sia all’interno che sulle proprie acque territoriali. Certo è
che in quell’area circolano molte navi che trasportano petrolio, merci e quant’altro
e quindi è compito della comunità internazionale garantire che il passaggio possa
avvenire in modo pacifico. D. - Gli Stati Uniti minacciano misure
straordinarie contro questi atti di pirateria nelle acque somale. Un blitz francese
è finito in tragedia. L’uso della forza rischia di aggravare la crisi? R.
- Rischia di metterla su un binario militare, mentre si potrebbe pensare ad interventi
della comunità internazionale presso, ad esempio, l’Unione Africana per vedere di
trovare delle forme di mediazione, di comprensione del fenomeno, e così riuscire a
percorrere altre vie. D. - Cosa c’è dietro questa crisi? R.
- Noi sappiamo che sul territorio somalo esistono svariati gruppi che si battono semplicemente
per sopravvivere. Non credo che la maggior parte di questi abbia a cuore l’unità somala
o di ritrovare un’unità dello Stato. D. - Cosa è mancato fino
ad oggi da parte della comunità internazionale? R. - Per uscire
fuori da questa situazione credo sia necessario l’intervento, ancora una volta, dell’Unione
Africana e delle comunità economiche africane. Dovrebbe essere prioritario.