Pellegrini di tutto il mondo alla Messa pasquale nella Basilica del Santo Sepolcro
a Gerusalemme
Le campane hanno suonato, oggi, a Gerusalemme. Un tripudio di gioia questa mattina
nella Basilica del Santo Sepolcro dove attorno all’Anastasis, come la chiamano i greci,
o “Chiesa della resurrezione”, come la chiamano i cristiani locali, un’assemblea di
fedeli e pellegrini provenienti da ogni angolo della terra, ha partecipato alla solenne
Messa pontificale di Pasqua. Il servizio è di Sara Fornari:
Presieduta
dal Patriarca latino, mons. Fouad Twal, e celebrata sull’altare posto davanti all’Edicola
che custodisce la tomba, la celebrazione ha fatto riecheggiare nella Basilica il canto
della resurrezione. L’“Exsultet” e il Vangelo del Risorto erano già stati proclamati
ieri durante la Veglia pasquale che nel Santo Sepolcro viene celebrata per motivi
di ‘status quo’ - il regolamento dei turni delle comunità in Basilica - già il sabato
mattina. E se è vero che nella Basilica cuore di Gerusalemme è sempre Pasqua, l’annuncio
della resurrezione e l’Alleluja sono esplosi solo stamane nella loro pienezza, risuonando
nei cuori di tanta gente. Culmine della liturgia pasquale nella
Basilica del Risorto è la processione con l’Evangelario, che a conclusione della Messa
è stato portato solennemente intorno al Sepolcro vuoto, proclamando in quattro punti
diversi della Basilica il Vangelo della Resurrezione, quasi ad indicare la notizia
che da qui dev’essere annunciata fino ai confini della terra. I cattolici ortodossi
hanno poi riempito il sagrato del Santo Sepolcro, in questo giorno dove nella Città
santa diverse celebrazioni si intersecano. Già stamattina presto, prima della Messa
pontificale, la Basilica aveva accolto il Patriarca greco-ortodosso e quello armeno
che celebrano oggi con le loro comunità la Domenica delle Palme. E durante la solenne
celebrazione eucaristica dei latini al Santo Sepolcro, altri canti si sono sovrapposti
al tripudio pasquale della comunità cattolica di Gerusalemme. Nell’omelia,
il Patriarca ha ricordato lo smarrimento della Maddalena davanti alla morte, un’immagine
delle folle di giovani e meno giovani che, oggi come ieri, cercano il Signore e non
lo trovano né nella politica, né nell’economia, né nella giustizia internazionale,
né nelle Costituzioni dei Paesi che si dicono cristiani moderni. Ma l’inaudito annuncio
della Resurrezione – ha continuato il Patriarca – raggiunge noi che nella vita quotidiana
siamo tutti, in un modo o nell’altro, toccati dalla sconfitta e che ci confrontiamo
quotidianamente con piccole morti. Noi cristiani – ha proseguito mons. Twal – osiamo
parlare di Pasqua, di gioia e di vittoria sulla morte anche quando continuiamo a contare
centinaia di migliaia di vittime di guerre, malattie e catastrofi naturali in tutto
il mondo. Abbiamo il coraggio di credere nella vittoria sul male e sulla morte, mentre
quotidianamente immagini di violenza e di guerra ci circondano. Abbiamo il coraggio
di credere nella vittoria sul male e sulla morte mentre la Terra Santa è stata appena
insanguinata a Gaza. “Lasciamo che il Signore guardi le nostre
ferite”: questa l’esortazione finale di mons. Twal, che ha incoraggiato anche a proclamare
l’Alleluja innanzitutto in famiglia, ma poi anche davanti agli uomini, senza vergognarsi
di mostrare la nostra fede in Gesù risorto a tutti, con la testimonianza, la gioia
e l’amore fraterno. La Pasqua è festa di Risurrezione, ma in Terra Santa s’intreccia
col dolore e l’ingiustizia. E’ la testimonianza di padre Severino Lubecki,
missionario francescano, direttore della “Casa Nova” di Betlemme per i pellegrini,
al microfono di Claudia Di Lorenzi:
R. - Il patriarca
precedente, Michel Sabbah, parlava della sofferenza presente in Terra Santa, sia nel
popolo palestinese sia tra gli israeliani. La sofferenza è generata da questo conflitto
che non riesce a trovare una soluzione, né gente coraggiosa per riconciliarsi. L’ultimo
grande conflitto, quello di Gaza, è il segno più evidente che ancora siamo lontani
dalla pace, dalla gioia della Resurrezione in Terra Santa. C’è tanta violenza, tanta
persecuzione. Ci sono ancora questi due popoli, quello israeliano e quello palestinese,
che non riescono a vivere in pace, l’uno accanto all’altro. D.
- Una Croce che irradia forte intorno a sé la Luce del Risorto. Quale speranza sollecita
per gli abitanti della Terra Santa? R. - Non possiamo lasciarci
travolgere dalle tenebre, dallo scoraggiamento. Noi speriamo che anche per tutti i
luoghi santi arriverà la vera Pasqua di riconciliazione, di un popolo composto da
diverse nazionalità, diverse religioni, ma che riesce a camminare insieme e a vivere
in pace, gli uni accanto agli altri. D. - Una speranza che trova
alimento in esperienze di dialogo anzitutto fra i singoli, a testimoniare che – scriveva
Michel Sabbah, - la “terra promessa”, dove si realizza l’incontro fra Dio e l’uomo,
è anzitutto l’uomo stesso, che si lascia abitare da Dio e si apre alla carità e all’accoglienza…
R. - Ci sono tanti piccoli segni di speranza, ci sono molti
momenti in cui questi due popoli, soprattutto la gente più semplice, riesce a superare
le barriere, le differenze; riesce a vivere insieme. Ci sono tantissime iniziative
sia dalla parte israeliana che da quella palestinese, che mirano ad avvicinare questi
due popoli. Si cerca di coinvolgere i giovani, di collaborare a livello culturale.
Tutto questo ci fa sperare che un giorno ci sarà la pace, che è sempre dono di Dio,
anche qui. D. - Il pellegrinaggio è metafora dell’incontro con
Dio: cosa significa per i pellegrini raggiungere i luoghi dove Cristo è vissuto, morto
e risorto? R. - Per capire cosa provano basta vedere il loro
sguardo, prima di tutto pieno di commozione, perché con i loro occhi possono vedere,
con le loro mani possono toccare quei luoghi che ancora oggi ci ricordano la presenza
di Cristo sulla terra, e anche una grandissima gioia. I luoghi santi, Betlemme, Nazareth,
Gerusalemme, Cana di Galilea, sono ancora oggi luoghi desiderati più degli altri.
Soprattutto in questi ultimi anni vengono molti pellegrini dai Paesi dell’est europeo,
e sappiamo quanto sacrificio economico richiede il pellegrinaggio in Terra Santa per
loro, e quando arrivano c’è la grandissima gioia di essere tra quei privilegiati che
hanno realizzato il sogno di venire in Terra Santa.