La risurrezione del Signore non è una favola, ma un evento unico e irripetibile, è
la speranza che illumina le zone buie del mondo: così Benedetto XVI il giorno di Pasqua,
nel messaggio "Urbi et Orbi"
“La risurrezione del Signore è la nostra speranza”, che “illumina le zone buie del
mondo in cui viviamo”: così Benedetto XVI il giorno di Pasqua, nel messaggio Urbi
et Orbi, pronunciato dalla loggia centrale della Basilica vaticana, dopo aver celebrato
la Santa Messa sul sagrato di San Pietro, davanti una folla di oltre centomila fedeli,
che fin dalla prime ore del mattino si erano radunati nella piazza addobbata per l’occasione
da splendide composizioni floreali, offerte dall’Olanda. Non disperiamo dunque davanti
alla morte, ha detto il Papa rivolto ai fratelli e alle sorelle di Roma e del mondo
intero, ricordando che Cristo ha estirpato la radice del male ma ha bisogno in ogni
tempo di uomini e donne capaci di usare le sue stesse armi. Il servizio di Roberta
Gisotti:
“Che cosa
c’è dopo la morte?” “Una delle domande che più angustiano l’esistenza dell’uomo è
proprio questa”, ha esordito il Papa nel suo Messaggio Urbi et Orbi. Un’“enigma” che
trova risposta proprio nella Pasqua, dove “la morte non ha l’ultima parola, perché
a trionfare alla fine è la Vita. Una certezza che non si fonda su semplici ragionamenti
umani, bensì su uno storico dato di fede”:
"Gesù
Cristo, crocifisso e sepolto, è risorto con il suo corpo glorioso. Gesù è risorto
perché anche noi, credendo in Lui, possiamo avere la vita eterna". “La
Pasqua non segna semplicemente un momento della storia – ha spiegato il Santo Padre
– ma l’avvio di una nuova condizione”.“La resurrezione pertanto non è una
teoria, ma una realtà storica rivelata dall’Uomo Gesù Cristo" "Non è un mito né un
sogno, non è una visione né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile”,
che giunge ad illuminare – ha osservato Benedetto XVI – “le zone buie del mondo in
cui viviamo”.
“Mi riferisco particolarmente al
materialismo e al nichilismo, a quella visione del mondo che non sa trascendere ciò
che è sperimentalmente constatabile, e ripiega sconsolata in un sentimento del nulla
che sarebbe il definitivo approdo dell’esistenza umana". Dunque
“se Cristo non fosse risorto, il ‘vuoto’ sarebbe destinato ad avere il sopravvento”.
“Una
novità che cambia l’esistenza”, come è accaduto – ha ricordato il Papa in questo Anno
Paolino - all’apostolo delle Genti, il cui insegnamento ed esempio debbono incoraggiarci
a fidarci di Cristo, perché “il senso del nulla che tende ad intossicare l’umanità
è stato sopraffato dalla luce e dalla speranza” della risurrezione”.
Ma
“se è vero che la morte non ha più potere sull’uomo e sul mondo, tuttavia rimangono
ancora troppo segni del suo vecchio dominio”.
“Se
mediante la Pasqua, Cristo ha estirpato la radice del male, ha però bisogno di uomini
e donne che in ogni tempo e luogo lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le sue
stesse armi: le armi della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono
e dell’amore". Questo è stato il messaggio
– ha ricordato Benedetto XVI – portato a tutto il continente africano nel recente
viaggio apostolico in Camerun ed Angola.
"L’Africa,
infatti, soffre in modo smisurato per i crudeli e interminabili conflitti – spesso
dimenticati – che lacerano e insanguinano diverse sue Nazioni e per il numero crescente
di suoi figli e figlie che finiscono preda della fame, della povertà, della malattia". E
lo stesso messaggio il Papa ripeterà fra qualche settimana “con forza in Terrasanta”,
dove “la difficile ma indispensabile riconciliazione, - ha osservato - che è premessa
per un futuro di sicurezza comune e di pacifica convivenza, non potrà diventare realtà
che grazie agli sforzi rinnovati, perseveranti e sinceri, per la composizione del
conflitto israelo-palestinese”.
Dalla Terrasanta,
lo sguardo del Papa si allargherà ai Paesi limitrofi, al Medio Oriente, e al mondo
intero.
“In un tempo di globale scarsità di cibo,
di scompiglio finanziario, di povertà antiche e nuove, di cambiamenti climatici preoccupanti,
di violenze e miseria che costringono molti a lasciare la propria terra in cerca di
una meno incerta sopravvivenza, di terrorismo sempre minaccioso, di paure crescenti
di fronte all’incertezza del domani, è urgente riscoprire prospettive capaci di ridare
speranza. Nessuno si tiri indietro in questa pacifica battaglia iniziata dalla Pasqua
di Cristo”. Il pensiero del Santo
Padre è andato poi ai cristiani che “soffrono persecuzioni a causa della loro fede
e del loro impegno per la giustizia e la pace”, invocando per tutti “la speranza capace
di suscitare il coraggio del bene e anche soprattutto quando costa”.
Nella
Messa pasquale, aperta con l’antico Rito del Resurrexit, Benedetto XVI riferendosi
all’antica tradizione pasquale ebraica, portata a compimento e trasformata da Cristo
“nella ‘sua’ Pasqua”, ha raccomandato che tutti noi “possiamo e dobbiamo essere ‘pasta
nuova’ ‘azzimi’, liberati da ogni residuo del vecchio fermento del peccato:niente
più malizia e perversità nel nostro cuore”.
Negli
auguri finali in ben 63 lingue, il primo indirizzo in italiano è andato a quanti “soffrono
a causa del terremoto” che ha colpito l’Abruzzo.
"Il
Cristo risuscitato guidi tutti su sentieri di giustizia, di solidarietà e di pace
e ispiri a ciascuno la saggezza e il coraggio necessari per proseguire uniti nella
costruzione di un futuro aperto alla speranza". A
chiudere gli auguri in latino, prima della Benedizione Urbi et Orbi.