La diocesi di Napoli avvia un fondo di microcredito per i più poveri
La diocesi di Napoli rilancia l’impegno contro le nuove povertà strette nella morsa
della crisi economica. In prima linea proprio l'arcivescovo del capoluogo campano,
cardinale Crescenzio Sepe, che donerà lo stipendio di un anno e parte dei suoi risparmi
personali, per avviare il fondo di una banca diocesana che concederà microcrediti
a persone bisognose. Il porporato lo annuncia nella sua lettera pastorale intitolata
“Dove possiamo comprare il pane?”, presentata mercoledì scorso a Napoli e ripresa
dalla Zenit, in cui spiega che l'iniziativa vuole rispondere alla crisi attuale e
nella fattispecie alle necessità dei “giovani disoccupati, nonché di quanti hanno
perso o perderanno il lavoro”. “Cristo oggi vuole usare le nostre mani per spezzare
il pane della condivisione, della fratellanza, della carità”, segnala, invitando quanti
possono a finanziare l'iniziativa. Il cardinale spiega che, “lungi dall’essere una
pratica di puro assistenzialismo, il microcredito sarà la strada per far riemergere
la creatività e l’ingegno della nostra gente”, e significa “avere il coraggio di credere
nell’uomo e scommettere sulla possibilità di moltiplicare pani e pesci”. La lettera
pastorale trae il titolo da una domanda posta dai discepoli a Gesù prima del miracolo
della moltiplicazione dei pani e dei pesci, narrata nel Vangelo di Giovanni: “Dove
possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. Il cardinale Sepe
sottolinea che anche in questi tempi di crisi “abbiamo dinanzi una folla affamata
che, come pecore senza pastore, chiede pane”. La diocesi promuove questa iniziativa
“in continuità con quanto hanno affermato i vescovi italiani i quali hanno invitato
‘ad una crociata di carità e di soccorso’ e stanno per creare un fondo di solidarietà
per i disoccupati”, spiega. Nella sua lettera pastorale, il porporato descrive poi
la crisi attuale osservando che “ci siamo accorti di aver costruito la nostra società
sulla sabbia e non sulla roccia e, basandoci sul mero calcolo economico, abbiamo innalzato
l’ennesima torre di Babele. Credevamo che la globalizzazione dei mercati portasse
ulteriore benessere, ricchezza per tutti, e invece abbiamo globalizzato la povertà.
Ed ora, sul far della sera, ci ritroviamo tutti sulla stessa barca e, come i discepoli,
mentre il Maestro li esortava a guardarsi dal lievito dei farisei, non sappiamo dire
altro che: 'Non abbiamo pane'”. Anche l'arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi
Tettamanzi, afferma di sentirsi interpellato dalla sofferenza provocata dalla crisi,
soprattutto tra i più poveri, e segnala che la Chiesa, come sempre, si sente “vivamente
impegnata in questa causa, perché la considera come sua missione, suo servizio, come
verifica della sua fedeltà a Cristo, onde essere veramente la 'Chiesa dei poveri'”.
(M.G.)