Elezioni in Algeria: favorito il presidente Bouteflika
Un gruppo di manifestanti ha preso d'assalto questa mattina alcuni seggi elettorali
a Bouira, in Cabilia, la regione berbera nell'est dell'Algeria, Paese dove sono in
corso le operazioni di voto per le presidenziali. Ieri in due diversi attentati hanno
perso la vita quattro persone. Piu' di 20 milioni di algerini sono chiamati oggi alle
urne per eleggere il nuovo capo dello Stato. Il presidente uscente Abdelaziz Bouteflika,
in carica da dieci anni, è il grande favorito di questo scrutinio e dovrebbe conquistare
un terzo mandato. Giancarlo La Vella ha intervistato Luciano Ardesi,
esperto di nord Africa:
R. –
Sicuramente il presidente Bouteflika sarà riconfermato. La vera incertezza riguarda
il tasso di partecipazione: il governo teme che ci sia una forte astensione perché
alcuni partiti hanno dato questa indicazione. Il dato politico vero e proprio sarà
quanti sono gli elettori che si sono recati alle urne.
D.
- L’Algeria, come il resto del mondo, è alle prese con la crisi economica globale.
Quali sono le sfide che attendono il prossimo mandato del presidente?
R.
– Durante la sua campagna elettorale il presidente ha promesso investimenti in campo
economico e sociale, perché c’è una crisi strisciante molto forte; c’è una forte disoccupazione,
soprattutto a livello giovanile, c’è una crisi degli alloggi molto forte che si trascina
da anni. Sono elementi non nuovi, ma è certo che il Paese potrebbe avere delle condizioni
economiche relativamente buone in questa situazione di incertezza internazionale.
Malgrado il crollo del prezzo del petrolio, infatti, l’Algeria non è indebitata dalle
forti riserve di valuta pregiata e, quindi, avrebbe tutte le condizioni per investimenti
sul piano sociale che riducano le forti disparità. Queste possibilità esistevano già
da molti anni ma il governo non ha saputo metterle in pratica e oggi abbiamo, soprattutto,
questo problema sociale enorme di una forte discriminazione a livello sociale.
D.
– Che tipo di nazione è oggi l’Algeria, quale tipo di confronto politico si svolge
nel Paese?
R. – L’Algeria è un Paese vivace dal punto
di vista politico, nel senso che ci sono dinamiche interne al potere e anche nella
società civile. Tuttavia queste dinamiche stentano ad esprimersi a un livello politicamente
efficace. Ad esempio, le opposizioni durante la campagna elettorale non hanno saputo
portare idee e programmi che possano rispondere ai veri bisogni della gente. Rimane
un Paese pieno di contraddizioni. Andiamo verso la riconferma di un quadro politico
ormai stabilizzato da anni, senza opposizioni reali, però abbiamo anche una vivacità
forte a livello di alcuni giornali, di alcuni intellettuali. E’ un Paese in cui si
discute molto, anche se le alternative politiche pratiche, purtroppo, non trovano
riscontro.
D. - E’ ormai un lontano ricordo il terrore
causato dall’estremismo islamico?
R. – Il terrorismo,
purtroppo, continua a colpire in una forma però numericamente molto inferiore. Il
terrorismo ha perso quell’appoggio culturale e sociale che pure aveva avuto ad un
certo momento, perché sembrava essere l’unico sbocco per un’alternativa di potere
che già allora si era fossilizzata. Con le stragi collettive però i terroristi si
sono tagliati i ponti con la popolazione e questa ormai ha voltato le spalle al terrorismo.