Abruzzo: si continua a scavare tra le macerie in cerca di superstiti
Mentre il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ha annunciato
per domani mattina una visita nelle zone terremotate, il ministro dell’Interno, Roberto
Maroni, ha detto oggi che la ricerca di eventuali superstiti ancora sotto le macerie
proseguirà fino a Pasqua. Ieri, ha suscitato commozione il salvataggio di Eleonora,
la giovane riminese estratta dalle rovine dopo 43 ore, anche se le sue condizioni
sono state giudicate "a rischio" dai sanitari. Nella nuova conferenza stampa di questa
mattina, a L'Aquila, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha aggiornato
il dilancio delle vittime - 260 morti - e quello degli sfollati - 28 mila - ai quali
si aggiungono i circa 1200 feriti - 100 dei quali in modo grave - una decina di dispersi.
Il premier ha anche assicurato la sua presenza ai funerali di venerdì prossimo e ha
annunciato, fra l'altro, l'introduzione del reato di sciacallaggio, come deterrente
contro i furti nelle case terremotate. Berlusconi ha anche assicurato lo stanziamento
di 16 milioni di euro per la ricostruzione della Casa dello studente, sotto le cui
macerie è stato ritrovato oggi il cadavere dell'ultimo giovane, un israeliano. Salito
a 8.500, infine, il numero dei soccorritori e aumentato a 31 il numero delle tendopoli
per i senza tetto, sulle cui condizioni ci riferisce Eugenio Bonanata, che
ha visitato uno dei centri di raccolta allestito nello stadio del rugby dell’Aquila:
Un centinaio
di tende per 600 persone, che lentamente continuano ad arrivare con le loro valigie,
qualcuno però ha anche lasciato la struttura perché magari è riuscito a trovare ospitalità
presso parenti o amici. Alle 12.34 un boato, poi il silenzio. Una nuova scossa di
3,1 sulla scala Richter. La paura, palpabile, è durata pochissimo, poi di nuovo tutti
al lavoro. La macchina organizzativa sta funzionando bene, è stata superata l’emergenza
delle prime ore. I responsabili del campo ci hanno spiegato che sono in arrivo due
moduli bagno-doccia per garantire l’igiene personale, cosa finora difficile con i
soli bagni chimici. A fronte di tutto, una cisterna di acqua da seimila litri collegata
all’acquedotto della città, che evidentemente non ha subito danni strutturali. Nessun
problema sul fronte del cibo, come si è ripetuto più volte in queste ore. Stanno giungendo
molti aiuti praticamente da tutta Italia, per cui adesso si tratta solo di ricevere
una unità frigo aggiuntiva per la conservazione delle merce deperibile. Prosegue,
inoltre, senza sosta la distribuzione di acqua potabile e succhi di frutta. Non mancano
coperte e vestiti e altri generi di prima necessità sono custoditi in container collocati
nella struttura. Per ogni evenienza di carattere sanitario, c’è un punto medico con
dieci operatori che si alternano a turni da quattro per tutte le 24 ore. Nello stadio
ci sono, poi, una decina di ambulanze, numerose quelle parcheggiate fuori nel piazzale
antistante pieno di auto private, molte delle quali con cuscini e coperte all’interno,
segno evidente di un riparo notturno. Per
gli sfollati quella appena trascorsa è stata la seconda notte fuori casa. Una notte
segnata da tensione, perché la terra abruzzese non ha mai smesso di tremare, spesso
con scosse impressionanti, come quella delle 19.47 di ieri, che ha provocato panico
e nuovi crolli. E sfollati per precauzione, questa mattina, sono stati anche i 120
detenuti del carcere aquilano. Eugenio Bonanata ha raccolto la testimonianza
di una sopravvissuta, la signora Loredana Marini, incontrata sempre nel punto
di raccolta dello stadio del basket dell’Aquila:
R. - Ci hanno
dato prima vestiti e roba di prima necessità per i bambini e gli anziani e continueranno
a darli, per il freddo. Poi davano i sacchi a pelo, giubbotti...
D.
- Quali sono le esigenze più impellenti?
R. - Non
avere la doccia la mattina, cambiarsi gli abiti. E mancano i medicinali, come a mia
madre.
D. - Ci dicono che stanno allacciando l’acqua...
R.
- Sì, perché se no si resta senza nemmeno potersi lavare le mani. Poi, certo, qua
fanno di tutto e di più: hanno organizzato in due giorni veramente tantissimo. I pasti
sono tanti e abbondanti, di continuo: c’è tutto quello che si desidera.
D.
- Ieri sera, che cosa è successo qui nel campo? Qual era l’immagine più forte?
R.
- L'immagine che ho è la tristezza per la mia città, che è rasa al suolo. Non avrei
mai immaginato di vivere così. Non è la tristezza del campo, anzi forse questo ti
dà la gioia di vivere, perché vedi quanta gente è solidale in certi momenti. Quanta
gente è qui da tutta Italia. Si vede veramente la solidarietà. Vedere un campo così,
ti dà la gioia. Ci sta veramente tirando su il morale. Poi, però, mi rattristo a vedere
la mia città così ridotta, la mia bellissima città.
D.
- La sua casa?
R. - La mia casa è una delle case
più solide. Quando io sono andata via era in piedi. Il palazzo dove abito nel centro
storico è rimasto in piedi, però, intorno era una catastrofe, anche di chiese. Io
abito vicino alla chiesa di San Berardino.
D. - Come
vede lei le prossime ore?
R. - Diciamo che per qualche
giorno, almeno fino a Pasqua, resterò qui, anche perché purtroppo ho la mia mamma
che non sta bene. Dopo, però, vorrei andare da qualche parte. Non lo so. In realtà,
vorrei tornare a casa mia, ma ho il terrore. Vedo la situazione triste, tanto triste.
Continuano
ad arrivare da tutta Italia e dall’estero offerte di aiuto per gli abruzzesi colpiti
dal sisma. Albergatori romani hanno messo a disposizione 1500 posti letto, l’Associazione
degli ospedali privati le 550 strutture sanitarie sul territorio nazionale. E poi
Israele e Algeria, fra gli ultimi Paesi che hanno fatto giungere al governo italiano
offerte di solidarietà. Il servizio Benedetta Capelli:
La paura
nei volti delle persone, il dolore di chi sotto la macerie ha lasciato gli affetti
e le cose care, le immagini della devastazione delle case e dei palazzi. Forse è questa
la spinta che non fa arretrare di un centimetro la solidarietà intorno alla popolazione
abruzzese. Una macchina composta da migliaia volontari che, seppur nelle difficoltà,
non conosce sosta: un moto di vicinanza che sta producendo i suoi frutti tra i terremotati.
Una conferma in tal senso arriva da don Claudio Tracanna, responsabile
dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi dell’Aquila, intervistato da Rosario
Tronnolone:
R. - La nostra gente ha una
grande dignità e non perde tempo, in questi giorni, a protestare o a lamentarsi per
ciò che magari è un po’ in ritardo o che può mancare, che è inevitabile in un’emergenza.
C'è una grande solidarietà, veramente, tra tutti gli aquilani e tutti coloro che stanno
bene, hanno una casa e si sono dati da fare per poter alleviare un po’ le sofferenze
degli altri. Le storie sono tantissime: gente che estratta da sotto le macerie poi
ha continuato a scavare per salvare altri… Poi ci sono anche situazioni più tristi,
come quella di ieri sera, quando una mamma ha ritrovato le due figlie, tutte e due
morte. Situazioni particolari, però tutto fatto con un grande cuore che è tipico degli
aquilani.
D. - Oltre alla necessità dell’aiuto pratico,
questo è un momento ovviamente in cui molta gente ha anche bisogno di aiuto spirituale.
Lei in quanto sacerdote, come sente questa esigenza?
R.
- La gente ha bisogno anche della figura del sacerdote, perché ci sentiamo tutti così
piccoli, veramente, nelle mani del Signore in questo momento.
Sono
tre i milioni di euro, derivanti dall'otto per mille, stanziati dalla Conferenza episcopale
italiana, che per la domenica di Pasqua ha lanciato una raccolta di fondi a livello
nazionale. Numerose le sottoscrizioni a favore delle persone colpite, tantissime
le proposte giunte al governo italiano: dalle multinazionali, che offrono risorse
a favore delle tecnologie, ad una partita del cuore organizzata dalla nazionale cantanti.
Mobilitata anche la politica con deputati e senatori che sottrarranno mille euro ciascuno
dal loro stipendio. Tanti gesti volti ad accelerare il ritorno alla normalità, necessario
soprattutto nei bambini. Ma come stanno reagendo? Eugenio Bonanata
ha raccolto la testimonianza di Alfredo Capasso, della Croce
Azzurra di Pontassieve, in provincia di Firenze, che sta operando in una delle tendopoli
allestite all’Aquila:
R. - Da quello che abbiamo
potuto vedere, non si sono impauriti tanto, perché forse i genitori sono stati bravi
a non scuoterli dopo tutta la tragedia.
D. - Cosa
manca qui al campo?
R. - L’igiene. I bagni chimici
non sono all’altezza di tanta gente che c’è qui. C’è parecchia gente che chiama, ci
sono persone con handicap e bambini. Siamo in emergenza e dobbiamo un po’ arrangiarci,
però che sia un’emergenza di qualche giorno e non di settimane o mesi.
D.
- Mi sembra di capire che bisogna fare presto per l’acqua…
R.
- L’acqua non c’è, c’è soltanto quella potabile, che viene portata in bottiglie.
D.
- Un’immagine che l’ha colpita in queste ore…
R.
- Ieri abbiamo fatto un recupero nelle macerie. Mi ha colpito vedere i familiari che
aspettavano, per sapere se il corpo che stavamo estraendo fosse loro o della famiglia
accanto: questa è una cosa che rimane impressa.
Non
mancano dunque le tensioni: ad evidenziarlo è Antonio Salerno,
della pubblica assistenza Croce Azzurra di Comano, in provincia di Massa Carrara,
sempre al microfono di Eugenio Bonanata:
R.
- La gente è esasperata, appena avverte una piccola scossa urla, si mette le mani
nei capelli, piange.
D. - Abbiamo visto tanti bambini
che cercano anche di giocare a pallone, qui all’angolo del campo: è un bel segno di
speranza…
R. - Sì, l’ho visto anch’io già ieri. Non
so come si sentano questi bambini dentro di loro, però li ho visti giocare e speriamo
non risentano degli shock, specialmente se sentono le scosse. Certo io non sono un
medico, sono un volontario.
D. - Prima si parlava
di sprazzi di normalità. Arrivando qui c’era gente che salutava, anziani che passeggiavano…
R.
- Le persone erano un po’ spaesate, non vedevano niente davanti a loro. Mentre noi
mettevamo su le tende, aspettavano con ansia di poter andare a riposare un attimo,
non davano segni… Io penso che non vedessero neanche le persone intorno a loro.
Ad
operare in una città distrutta, anche un gruppo cinofilo romano, che ha lavorato nel
paese di Onna, ormai raso al suolo. I cani vengono utilizzati per cercare le vittime
rimaste sotto le macerie. Questa la testimonianza di Maurizio:
R.
- La disperazione dei parenti è la cosa che ti lascia più sconvolto. Noi cerchiamo
di fare molta attenzione al lavoro che fa il nostro cane cercando di non lasciarci
coinvolgere dalla situazione intorno. Nel momento in cui noi proviamo forti emozioni,
il nostro cane che vive e lavora con noi, percepisce questa difficoltà che noi abbiamo
e anche il suo lavoro viene “distratto” dalla nostra preoccupazione. Capisco che nell’emergenza
non ci si pensa mai, e forse è giusto così: il fatto è che noi viviamo con i nostri
animali, quindi vedere lì i cani abbandonati per giorni, senza che nessuno possa fare
nulla anche per loro in qualche modo ci colpisce.
All’Italia
continuano ad arrivare messaggi di vicinanza, l’ultimo dal presidente afgano Karzai
e dal premier israeliano Netanyahu, disponibile ad inviare esperti nel campo del salvataggio
e della riabilitazione. Inoltre, l'incaricato d'affari dell'ambasciata Usa in Italia
ha autorizzato lo stanziamento di 50 mila dollari per fornire assistenza umanitaria
alle vittime del terremoto.