2009-04-06 16:15:23

Preoccupazione dell’episcopato del Nicaragua per il clima di scontro nel Paese


“Trovo preoccupante che i nicaraguensi pensino alle armi ogniqualvolta debbano difendere i propri diritti”. Così mons. Abelardo Mata, vescovo di Estelí e vice presidente della Conferenza episcopale, in un’ampia intervista in cui analizza la situazione del Paese, esprimendo molta preoccupazione per la polarizzazione e l’assenza di dialogo tra tutti i settori della nazione “che proprio ora dovrebbero affrontare insieme le sfide del momento”. Tra queste preoccupazioni, secondo il vescovo, la più pressante riguarda “l’esistenza di gruppi armati”, in particolare nelle località San Juan de Río Coco e di Cerro Blanco, che – ricorda - fa venire in mente la “notte oscura” di cui parlò Giovanni Paolo II quando visitò il Paese centroamericano. A giudizio del vescovo, che riporta un comune sentito dire, questo malessere in particolare dei contadini è nato dalla recente controversia per i risultati delle elezioni amministrative ritenute da più parti, fuori e dentro del Paese, non trasparenti e poco democratiche. “Dobbiamo aspettare che si cominci a sparare per risolvere i nostri problemi?” si chiede il presule e aggiunge: “Come cittadino e come pastore sono preoccupato di fronte a tanta cecità e soprattutto che si dia ascolto solo ad una parte del popolo come se l’altra parte non fosse il popolo”. In un’ora così difficile mons. Mata ritiene che la Chiesa non può tacere e perciò, come hanno già fatto in passato i vescovi nicaraguensi, rinnova il suo “appello al dialogo, alla conversione personale e collettiva e alla partecipazione popolare”. “Non si può costruire una nazione – aggiunge - facendo saltare le teste delle persone né tanto meno usando la mitragliatrice poiché un uomo con un’arma non è altro che un amico della morte”. D’altra parte, mons. Mata teme che molte situazioni odierne siano simili a quelle degli anni ’80 quando, per esempio, la gente pensava solo a fuggire perché vinta dal disfattismo e dalla disperazione. La crisi internazionale aggrava quanto sta accadendo, il tasso di criminalità è cresciuto del 47% secondo il dato ufficiale della polizia. “Vorrei sbagliarmi” spiega mons. Mata che teme che le cose stiano come crede e, al tempo stesso, lamenta che da parte delle autorità non siano venute risposte tempestive e convincenti alle preoccupazioni e agli appelli dell’episcopato. Il presule nicaraguese, nelle sue riflessioni, si interroga anche sulle terribili conseguenze di una nuova guerra civile e dunque richiama tutti, senza esclusione, a prendere coscienza della gravità del momento. Chiede poi ai cittadini e ai governanti “una visione complessiva della nazione come progetto e comunità”, unico antidoto al governo dei “capricci personali e delle bandiere di parte”. In tale contesto, mons. Mata torna a parlare di due questioni delicate non ancora chiarite: da un lato la minaccia di far chiudere i dispensari farmaceutici della Chiesa e le eventuali restrizioni alle sovvenzioni all’educazione privata. “Abbiamo chiesto di legiferare sull’educazione sovvenzionata” conclude mons. Mata, in particolare “sull’educazione basata sui valori umani poiché così si costruisce la patria di tutti”. “La Chiesa – precisa - dà il suo contributo e questo dovrebbe essere sostenuto. A nulla serve soffocare la sua voce. Abbiamo bisogno di leggi permanenti affinché l’educazione non dipenda dai capricci personali”. (A cura di Luis Badilla)







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