Preoccupazione dell’episcopato del Nicaragua per il clima di scontro nel Paese
“Trovo preoccupante che i nicaraguensi pensino alle armi ogniqualvolta debbano difendere
i propri diritti”. Così mons. Abelardo Mata, vescovo di Estelí e vice presidente della
Conferenza episcopale, in un’ampia intervista in cui analizza la situazione del Paese,
esprimendo molta preoccupazione per la polarizzazione e l’assenza di dialogo tra tutti
i settori della nazione “che proprio ora dovrebbero affrontare insieme le sfide del
momento”. Tra queste preoccupazioni, secondo il vescovo, la più pressante riguarda
“l’esistenza di gruppi armati”, in particolare nelle località San Juan de Río Coco
e di Cerro Blanco, che – ricorda - fa venire in mente la “notte oscura” di cui parlò
Giovanni Paolo II quando visitò il Paese centroamericano. A giudizio del vescovo,
che riporta un comune sentito dire, questo malessere in particolare dei contadini
è nato dalla recente controversia per i risultati delle elezioni amministrative ritenute
da più parti, fuori e dentro del Paese, non trasparenti e poco democratiche. “Dobbiamo
aspettare che si cominci a sparare per risolvere i nostri problemi?” si chiede il
presule e aggiunge: “Come cittadino e come pastore sono preoccupato di fronte a tanta
cecità e soprattutto che si dia ascolto solo ad una parte del popolo come se l’altra
parte non fosse il popolo”. In un’ora così difficile mons. Mata ritiene che la Chiesa
non può tacere e perciò, come hanno già fatto in passato i vescovi nicaraguensi, rinnova
il suo “appello al dialogo, alla conversione personale e collettiva e alla partecipazione
popolare”. “Non si può costruire una nazione – aggiunge - facendo saltare le teste
delle persone né tanto meno usando la mitragliatrice poiché un uomo con un’arma non
è altro che un amico della morte”. D’altra parte, mons. Mata teme che molte situazioni
odierne siano simili a quelle degli anni ’80 quando, per esempio, la gente pensava
solo a fuggire perché vinta dal disfattismo e dalla disperazione. La crisi internazionale
aggrava quanto sta accadendo, il tasso di criminalità è cresciuto del 47% secondo
il dato ufficiale della polizia. “Vorrei sbagliarmi” spiega mons. Mata che teme che
le cose stiano come crede e, al tempo stesso, lamenta che da parte delle autorità
non siano venute risposte tempestive e convincenti alle preoccupazioni e agli appelli
dell’episcopato. Il presule nicaraguese, nelle sue riflessioni, si interroga anche
sulle terribili conseguenze di una nuova guerra civile e dunque richiama tutti, senza
esclusione, a prendere coscienza della gravità del momento. Chiede poi ai cittadini
e ai governanti “una visione complessiva della nazione come progetto e comunità”,
unico antidoto al governo dei “capricci personali e delle bandiere di parte”. In tale
contesto, mons. Mata torna a parlare di due questioni delicate non ancora chiarite:
da un lato la minaccia di far chiudere i dispensari farmaceutici della Chiesa e le
eventuali restrizioni alle sovvenzioni all’educazione privata. “Abbiamo chiesto di
legiferare sull’educazione sovvenzionata” conclude mons. Mata, in particolare “sull’educazione
basata sui valori umani poiché così si costruisce la patria di tutti”. “La Chiesa
– precisa - dà il suo contributo e questo dovrebbe essere sostenuto. A nulla serve
soffocare la sua voce. Abbiamo bisogno di leggi permanenti affinché l’educazione non
dipenda dai capricci personali”. (A cura di Luis Badilla)