Dare speranza ai giovani: la testimonianza di un sacerdote in missione tra gli emarginati
del Paraguay
Donare la speranza ai giovani del Paraguay. E’ il compito che dal 1985 porta avanti,
tra mille difficoltà, padre Aldo Trento. La sua parrocchia di San Raffael ad Assuncion
è diventata il punto di riferimento per piccoli e non, alcuni affetti da gravi disabilità,
per inventarsi un futuro di inserimento nella società e nel lavoro. Da quel fulcro
sono poi nate altre iniziative indirizzate a donne in difficoltà, ragazze madri e
altre situazioni di emarginazione. Sull’inizio di questa avventura al servizio di
chi soffre, nella quale don Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, ha avuto
un ruolo fondamentale, sentiamo proprio don Aldo Trento intervistato dalla
collega del programma spagnolo, Patricia Ynestroza:
R. - Era
un periodo in cui stavo molto male e Dio si è servito di don Giussani, di questo uomo,
per salvare la mia vita. Lui mi ha accolto come un padre accoglie un figlio, nella
mia disperazione. Quando tutti volevano mandarmi in ospedale, lui mi ha detto: “Bene
adesso io ti mando in Paraguay, perché mi sento sicuro di te. Vai lì e costruisci
quello che accadrà in te, quello che il Signore farà di te”. So che, camminando lentamente,
Dio ha ricostruito il mio io e ricostruendo il mio io mi sono reso conto della realtà
nella quale vivevo, della miseria e della povertà, per cui sentivo come l’esigenza
di rispondere a tutte queste attese, a queste grida umane di persone abbandonate -
bambini, adulti e anziani - e ho capito che la vita è una compagnia e che il punto
è dare fiducia a qualcuno che ti vuole bene. Perché qualunque forma di violenza, qualunque
forma di disperazione, qualunque forma di rabbia, qualunque forma di povertà nasce
dalla mancanza di amore. Per cui, essendo io stato tanto amato, non potevo non dilatare
questo amore verso tutte quelle persone che nessuno ama.
D.
- Che cosa succede nella quotidianità di ogni giorno?
R.
. - Non c’è niente che accada senza che abbia un significato e se Dio costruisse un’opera
che non sei tu a volere, ma capisci che è Lui che la vuole, Lui si arrangerà con la
tua libertà nel darti tutti i mezzi necessari perché quest’opera possa andare avanti.
Infatti, tutta la gente non può capire e non riesce a capire, quando mi chiedono:
“Dove hai preso i soldi?”. Se Dio vuole salvare il mondo, come ha dimostrato in suo
Figlio - e lo dimostra continuamente - è evidente che scelga anche delle persone perché
facciano lo stesso. Ma se le persone non hanno fede, Dio non può far niente. Io, grazie
al cielo, e grazie al dolore che Dio mi ha dato nella vita - ho vissuto una gravissima
depressione, che mi ha portato sul baratro della disperazione, a non voler più vivere
-, e accettando fino in fondo questa sfida di sofferenza, consegnandomi e ripetendo
tutti i giorni “Sì, o Signore, sì o Signore”, alla fine ho capito che Dio ha permesso
questa prova, per vedere se io ero docile al suo disegno e al progetto che Lui aveva
su di me. E quando Dio si è reso conto che ero docile, mediante questo povero peccatore,
Dio ha costruito una cittadella dove tutti quelli che sono depressi mi scrivono e
vogliono venire da tutte le parti del mondo per vedere come la malattia sia una grazia.
E’ una grazia in quanto permette di avvicinarsi a Cristo. Certo, è una grazia se c’è
qualcuno vicino che ti dice: “Guarda che questo è Gesù che te lo permette, perché
tu gli voglia più bene”. Per cui, giorno dopo giorno, l’unica cosa che faccio è guardare
a Cristo, pregare, offrire la mia vita per queste persone, stare al fianco di chi
soffre, di chi muore, di chi è malato, di chi ha qualsiasi tipo di infermità, però
sempre con il cuore e con lo sguardo fisso su Gesù, dicendo: “Gesù, Tu sai bene che
a me non interessa nient’altro che una sola cosa: che Tu sia conosciuto, che Tu sia
amato”. (Montaggio a cura di Maria Brigini)