Domenica delle Palme. Benedetto XVI apre i riti della Settimana Santa: l’amore di
Cristo vince la morte per sempre
Benedetto XVI presiederà domani mattina in Piazza San Pietro, alle ore 9.30, la solenne
celebrazione liturgica della Domenica delle Palme. Il Papa benedirà le palme e gli
ulivi e, al termine della processione, celebrerà la Santa Messa della Passione del
Signore. L’evento sarà seguito in radiocronaca diretta dalla nostra emittente. Con
la Domenica delle Palme inizia dunque la Settimana Santa, culmine dell'Anno liturgico
al quale Benedetto XVI ha dedicato profonde riflessioni nei suoi primi quattro anni
di Pontificato. Il servizio di Alessandro Gisotti:
(musica)
Nella
Settimana Santa, possiamo davvero sperimentare che il nostro Dio non è lontano. Benedetto
XVI mette in luce questa verità iscritta nel cuore di ogni uomo: Dio si è fatto carne
per essere vicino alla nostra sofferenza e per aprirci la porta del Cielo. Con la
Croce, spiega il Papa, “Gesù ha spalancato la porta di Dio, la porta tra Dio e gli
uomini”. Nella Domenica delle Palme, con la quale si apre la Settimana Santa, ricorda
il Santo Padre, “professiamo la regalità di Cristo”. Ma in cosa consiste questa regalità
del Signore? Ecco la riflessione del Pontefice, il primo aprile del 2007:
“Riconoscerlo
come Re significa: accettarlo come Colui che ci indica la via, del quale ci fidiamo
e che seguiamo. Significa accettare giorno per giorno la sua parola come criterio
valido per la nostra vita. Significa vedere in Lui l’autorità alla quale ci sottomettiamo.
Ci sottomettiamo a Lui, perché la sua autorità è l’autorità della verità”. All’ingresso
di Gerusalemme, la folla lo acclama come figlio di Davide. Ma quando il Signore arriva
al Tempio, trova commercianti di bestiame e cambiavalute che occupano con i loro affari
il luogo di preghiera. Un avvenimento che, sottolinea il 16 marzo dell’anno scorso,
deve interrogarci anche oggi:
“Tutto ciò deve
oggi far pensare anche noi come cristiani: è la nostra fede abbastanza pura ed aperta,
così che a partire da essa anche i ‘pagani’, le persone che oggi sono in ricerca e
hanno le loro domande, possano intuire la luce dell’unico Dio, associarsi negli atri
della fede alla nostra preghiera e con il loro domandare diventare forse adoratori
pure loro? (…) Non lasciamo forse in vari modi entrare gli idoli anche nel mondo della
nostra fede?”. Nel tenere “sveglio
il mondo per Dio”, combattendo i falsi idoli del nostro tempo, avverte il Papa, è
fondamentale la figura del sacerdote. Il Pontefice si sofferma sul ministero sacerdotale
nell’omelia della Messa Crismale, che la mattina del Giovedì Santo precede il Triduo
Pasquale. Il 20 marzo dell’anno scorso, Benedetto XVI tratteggia con queste vibranti
parole il modello di sacerdote, servo di Cristo nella verità e nell’amore:
“Il
sacerdote deve essere uno che vigila. Deve stare in guardia di fronte alle potenze
incalzanti del male. Deve tener sveglio il mondo per Dio. Deve essere uno che sta
in piedi: dritto di fronte alle correnti del tempo. Dritto nella verità. Dritto nell’impegno
per il bene. Lo stare davanti al Signore deve essere sempre, nel più profondo, anche
un farsi carico degli uomini presso il Signore che, a sua volta, si fa carico di tutti
noi presso il Padre. E deve essere un farsi carico di Lui, di Cristo, della sua parola,
della sua verità, del suo amore”. Farsi
carico l’uno dell’altro. Il Papa ribadisce che l’amore, un amore smisurato, è l’insegnamento
più grande che il Figlio di Dio lascia all’umanità. E’ questo il testamento che Cristo
ci consegna nell’Ultima Cena. E’ quello di Dio un amore che redime, purifica e risana.
Nella Messa in Coena Domini del 13 aprile 2006, il Papa spiega il significato delle
parole rivolte da Gesù ai discepoli nel Cenacolo:
“’Anche
voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri’… significa soprattutto perdonarci instancabilmente
gli uni gli altri, sempre di nuovo ricominciare insieme per quanto possa anche sembrare
inutile. Significa purificarci gli uni gli altri sopportandoci a vicenda e accettando
di essere sopportati dagli altri; purificarci gli uni gli altri donandoci a vicenda
la forza santificante della Parola di Dio e introducendoci nel Sacramento dell'amore
divino”. Un amore che vince la
morte: questo lo straordinario insegnamento di Gesù nel suo percorso di sofferenza
verso il Calvario. Un viaggio nel male e nella morte che risveglia in noi l’amore
per i sofferenti e i bisognosi. Cosi, Benedetto XVI alla Via Crucis al Colosseo il
6 aprile 2007:
“Seguendo Gesù nella via della
Sua passione vediamo non soltanto la passione di Gesù, ma vediamo tutti i sofferenti
del mondo ed è questa la profonda intenzione della preghiera della Via Crucis: di
aprire i nostri cuori e aiutarci a vedere con il cuore”. Vedere
con il cuore, aprirlo a Cristo lasciandoci interpellare dal Suo sacrificio sulla Croce.
Un mistero, afferma il 21 marzo scorso, Venerdì Santo, che pone in crisi le nostre
umane certezze:
“Tanti, anche nella nostra epoca,
non conoscono Dio e non possono trovarlo nel Cristo crocifisso, tanti sono alla ricerca
di un amore o di una libertà che escluda Dio, tanti credono di non aver bisogno di
Dio … che il Suo sacrificio sulla croce ci interpelli; permettiamo a Lui di porre
in crisi le nostre umane certezze, apriamogli il cuore. Gesù è la verità che ci rende
liberi di amare”. La Croce, dunque,
è “segno di riconciliazione, segno dell’amore che è più forte della morte”. E proprio
per questo, è l’esortazione di Benedetto XVI, non dobbiamo arrenderci al male, ma
vincerlo con il bene:
“Ogni volta che ci facciamo
il segno della Croce dobbiamo ricordarci di non opporre all'ingiustizia un'altra ingiustizia,
alla violenza un'altra violenza; ricordarci che possiamo vincere il male soltanto
con il bene e mai rendendo male per male.” (Domenica delle Palme, 9 aprile 2006) (musica)
Com’è
tradizione nella Domenica delle Palme, Piazza San Pietro sarà abbellita domani dai
parmureli, caratteristiche composizioni di foglie di palma intrecciate, offerte dai
comuni di Bordighera e Sanremo. Quello di portare in Vaticano i parmureli della Riviera
dei Fiori è un antico privilegio che risale al 1586, quando Papa Sisto V decise di
ringraziare in questo modo il sanremese Capitan Bresca. La tradizione racconta che
col provvidenziale grido "Aiga ae corde!" (Acqua alle corde) Bresca interruppe il
silenzio imposto durante l’elevazione dell’obelisco in Piazza San Pietro: lo slancio
del sanremese scongiurò l’eccessivo surriscaldamento delle gomene usate per issare
il monolite, evitando così una strage di fedeli accorsi per l’occasione.
I
parmureli preparati per farne regalo ai cardinali e ai vescovi saranno alti un metro
e mezzo, mentre uno di tre metri sarà donato al Santo Padre. L’addobbo degli ulivi
in Piazza San Pietro è offerto dalla Regione Puglia, mentre i rami di ulivo sono offerti
dalla Ville Pontificie di Castel Gandolfo.