L'intervento di mons. Marchetto al Convegno dell'Apostolato del Mare d'Italia
“…testimoni della Fede nel mondo marittimo…”: con questo titolo, si sta svolgendo,
in questi giorni, a Genova, il Convegno nazionale dell’Apostolato del Mare d’Italia.
Durante i lavori, è stato presentato il “Rapporto di ricerca universitaria su 60 porti
italiani”, realizzato dall’Apostolato del Mare, le Università e le autorità portuali.
Stamani, l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della
Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ha rivolto ai partecipanti un saluto. Ce
ne parla Isabella Piro:
“Uomini invisibili”:
così li definisce mons. Marchetto. Sono quei circa cinque milioni di marittimi, sparsi
per 60 porti italiani, “che solcano i mari e gli oceani e navigano da un porto all’altro
fermandosi solo il tempo necessario per scaricare e caricare le merci”. Ad essi l’Apostolato
del Mare deve provvedere, sottolinea l’arcivescovo, ma non solo a livello essenziale,
“fornendo le carte telefoniche, la celebrazione della Santa Messa a bordo, l’ascolto
dei loro problemi e la protezione dei diritti umani e dei lavoratori”, ma dovrebbe
anche – continua mons. Marchetto – “aiutarli a sentirsi veramente Chiesa, se cristiani”.
Anzi, i marittimi “sono Chiesa viva che si imbarca sulle navi e come tali, hanno il
compito di dare testimonianza della Buona Notizia di Gesù Cristo”, in modo “altruistico
e disinteressato”.
Quindi, il segretario del Pontificio
Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ribadisce la necessità di
una “cooperazione tra cappellani e volontari delle Chiese locali in terra ferma con
i marittimi cristiani di ogni provenienza geografica”, cooperazione ritenuta “indispensabile
per realizzare una presenza sollecita e concreta della Chiesa nel mondo marittimo”,
di cui “a collaborazione ecumenica è ormai sua componente”. Mons. Marchetto scatta
poi una fotografia nitida dei diversi problemi riscontrati dagli uomini del mare,
secondo quanto emerso dal Rapporto di ricerca nei porti italiani: la mancanza di trasporti
all’interno dei porti, le difficoltà linguistiche anche nell’acquisto di cose essenziali,
come le medicine, le nuove regole di sicurezza che non autorizzano i cappellani e
i volontari dei centri Stella Maris a salire a bordo, le discriminazioni nel rilascio
dei permessi di uscita dal porto, i problemi delle navi abbandonate.
Di
qui, i suggerimenti offerti dall’arcivescovo perché l’Apostolato del Mare risponda
ai bisogni dei marittimi “non solo creando strutture più “personalizzate”, ma anche
intensificando lo sforzo di formazione di volontari e ufficiali” che devono essere
“linguisticamente, culturalmente e religiosamente preparati ad accogliere, con cuore
aperto, i sempre più numerosi equipaggi internazionali”. Ricordando che i marittimi
“contribuiscono in maniera preponderante allo sviluppo economico e sociale del mondo”,
rendendo “più facile la vita di tutti, senza che noi ne siamo coscienti”, l’arcivescovo
sottolinea che “accogliendo lo straniero, accogliamo Cristo stesso”. L’invito finale,
quindi, è che l’Apostolato del Mare crei un ‘network’ internazionale di accoglienza
in cui i marittimi siano seguiti ed accompagnati in ogni momento. Una sfida che riguarda
anche le parrocchie, conclude mons. Marchetto, affinché “estendano i confini della
loro sollecitudine al di là del cancello del porto”.