Mons. Migliore: i Paesi ricchi rendano i popoli poveri protagonisti del loro sviluppo
Intervento critico ieri dell’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente
della Santa Sede presso l’Onu, alla Commissione su Popolazione e sviluppo, riunita
nel Palazzo di Vetro a New York. Il servizio di Roberta Gisotti.
Per
raggiungere il progresso globale si deve puntare “primariamente sui programmi e i
valori che sostengono lo sviluppo personale e sociale”. Lo ha ribadito a nome della
Santa Sede l’arcivescovo Migliore. “Accesso all’educazione, opportunità economiche,
stabilità politica, sanità di base e supporto per le famiglie devono restare i fondamenti
per raggiungere gli obiettivi di sviluppo”, fissati nel 2000 dalle Nazioni Unite nel
Vertice del Millennio. Invece – ha notato il presule – nel leggere i documenti preparatori
della Commissione si ha “l’impressione che le popolazioni siano viste come un ostacolo”
piuttosto che “contributrici essenziali” per il successo di quegli obiettivi e di
uno sviluppo sostenibile.
E se prima della Conferenza
sulla popolazione e lo sviluppo al Cairo nel ’94 – ha ricordato il rappresentante
vaticano - molti demografi e politici paventavano un incremento della popolazione
mondiale che avrebbe creato un carico opprimente con terribili possibili conseguenze,
quali penurie alimentari, fame generalizzata, distruzioni ambientali e conflitti,
ora dopo 15 anni la crescita demografica ha cominciato a rallentare e la produzione
di cibo continua a crescere al punto che è in grado di sostenere una popolazione più
numerosa. E per ironia – ha rimarcato mons. Migliore - la maggior distruzione ambientale
è perpetrata dagli Stati con più bassa crescita demografica, che in patria sostengono
la crescita ma contemporaneamente lavorano per ridurla nei Paesi in via di sviluppo.
La Chiesa e i tutti i suoi diversi organismi – ha sottolineato
ancora il presule - mostrano con le loro opere ed attività che l’attenzione verso
il povero - assieme alla riduzione generale della povertà - “serve da modello per
un approccio allo sviluppo centrato sull’uomo”. E per questo la Santa Sede conferma
le sue “riserve” poste alla Conferenza del Cairo e a quella di Pechino sulla donna
nel ’95, e così anche rinnova la “ferma dichiarazione” riguardo l’aborto che “non
è forma legittima” che possa rientrare nei campi della salute sessuale e riproduttiva,
dei diritti o dei servizi.