Legge 40. Preoccupazione dopo la sentenza della Consulta
La Corte Costituzionale ha dichiarato ieri la parziale illegittimità della legge 40,
che regola la fecondazione assistita. Bocciato in particolare il limite dei tre embrioni
da impiantare. Negativo il giudizio del Movimento per la Vita e dell'Associazione
Scienza e Vita. Il servizio di Giampiero Guadagni.
I giudici
della Consulta hanno dichiarato la illegittimità costituzionale nel punto in cui la
Legge 40 prevede che ci sia un unico e contemporaneo impianto superiore ai tre embrioni.
La Corte costituzionale ha bocciato anche la parte della legge in cui non si prevede
che il trasferimento degli embrioni debba essere effettuato senza pregiudizio della
salute della donna. Respinte tutte le altre questioni sollevate. Immediate le reazioni:
il genetista Bruno Della Piccola, presidente di Scienza e Vita, contesta che le leggi
siano ormai fatte dai giudici, critiche all’intervento della Consulta anche dal centrodestra
e dall’Udc, mentre soddisfatti sono i radicali e l’associazione Luca Coscioni. Molto
perplesso il sotto segretario al Welfare, Eugenia Roccella, che annuncia nuove linee
guida alla legge per eliminare qualsiasi contraddizione. Va ricordato che i dati contenuti
nella recente relazione al Parlamento dimostrano che la Legge 40, in questi tre anni
di applicazione, ha funzionato sia per quanto riguarda la salute della donna, sia
per quanto riguarda la tutela dell’embrione.
All’indomani
della sentenza della Corte costituzionale, l’Associazione Scienza & Vita afferma in
una nota che “i pilastri della legge sono ancora, alla prova dei fatti, quasi tutti
ben saldi”, ma si dichiara anche “innegabilmente preoccupata della possibilità che
la sentenza ha aperto per la creazione di un nuovo numero illimitato di embrioni il
cui destino appare incerto e per le gravi conseguenze che la necessaria iperstimolazione
ovarica avrà sulla salute delle donne”. Scienza & Vita “si dice comunque certa che
il continuo affinamento delle tecniche, la rinnovata professionalità dei centri di
Pma italiani e la crescente coscienza degli operatori del settore, argineranno le
alterazioni causate da questa ferita inferta all’impianto primigenio della legge”.
Una “ferita”, si legge nella nota, “voluta in maniera pretestuosa anche contro ogni
evidenza scientifica” e contro i dati sull’applicazione della legge 40 nel 2007. L’auspicio
è che “da parte del ministero del Welfare vi sia un intervento deciso, anche attraverso
le linee guida, finalizzato ad eliminare ogni possibile ambiguità e ad operare una
radicale limitazione del danno, fatto salvo l’impianto garantista della legge nei
confronti sia dell’embrione sia della donna”. Sulla decisione della Consulta Paolo
Ondarza ha sentito il parere del presidente del Movimento per la Vita, Carlo
Casini:
R. – Il limite
per gli embrioni era preordinato a salvaguardare il diritto alla vita dell’embrione
perché se si fanno più di tre embrioni, che fine fanno? Si congelano o si distruggono.
Quindi, si va a ledere il diritto alla vita. Se viceversa si dice di impiantarli tutti
quanti si va verso un rischio di dover poi procedere ad un aborto per riduzione fetale
perché se si impiantano tutti diventa pericoloso per la donna. Leggeremo la sentenza,
ma intanto esprimo la mia non adesione a questa scelta.
D.
– Di fatto, dichiarare parzialmente incostituzionale una legge significa metterla
in discussione…
R. – Certamente sì. L’impianto fondamentale
della legge è quello di dire: tu non devi uccidere mai un essere umano anche se generato
in provetta, anche se poi attraverso il successivo impianto nel seno della donna,
a causa dello scarso successo di queste tecniche molti muoiono, ma almeno non li uccidi
in modo premeditato e diretto. Questo punto è messo in grandissima discussione dalla
decisione della Corte.
D. - La Corte ha anche dichiarato
illegittimo il comma tre, la parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni
debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna…
R.
– Anche questo esige che si legga attentamente la sentenza, ma l’attuale testo, prima
della sentenza della Corte costituzionale, il testo vecchio, era anche questo un testo
preordinato a determinare un punto di equilibrio tra la salute della donna e il diritto
alla vita dell’embrione. In altri termini, la donna e il suo marito, o compagno, ci
devono pensare attentamente prima di stabilire se fare o non fare la fecondazione
artificiale, ma una volta che il bambino è generato, per loro volontà e per loro libera
scelta, soltanto fatti eccezionali non prevedibili - secondo il testo originario della
legge - potevano giustificare il congelamento dell’embrione e non il trasferimento
immediato. Sembra che in questo modo lo si possa ammettere tutte le volte che si teme
che la salute della donna sia in pericolo. Ma cosa si intende per salute della donna?
Anche quella psichica? E questa la si può verificare davvero? Si ricade in qualche
modo negli equivoci della legge 194, quella sull’aborto, così mi sembra.