Giornata mondiale di sensibilizzazione all’autismo
Ricorre oggi la Giornata mondiale di sensibilizzazione all’autismo, ovvero la Sindrome
clinica causata da alterazione del sistema nervoso centrale di diversa natura. Indetta
dall’Assemblea Generale dell’ONU il 18 dicembre 2007, su proposta del Qatar, l’iniziativa
vuole accrescere la conoscenza e l’attenzione nei confronti di un disturbo che colpisce
alcuni milioni di persone. Richiamata anche dal Santo Padre Benedetto XVI all’Angelus
di domenica scorsa, la Giornata ha come obiettivo quello di incoraggiare la diagnosi
precoce e l’intervento tempestivo. Un altro scopo è quello di evidenziare i talenti
e le capacità misconosciute delle persone vittime della malattia. Davide Dionisi
ha intervistato il dottor Paolo Curatolo, ordinario di neuropsichiatria infantile
all'università di Roma Tor Vergata e presidente della Società internazionale di neurologia
infantile e la dottoressa Luisa Lopez, del Villaggio Eugenio Litta, l’Istituto
di Riabilitazione che accoglie pazienti affetti da minorazioni psichiche, fisiche
e sensoriali gestito dalla Provincia Romana dell’ordine dei Religiosi dei Camilliani:
D. –Dottor
Curatolo, cosa si sa oggi dell’autismo?
R. – Oggi
dell’autismo si sa che è un disturbo di tipo neurobiologico, che è geneticamente determinato
in gran parte ed è dovuto ad una predisposizione legata ad un’alterazione di molti
geni che guidano il neuro sviluppo. E quindi per questa ragione alcune strutture cerebrali
ne risultano disfunzionate e determinano le caratteristiche del disturbo di comunicazione,
di relazione, delle difficoltà del linguaggio e del ridotto repertorio di gioco e
di interessi. E' specifico del bambino nei primi tre anni di vita, quando presenta
questa sintomatologia autistica.
D. – A che punto
è la ricerca scientifica?
R. – La ricerca scientifica
nel campo delle neuroscienze pediatriche sta andando molto avanti e ha compiuto grandi
progressi, proprio nel comprendere come e in che modo questi geni possono distorcere
il normale sviluppo cerebrale e determinare questi sintomi. Ma dobbiamo dire chiaramente
che non c’è una cura definitiva per l’autismo. D. – Dottoressa
Lopez come ci si orienta nella diagnosi e nel trattamento di un paziente autistico?
R.
– Per fortuna da molti anni abbiamo iniziato a capire molto di più di questa patologia.
Intanto, abbiamo capito che fa parte di un quadro chiamato disturbo pervasivo dello
sviluppo e che è ben caratterizzato come disturbo di origine neurobiologica. Molte
delle cose che prima si sapevano, adesso finalmente cominciamo a inquadrarle meglio.
Ci sono delle linee guida internazionali, sia per quanto riguarda l’aspetto diagnostico
sia per quanto riguarda l’aspetto di trattamento. E’ molto importante fare correttamente
la diagnosi proprio perché centra i tre problema principali del disturbo autistico,
cioè il disturbo della comunicazione, della relazione e il repertorio degli interessi.
D.
– Quali sono gli errori più comuni che si commettono nell’affrontare tale patologia?
R.
– Prima si commettevano tutti errori diagnostici perché per molto tempo questa patologia
è stata attribuita a delle situazioni di tipo psicologico, dando delle responsabilità
al contesto familiare, ai genitori, ed altre cose che erano non vere responsabilità.
Per molti anni ci sono stati, di fatto, degli errori. Adesso sarebbe veramente illegale
fare questo errore di attribuzione. Credo che questo ormai sia poco frequente. Nella
terapia ci si attiene a delle linee guida internazionali. In Italia, ad esempio, la
società italiana di neuropsichiatria infantile ha formulato delle linee guida e in
tutti i centri dove si applica la terapia cognitivo-comportamentale dell’autismo si
interviene osservando attentamente a che punto è quel particolare bambino. Nella relazione
noi pensiamo che sia sufficiente metterlo insieme ad altri bambini per poterlo aiutare
nel socializzare. Questo non è sempre efficace perché a volte non conosce delle regole
sociali con cui interagiscono gli altri, perché non sono state apprese implicitamente
e, quindi, dovremo spiegare e far capire. Questo se succede molto precocemente è più
facile da fare. Quando succede più tardi, con diagnosi più tardive, bisogna fare attenzione
anche a smontare delle strategie di compenso che questi bambini attuano, perché ovviamente
tutti i bambini evolvono e cercano di fare il meglio con l’ambiente che hanno a disposizione.
(Montaggio a cura di Maria Brigini)
L’autismo colpisce soprattutto
i bambini con un’incidenza dell’0,6% nella popolazione generale, una percentuale che
risulta essenzialmente più alta se si considerano gli atteggiamenti autistici che
a volte sfuggono all’occhio dei familiari. Proprio la famiglia diventa un cardine
essenziale nella lotta alla malattia. Benedetta Capelli ha parlato di questo
con Fiorella Gurrieri, genetista dell’Università Cattolica di Roma:
D. – Come
si prepara una famiglia a cercare di gestire un problema come quello dell’autismo?
R.
– Nessuno è mai pronto ad affrontare una situazione di questo genere, anche perché
molto spesso la diagnosi di autismo arriva dopo un po’ di anni dall’esordio, perché
si fa fatica a riconoscerlo fin dall’inizio. Il bambino cha ha ancora 18 mesi, che
non parla, o che parlava e poi si arresta: tutto questo viene comunque giustificato
con un trauma o con la nascita di un secondo bambino. Per i genitori è veramente difficile
accettare la verità. La prima cosa è decolpevolizzarli, perché per molti anni sulla
causa dell’autismo c’è stata questa cappa pesante della responsabilità del rapporto
con la mamma. Invece forse adesso è stato estremamente sminuito anche dal fatto che
sono state trovate alcune cause genetiche.
D. - In
definitiva si possono escludere cause ambientali?
R.
– Non sempre. Si parla tanto di intolleranza alimentare, ci sono stati molto studi
su questo e molti tentativi di sottoporre i bambini autistici a diete che mirassero
proprio a ridurre al massimo l’apporto di sostanze a cui il bambino poteva essere
intollerante e che potevano, in qualche modo, scatenare sintomatologia autistica.
C’è una componente ambientale ma c’è anche un componente biologica che è ancora quasi
del tutto sconosciuta.