Dopo 18 mesi tra carcere e libertà vigilata è finito l’incubo giudiziario del missionario
trentino don Sandro De Pretis, detenuto a Gibuti per accuse generiche fra cui “corruzione
di minori”. L’udienza di pochi minuti ha infatti fissato una pena corrispondente al
periodo di carcere preventivo già scontato dal religioso, che ora si ritrova quindi
in libertà. “Ringrazio tutti quanti mi sono stati vicini anche con la preghiera”,
ha detto ad Avvenire il missionario che non ha voluto comunque commentare la sentenza
ma ha inviato una mail agli amici più stretti dove esprime la felicità per la fine
di questa storia, conclusa con una condanna sulla base di una “accusa che due settimane
fa era stata cambiata per la sesta volta”. La vicenda presenta infatti molti lati
oscuri e lo stesso vescovo di Gibuti, Giorgio Bertin, parlò senza mezzi termini di
processo politico, essendo da subito convinto dell’innocenza del missionario. Le accuse
erano state raccolte in modo pretestuoso, come le foto di bambini nudi con bubboni
sul braccio archiviate in un computer per essere sottoposte al parere di medici. Anche
il contesto di tutto il processo alimenta i sospetti della Chiesa locale che ricorda
come don Sandro fosse l’unico occidentale presente nel Paese del Corno d’Africa nel
1995, quando venne ucciso il giudice francese Bernand Borrell. Un testimone dunque
scomodo. Quello di don Sandro è diventato un caso di giustizia internazionale con
la diplomazia italiana più volte impegnata a chiedere la liberazione del sacerdote.
Pressioni che si sono aggiunte a quelle provenienti dalla stampa cattolica che ha
raccolto oltre 5000 firme di solidarietà. (M.G.)