Benedetto XVI alla parrocchia del Santo Volto di Gesù: "dietro il buio delle sofferenze
c'è il sole della bontà divina". Appello ai giovani: "lasciatevi coinvolgere dal fascino
di Cristo!"
Visita pastorale del Papa stamani alla parrocchia romana del Santo Volto di Gesù alla
Magliana. Benedetto XVI ha presieduto la Messa della quinta Domenica di Quaresima.
Appena giunto alla parrocchia il Papa, dal sagrato, ha rivolto ai fedeli raccolti
sulla piazza queste parole:
“Cari fratelli e sorelle, benvenuti in questa
bella domenica. Purtroppo piove, ma anche il sole sta arrivando, forse è un segno
di questo tempo pre-pasquale, in cui sentiamo i dolori del Signore e tutti i problemi
del nostro mondo di oggi, ognuno a suo modo. Ma sappiamo anche che il sole, benché
spesso nascosto, esiste, che Dio è vicino, ci aiuta e ci accompagna. Quindi, in questo
senso, vogliamo andare adesso verso la Pasqua, sapendo che alla nostra vita appartengono
le sofferenze e le difficoltà, ma sapendo che dietro sta il sole della Bontà divina.
In questo senso, vi saluto tutti cordialmente. Grazie per la vostra presenza e una
buona domenica a tutti, a tutta questa bella parrocchia. Tanti, tanti auguri! Grazie!
Buona domenica!”
Nell'omelia il Papa, ricordando il Vangelo odierno
del chicco di grano che muore per dare frutto, ha affermato che "non c'è alternativa
per il cristiano che voglia realizzare la propria vocazione. E' la legge della Croce"
che esprime "la radicale totalità che deve contraddistinguere chi segue Cristo e si
pone, al servizio dei fratelli". Soprattutto in questo tempo di crisi - ha detto -
è necessario andare incontro "alle attese dei più poveri e bisognosi". Quindi l'appello
ai giovani: "lasciatevi coinvolgere dal fascino di Cristo!". Infine ha auspicato che
"l'infinito amore di Cristo" diventi la quotidianità di ogni fedele. Ecco il testo
integrale dell'omelia:
Cari fratelli e sorelle, nell’odierna
pagina del Vangelo, san Giovanni riferisce un episodio avvenuto nell’ultima fase della
vita pubblica di Gesù, nell’imminenza ormai della Pasqua ebraica, che sarà la sua
Pasqua di morte e risurrezione. Mentre si trovava a Gerusalemme – narra l’Evangelista
– alcuni greci, proseliti del giudaismo, incuriositi ed attratti da quanto egli andava
compiendo, si avvicinarono a Filippo, uno dei Dodici che aveva un nome greco e proveniva
dalla Galilea. “Signore, gli dissero, vogliamo vedere Gesù”. Filippo chiamò a sua
volta Andrea, uno dei primi apostoli molto vicino al Signore, anch’egli con un nome
greco, ed entrambi “andarono a dirlo a Gesù” (cfr Gv 12,20-21). Nella
richiesta di questi anonimi greci possiamo leggere la sete che è nel cuore di ogni
uomo di vedere e di conoscere Cristo; e la risposta di Gesù ci orienta al mistero
della Pasqua, manifestazione gloriosa della sua missione salvifica. “È venuta l’ora
– Egli dichiara – che il Figlio dell’uomo sia glorificato» (Gv 12,23). Sì! Sta per
giungere l’ora della glorificazione del Figlio dell’uomo, ma questo comporterà il
passaggio doloroso attraverso la passione e la morte in croce. Solo così infatti si
realizzerà il piano divino della salvezza che è per tutti, giudei e greci, giudei
e pagani. Tutti sono infatti invitati a far parte dell’unico popolo della nuova e
definitiva alleanza. In questa luce, comprendiamo anche la solenne proclamazione con
cui si chiude il brano evangelico: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò
tutti a me” (Gv 12,32), come pure il commento dell’Evangelista: “Diceva questo per
indicare di quale morte doveva morire” (Gv 12,33). La Croce, l’altezza dell’amore
è l’altezza di Gesù e a questa altezza attira tutti. Molto
opportunamente la liturgia ci fa meditare questo testo del Vangelo di Giovanni nell’odierna
quinta domenica di Quaresima, mentre si avvicinano i giorni della Passione del Signore,
nella quale ci immergeremo spiritualmente a partire da domenica prossima, detta appunto
domenica delle Palme e della Passione del Signore. E’ come se la Chiesa ci stimolasse
a condividere lo stato d’animo di Gesù, volendoci preparare a rivivere il mistero
della sua crocifissione, morte e risurrezione non come spettatori estranei, bensì
come protagonisti insieme con Lui, coinvolti nel suo mistero di croce e di risurrezione.
Laddove infatti è Cristo devono trovarsi anche i suoi discepoli, che sono chiamati
a seguirlo, a solidarizzare con Lui nel momento del combattimento, per essere compartecipi
della sua vittoria. Adesso, in che consista la nostra associazione
alla sua missione? Il Signore stesso lo spiega. Parlando della sua prossima morte
gloriosa, egli utilizza – come abbiamo sentito - una semplice e insieme suggestiva
immagine: “Se il chicco di grano caduto in terra, non muore, rimane solo, se invece
muore, produce molto frutto” (Gv 12,24). Quindi, Gesù paragona se stesso a un “chicco
di grano disfatto, per portare a tutti molto frutto”, secondo una efficace espressione
di sant’Atanasio. E solo tramite la morte, la Croce porta molto frutto in tutti i
secoli. Non bastava infatti che il Figlio di Dio si fosse incarnato. Per portare a
compimento il piano divino della salvezza universale, occorreva che Egli venisse ucciso
e sepolto, così solo tutta la realtà umana è accettata, nella sua morte e nella sua
risurrezione che doveva rendersi manifesto il trionfo della Vita, perché era il trionfo
del suo amore. E si mostra che l’amore, il solo amore, è più forte che la morte. Tuttavia,
l’uomo Gesù era un vero uomo, con i nostri sentimenti, avvertiva il peso della prova
e la tristezza amara per la tragica fine che lo attendeva. E proprio essendo uomo,
Dio sentiva tanto più l’abisso del terrore, l’abisso anche del peccato umano, di tutto
quanto è sporco nell’umanità, che deve portare con sé e trasferire nel suo amore.
“Adesso – confessa – l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora?”
(Gv 12,27). E’ quasi la tentazione che viene chiedere “Salvami, non permettere la
Croce, dammi la vita”. Cogliamo in questa sua accorata invocazione un anticipo della
struggente preghiera del Getsemani, quando, sperimentando il dramma della solitudine
e della paura, implorerà il Padre di allontanargli il calice della passione. Ma, allo
stesso tempo, non viene meno la sua filiale adesione al disegno divino, perché proprio
per questo sa di essere giunto a quest’ora, e con fiducia prega: “Padre, glorifica
il tuo nome” (Gv 12,28). E questo vuol dire: “Accetto la Croce”, nella quale si glorifica
il nome di Dio, cioè la grandezza del suo amore. E anticipa, quindi, anche qui le
parole del Monte degli Ulivi: “Non la mia volontà, ma la tua”. Trasforma la sua volontà
umana e la identifica con la volontà divina. Questo è il grande processo del Monte
degli Ulivi, il processo che dovrebbe realizzarsi fondamentalmente in ogni nostra
preghiera: trasformare, lasciar trasformare la nostra volontà egoistica, aprirla perché
sia trasformata nella volontà divina. Gli stessi sentimenti
affiorano nel brano della Lettera agli Ebrei, proclamato nella seconda lettura. Prostrato
da un’angoscia estrema a causa della morte che incombe, Gesù offre a Dio - dice la
lettera - preghiere e suppliche “con forti grida e lacrime” (Eb 5,7). Invoca aiuto
da Colui che può liberarlo, sempre però restando abbandonato nelle mani del Padre.
E proprio per questa sua filiale fiducia verso Dio – nota l’autore – è stato esaudito,
esaudito nel senso che è risorto, che ha ricevuto la vita nuova e definitiva. E la
Lettera agli Ebrei ci fa capire che queste sue preghiere, insistenti, con lacrime
e grida, erano il vero atto del Sommo Sacerdote nel quale ha offerto sé e l’umanità
al Padre ed ha trasformato, così, il mondo. Cari fratelli
e sorelle, questo è il cammino esigente della croce che Gesù indica a tutti i suoi
discepoli. Più volte ha detto: “Se uno mi vuole servire, mi segua”. Non c’è alternativa
per il cristiano, che voglia realizzare la propria vocazione. E’ la “legge” della
Croce descritta con l’immagine del chicco di grano che muore per germinare a nuova
vita; è la “logica” della Croce richiamata nel Vangelo odierno: “Chi ama la propria
vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserva per la vita
eterna”. “Odiare” la propria vita è una espressione semitica forte e paradossale,
che ben sottolinea la radicale totalità che deve contraddistinguere chi segue Cristo
e si pone, per suo amore, al servizio dei fratelli. Perde la vita e così la trova.
Non esiste altra via per sperimentare la gioia e la vera fecondità dell’Amore, che
è quella del darsi, donarsi, perdersi per trovarsi. Cari amici,
l’invito di Gesù risuona particolarmente eloquente nell’odierna celebrazione in questa
vostra Parrocchia. Essa è infatti dedicata al Santo Volto di Gesù: quel Volto che
“alcuni greci”, di cui parla il Vangelo, desideravano vedere; quel Volto che nei prossimi
giorni della Passione contempleremo sfigurato a causa dei peccati, dell’indifferenza
e dell’ingratitudine degli uomini; quel Volto radioso di luce e sfolgorante di gloria,
che brillerà nell’alba del giorno di Pasqua. Manteniamo fissi il cuore e la mente
sul Volto di Cristo, cari fedeli, che saluto con affetto ad iniziare dal vostro Parroco,
don Luigi Coluzzi, al quale sono grato anche per essersi fatto interprete dei vostri
sentimenti. Grazie per la vostra cordiale accoglienza: sono veramente lieto di trovarmi
in mezzo a voi in occasione del 3° anniversario della dedicazione di questa vostra
chiesa e tutti vi saluto con affetto. Un saluto speciale rivolgo al Cardinale Vicario,
al Cardinale Fiorenzo Angelini, che ha contribuito alla realizzazione di questo nuovo
complesso parrocchiale, al Vescovo Ausiliare del Settore e agli altri Presuli presenti,
Sua Eccellenza Costalunga, ai sacerdoti collaboratori parrocchiali, alle benemerite
religiose della Congregazione delle Povere Figlie della Visitazione, che proprio di
fronte a questa bella chiesa accudiscono gli ospiti nella loro Casa di Riposo per
anziani. Saluto i catechisti, il Consiglio e gli operatori pastorali e quanti collaborano
alla vita della Parrocchia; saluto i bambini, i giovani e le famiglie. Ed estendo
con piacere il mio pensiero agli abitanti della Magliana, particolarmente agli anziani,
ai malati, alle persone sole e in difficoltà. Per tutti e ciascuno prego in questa
Santa Messa. (applausi) Cari fratelli
e sorelle, lasciatevi illuminare dallo splendore del Volto di Cristo, e la vostra
giovane comunità – che può ora usufruire di un nuovo complesso parrocchiale, moderno
nella sua struttura e funzionale – camminerà unita, accomunata dall’impegno di annunciare
e testimoniare il Vangelo in questo quartiere. So quanta cura voi ponete nella formazione
liturgica, valorizzando ogni risorsa della vostra comunità: i lettori, il coro e quanti
si dedicano all’animazione delle celebrazioni. E’ importante che la preghiera, personale
e liturgica, occupi sempre il primo posto nella nostra vita. So con quanto impegno
vi dedicate alla catechesi, perché risponda alle attese dei ragazzi, tanto di quelli
che si apprestano a ricevere i sacramenti della Prima Comunione e della Confermazione,
quanto di quelli che frequentano l’Oratorio. Vi preoccupate anche di assicurare una
catechesi adatta ai genitori, che invitate a compiere un percorso di formazione cristiana
insieme ai loro figli. Volete così aiutare le famiglie a vivere insieme gli appuntamenti
sacramentali educando ed educandosi alla fede “in famiglia”, che deve essere la prima
e naturale “scuola” di vita cristiana per tutti i suoi membri. Mi rallegro con voi
perché la vostra parrocchia è aperta ed accogliente, animata e resa viva da un amore
sincero verso Dio e verso tutti i fratelli, ad imitazione di san Massimiliano Maria
Kolbe, a cui in origine essa era dedicata. Ad Auschwitz, come sapete, con eroico coraggio,
egli sacrificò se stesso per salvare la vita altrui. In questo nostro tempo, segnato
da una generale crisi sociale ed economica, molto meritevole è lo sforzo che state
compiendo, attraverso soprattutto la Caritas parrocchiale e il gruppo S. Egidio, per
andare incontro, come è possibile, alle attese dei più poveri e bisognosi. Uno
speciale incoraggiamento vorrei riservare a voi, cari giovani: lasciatevi coinvolgere
dal fascino di Cristo! Fissando, con gli occhi della fede, il suo Volto, chiedetegli:
“Gesù, cosa vuoi che io faccia con Te e per Te?”. Rimanete quindi in ascolto e, guidati
dal suo Spirito, assecondate il disegno che Egli ha su di voi. Preparatevi seriamente
a costruire famiglie unite e fedeli al Vangelo e ad essere suoi testimoni nella società,
che ha bisogno di queste testimonianze. Se poi il Signore vi chiama, siate pronti
a dedicare totalmente la vostra esistenza al suo servizio nella Chiesa come sacerdoti
o come religiosi e religiose. Io vi assicuro la mia preghiera; in particolare, vi
aspetto giovedì prossimo nella Basilica di San Pietro per prepararci alla Giornata
Mondiale della Gioventù, che, come sapete, si celebra quest’anno a livello diocesano,
Domenica prossima. Ricorderemo insieme il mio caro e venerato predecessore Papa Giovanni
Paolo II, nel IV anniversario della sua morte. In molte circostanze egli ha incoraggiato
i giovani ad incontrare Cristo e a seguirlo con entusiasmo e generosità. Cari
fratelli e sorelle di questa comunità parrocchiale, l’infinito amore di Cristo che
brilla nel suo Volto risplenda in ogni vostro atteggiamento, e diventi la vostra “quotidianità”.
Come esortava sant’Agostino in una omelia pasquale, dove dice: “Cristo ha patito;
moriamo al peccato. Cristo è risuscitato; viviamo per Dio. Cristo è passato da questo
mondo al Padre; non si attacchi qui il nostro cuore, ma lo segua nelle cose di lassù.
Il nostro capo fu appeso sul legno; crocifiggiamo la concupiscenza della carne. Giacque
nel sepolcro; sepolti con Lui dimentichiamo le cose passate. Siede in cielo; trasferiamo
i nostri desideri alle cose supreme” (S. Agostino, Discorso 229/D,1). Animati
da tale consapevolezza, proseguiamo la celebrazione eucaristica, invocando la materna
intercessione di Maria, perché la nostra esistenza diventi un riflesso di quella di
Cristo. Preghiamo perché quanti ci incontrano percepiscano sempre nei nostri gesti
e nelle nostre parole la pacificante e consolatrice bontà del suo Volto. Amen!