“No alle speculazioni sull’Africa, no alla strumentalizzazione del messaggio del Papa”:
all’insegna di questo motto, gli studenti africani, residenti a Roma, si riuniranno
domani in Piazza San Pietro per manifestare solidarietà a Benedetto XVI, oggetto di
accuse per le sue affermazioni sull’uso del preservativo nella lotta all’Aids. Ultima,
in ordine di tempo, quella espressa dalla rivista britannica Lancet che sulla
questione, tuttavia, non l’ha pensata sempre allo stesso modo. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
I preservativi,
come le cinture di sicurezza, possono rendere più disinvolti e far aumentare i comportamenti
a rischio. Il condom non basta per sconfiggere l’Aids. Così, scriveva nel 2000 la
rivista scientifica Lancet che ora accusa il Papa di “falsità scientifiche” per aver
detto che l’uso del profilattico non è la soluzione nella lotta all’Aids. La stessa
rivista scientifica, sempre nel 2000, aveva spiegato che il rischio di contrarre il
virus dell’Hiv, usando i preservativi durante i rapporti sessuali, è del 15 per cento.
Ben lontano dallo zero. Oggi invece sostiene che “le parole del Papa possono avere
conseguenze devastanti per la salute di milioni di persone”. Sull’editoriale di Lancet,
abbiamo raccolto l’opinione della dott.ssa Paola Germano, responsabile
del progetto Dream della Comunità di Sant’Egidio, in prima linea in Africa contro
l’Aids: “La nostra esperienza conferma quello che dice il Papa.
In realtà, senza tanto stracciarsi le vesti, basterebbe guardare anche soltanto all’Europa.
I dati recenti di quest’anno di Unaids, l’ultimo rapporto annuale, indicano significativamente
l’aumento dell’Aids, per esempio, nell’Europa dell’Est dove si è fatta una campagna
di prevenzione massiccia incentrata sul condom e dove, purtroppo, l’Aids è cresciuto
in maniera esponenziale. Quindi, qualcosa non é andato bene, evidentemente. Dall’altra
parte si dimentica che l’Aids in Africa non si trasmette soltanto sessualmente, si
trasmette negli ospedali, per le trasfusioni e questo non si evita col preservativo.
C’è bisogno della cura. Il Papa ha detto una grande novità: non si ha il coraggio
di affermare che c’è bisogno di cure e di cure gratuite per l’Africa. Questo ridurrebbe
l’Aids. E’ probabilmente una verità scomoda, sia per i governi africani, sia per l’Occidente
che non vuole impegnarsi in questa lotta ma sceglie la via del disimpegno con una
soluzione semplicistica, direi: distribuendo preservativi”. Che
dire poi del Washington Post? Nei giorni scorsi, il quotidiano americano aveva criticato
duramente il Pontefice per le dichiarazioni sull’uso del preservativo. Ma nel marzo
del 2007, aveva pubblicato un lungo articolo sul “caso Botswana”, dove il numero di
malati di Aids, nonostante la distribuzione massiccia di profilattici, è andato aumentando
drammaticamente. Il giornale citava dunque un rapporto elaborato nel 2006 da alcuni
esperti del Sudafrica sull’Aids, che sottolineava come “la riduzione del numero di
partner” sia la priorità assoluta nella prevenzione dell’Aids. Tesi, quest’ultima,
già promossa peraltro dalla prestigiosa rivista Science, in uno studio pubblicato
nel 2006. E’ l’educazione, dunque, lo strumento per vincere l’Aids? Ancora Paola Germano: “L’educazione
è la vera sfida, per la prevenzione e per la cura. Senza questo, qualsiasi programma
è inefficace. Se non si parte dalla realtà degli uomini e delle donne africane, dalla
loro cultura, non si è in grado di fare un programma che sia efficace. Noi siamo partiti
da questo e questo effettivamente ha dato grandi risultati. Bisogna uscire dagli schemi
ideologici e anche dal pensiero unico che un po’ ha dominato in questi anni nelle
strategie di lotta all’Aids: essere più vicini alla realtà, conoscere la realtà delle
persone. Non si può semplicemente applicare uno schema occidentale”. D’altro
canto, balza agli occhi un dato che sembra smontare certi teoremi. Nei Paesi africani,
più sono i cattolici meno è diffuso l’Aids. In Burundi, i cattolici sono il 65 per
cento degli abitanti, i sieropositivi solo il 2 per cento. In Guinea Equatoriale:
93 per cento di cattolici e 3,5 di malati di Aids. In Sudafrica, dove i cattolici
sono solo il 6 per cento, i sieropositivi sono il 18 per cento. In Botswana, con il
5 per cento di cattolici, i sieropositivi sono addirittura il 24 per cento della popolazione
adulta. Certo, come hanno messo in rilievo più voci africane, la distribuzione dei
preservativi arricchisce chi li fabbrica. L’educazione ad una sessualità responsabile,
invece, non ha alcun costo. Ancora una volta, ci sono in gioco gli interessi di multinazionali.
Lobbies che hanno sfruttato e sfruttano il continente africano, come denunciato coraggiosamente
dall’Instrumentum Laboris del Sinodo per l’Africa.