“La legge 40 dimostra di essere una legge buona. E una legge è buona se comprende
tutti gli interessi in gioco: quelli dell’embrione, la salute femminile, le ricadute
sociali”. Così il sottosegretario italiano al Welfare, Eugenia Roccella, ha commentato
i dati contenuti nella relazione al Parlamento sulla legge 40, che in Italia regola
la fecondazione assistita, presentata alla vigilia dell’esame della Corte Costituzionale.
Martedì 31 marzo, infatti, la Consulta ascolterà le ragioni opposte di chi ritiene
la norma illegittima e di chi, invece, la difende. L’audizione riguarderà in particolare
i ricorsi sollevati da diversi tribunali in merito alla questione sulla possibilità
o meno da parte delle coppie di procedere alla diagnosi pre-impianto che consente,
in pratica, di selezionare gli embrioni sani. Dati alla mano, in tre anni di applicazione,
grazie alla legge sono aumentate le gravidanze per ciascun ciclo (da 15 a 15,5) e
il numero dei nati vivi (da 4940 a 9137); resta alta, tuttavia, rispetto alla media
continentale, l’incidenza di parti trigemellari: 3,5 per cento contro lo 0,8. “Sospettavamo
che la 40 funzionasse”, fa sapere l’Associazione Scienza & Vita, che guidò il fronte
dell’astensione in occasione del referendum abrogativo, e pone l’accento su quanto
sia “bassa la percentuale della sindrome da stimolazione ovarica, scesa allo 0,5 per
cento contro l’1 per cento della media europea”. Infine, i dati dell’Istituto superiore
di sanità contenuti nel Registro della Procreazione assistita, mettono in luce che
in Italia ci sono 342 centri che eseguono le tecniche di procreazione assistita: il
sottosegretario Roccella ha chiesto per essi, a breve, una certificazione di qualità
che indichi ai cittadini le percentuali di successo, ma anche quelle di rischio di
parti trigemini. (R.B.)