In Italia, seconda giornata del Congresso fondativo del Popolo della Libertà, la formazione
politica che nasce dalla fusione tra Forza Italia e Alleanza nazionale. Ieri Silvio
Berlusconi ha ripercorso 15 anni di alleanza nel centrodestra. Questa mattina l’intervento
del presidente della Camera Gianfranco Fini, che ha invitato a rilanciare una grande
stagione costituente. Nel pomeriggio prenderà la parola tra gli altri il presidente
del Senato Renato Schifani. Il servizio di Giampiero Guadagni:
Rivoluzione
liberale. E’ questa la missione strategica del Popolo della Libertà tracciata ieri
dal suo leader Silvio Berlusconi. Una rivoluzione che ha nella famiglia e nell’impresa
i suoi valori cardine, anche per affrontare la crisi economica; e nel popolo ha il
suo punto di riferimento. Il Pdl è una pagina di storia che si apre, ha sottolineato
il premier, che ha ringraziato per questo l’alleato di sempre, Gianfranco Fini. Un
riconoscimento scandito quasi a voler cancellare le incomprensioni con l’attuale presidente
della Camera ogni qualvolta si discute di prerogative del Parlamento. E questa mattina
Fini ha osservato: Berlusconi ha spazzato via le interpretazioni maliziose. La modifica
dei regolamenti parlamentari - osserva il presidente della Camera - è una reale esigenza
ma è solo un anello delle riforme istituzionali. Su alcune scelte importanti restano
tuttavia divergenze, e così, alla fine del suo intervento, Fini ha criticato la legge
sul biotestamento appena approvata al Senato e che sta per approdare alla Camera;
“è una legge”, ha detto Fini, “più da Stato etico che da Stato laico”. Il manifesto
del Pdl, ha sottolineato ancora Fini, è quello del Partito popolare europeo. Scelta
salutata ieri con grande soddisfazione da presidente del Ppe Wilfred Martens che ha
sottolineato il cammino fatto in questi anni da Alleanza nazionale. Il Pdl non è una
fusione a freddo, ha detto Berlusconi, ma un progetto nato dalla volontà della base.
Il contrario, sostiene, di quanto accaduto nel Partito democratico. Il presidente
del Consiglio si è detto profondamente deluso dalla mancata svolta riformista del
Pd, dopo le incoraggianti premesse. Unica concessione: la nascita del Pd ha permesso
la semplificazione del quadro politico. Ma ora, dice ancora il premier, la sinistra
sta uscendo di scena. Berlusconi mostra sondaggi che danno il Pdl al 43%, ma punta
a superare il 50% alle europee e amministrative di giugno. Il premier prova allora
a ricucire con l’Udc di Casini, ma per questo deve vincere le diffidenze della Lega
dopo il no al federalismo fiscale da parte del partito di Casini. Il quale guarda
con rispetto al progetto del Pdl ma se ne tiene a distanza. Duro invece il resto dell’opposizione.
Per il segretario Pd Franceschini, Berlusconi usa gli stessi slogan di 15 anni fa,
mentre per Di Pietro il premier vuole essere il nuovo ducetto d’Italia. Da parte sua,
nel messaggio di saluto al Congresso, il capo dello Stato Napolitano ha chiesto al
Pdl di favorire un clima politico di maggiore corresponsabilità.