Un morto ogni 20 secondi: nella Giornata mondiale contro la tubercolosi, l’Oms chiede
cure gratis per tutti
Un morto ogni 20 secondi: è l’incredibile mortalità nel mondo a causa della tubercolosi,
aggravata negli ultimi decenni dall’epidemia dell’Aids. “Occorre raddoppiare i nostri
sforzi”, chiede il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon nell’odierna Giornata
mondiale di lotta contro la Tbc, rivolto a Governi, Ong, Istituti e Centri di ricerca
pubblici e privati. Roberta Gisotti ha intervistato Mario Raviglione
a capo del Dipartimento Tbc dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), raggiunto
a Rio de Janeiro, in Brasile, dove da ieri e fino a domani sono riuniti oltre un migliaio
di esperti per fare il punto della situazione.
D. - Dottor
Raviglione, a che punto siamo nella lotta contro la tubercolosi? C’è chi parla di
marcia indietro: come è possibile?
R. – Marcia indietro
non direi proprio, c’è stato un progresso non indifferente negli ultimi dieci anni.
C’è stato un aumento del numero dei casi che vengono identificati, e c’è stato anche
un aumento del tasso di guarigione dei malati. Ci sono, purtroppo, però dei problemi
non indifferenti, poiché siamo di fronte a un’epidemia che in alcune parti del mondo
e per certi aspetti è fuori controllo. Inoltre, c’è questa associazione tra la tubercolosi
e l’Aids che è molto preoccupante ed è ancora più preoccupante l’insorgenza di casi
resistenti a pressoché tutti i farmaci.
D. - Perché
ancora tante infezioni e soprattutto tanti morti per una malattia curabile?
R.
– Il problema sta in una serie di fattori, a partire proprio dalla intrinseca debolezza
di alcuni programmi di controllo che non riescono a fare le cose come si deve. E’
della scorsa settimana la notizia di un Paese africano molto importante che non aveva
i farmaci per la tubercolosi. Siamo nel 2009 eppure siamo spesso di fronte a questo
tipo di problematiche! Inoltre, c’è un grosso problema collegato ai sistemi sanitari
in generale - al di fuori di quelli che sono i programmi specifici di tubercolosi
- che non sono in grado di fornire quelle coperture sanitarie a tutti i cittadini,
per cui l’accesso alla sanità è molto limitato.
D.
- Dottor Raviglione, la tubercolosi è tornata ad essere un problema che preoccupa
anche alcuni Paesi dell’Occidente industrializzato. C’è stata sottovalutazione del
problema?
R. - C’è stata una drammatica sottovalutazione
del problema negli ultimi 20, 30 anni! Si pensava erroneamente che la tubercolosi
non fosse più un problema di sanità pubblica; quando si è poi capito che in effetti
la tubercolosi non stava poi calando ma si era arrestata su dei livelli stabili e,
quindi, non stava scendendo più come in precedenza o addirittura in alcuni casi era
aumentata, allora ci si è resi conto della gravità del problema a livello mondiale,
perché non c’è alcun Paese che abbia mai eliminato la tubercolosi. Il grande pubblico
non è informato adeguatamente, la stampa stessa ha ignorato il problema e continua
ad ignorarlo in alcuni Paesi. Penso, per esempio, che in Italia non ci sia una grande
sensibilità ai grossi problemi di salute globale e ci troviamo di fronte a questa
situazione per cui ancora oggi in Italia muoiono alcune centinaia di persone all’anno.
Questa mattina mi hanno chiamato da una provincia del nord per segnalarmi il caso
in una scuola di una bambina di 12 anni con una tubercolosi contagiosa e che ha contagiato
probabilmente altri ragazzini nella stessa scuola. Quindi, è un problema che sta in
mezzo a noi, ne sentiamo una ogni mese. C’era il caso della prostituta di Bari - due
settimane fa - che era ammalata e che aveva paura ad andare ai servizi sanitari. E’
un problema vivo che va affrontato in maniera frontale proprio perché abbiamo i mezzi
a disposizione sia per diagnosticare che, soprattutto, guarire la tubercolosi.
R.
– Dottor Raviglione, il Papa nel suo viaggio in Africa ha chiesto le cure gratuite
per i malati di Aids. Sappiamo quanto l’infezione dell’Aids sia andata ad aggravare
l’epidemia della tubercolosi. L’Organizzazione mondiale della sanità si unisce a questo
appello?
R. – Assolutamente, noi siamo per la copertura
sanitaria universale per tutti quelli che ne hanno bisogno, indistintamente. Vogliamo
che anche i pazienti con tubercolosi siano trattati gratuitamente proprio perché vengono
colpite le fasce più marginalizzate e stigmatizzate e povere del pianeta, compresi
i Paesi industrializzati.