Luci e ombre nel rapporto annuale di Amnesty International sulla pena di morte nel
mondo
Sono almeno 2390 le persone che nel 2008 sono state messe a morte in 25 Paesi, una
media di sette al giorno, per decapitazione, lapidazione, impiccagione, iniezione
letale e fucilazione. Almeno 8864 le condanne emesse. I dati emergono dal Rapporto
pubblicato ieri da Amnesty International, in cui si segnalano anche processi iniqui,
torture e uso sproporzionato di esecuzioni contro poveri e minoranze. Ma l’organizzazione
per i diritti umani, sottolinea anche il trend abolizionista che si sta affermando
in 138 Paesi ovvero nei due terzi del mondo, come sottolinea al microfono di Gabriella
Ceraso, Riccardo Noury portavoce di Amnesty Italia:
R. - Non
c’è dubbio che ci sono dei passi avanti irreversibili. La pena di morte oggi è un
problema concentrato in una manciata di Paesi, pochi quelli che la prevedono ma ancora
di meno quelli che la applicano e, soprattutto, il 93 per cento di tutte le esecuzioni
è stato riscontrato in soli cinque Paesi che resistono agli sforzi dell’opinione pubblica,
della Comunità internazionale, dei mezzi di informazione, alle risoluzioni dell’ONU
sulla moratoria che in questi anni hanno dato un contributo importante verso l’abolizione.
D.
- Per esempio, in America 14 Paesi mantengono in vigore la pena di morte, solo in
due casi oerò ci sono state delle esecuzioni quest’anno. In più in New Mexico c’è
stata l’abolizione…
R . –Il New Mexico è il secondo
Paese negli ultimi due anni ad aver abolito la pena di morte, il tutto in un clima
che sembra favorevole perché per ragioni paradossali, ovvero gli alti costi della
pena di morte in un periodo di recessione e per ragioni come il rendersi conto della
inutilità di questa pena, ci sono diversi altri Stati degli USA che stanno esaminando
proposte di legge abolizioniste. In tutto questo, l’idea che anche il presidente Obama
abbia voluto circoscrivere la pena di morte a casi particolarmente estremi fa capire
che, nel medio periodo, la pena di morte negli Stati Uniti possa essere qualcosa di
residuale in vista di un’abolizione per niente lontana.
D.
– Altri dati riguardano Europa e Asia centrale libere dalla pena di morte se non fosse
per la Bielorussia che ancora la applica in massima segretezza, ma i dati più preoccupanti
ancora li detiene l’Asia, con la Cina in testa: tre quarti delle esecuzioni mondiali
sono lì…
R. – C’è da un alto una maggiore apertura
da parte delle autorità nel senso che, per esempio, il numero delle condanne inflitte
quest’anno è realisticamente sopra le ottomila. Rimane comunque ancora tantissimo
lavoro, occasioni perse. Occorre marcare molto da vicino la corte suprema perché se
è vero che ha ripreso a esaminare tutte le condanne a morte non è chiara l’efficacia
di questo sistema, non é chiaro quando vengano commutate, e i numeri sembrerebbero
smentire che ci sia qualche significativa diminuzione.
D.
– Alla Cina si affiancano gli Stati Uniti ma anche l’Arabia Saudita in cui ci sono
esecuzioni anche per crocifissioni ancora. Pakistan e Iran, il problema qui sono i
minorenni ma non solo…
R. – Sono stati otto nel corso
del 2008. Preoccupano non solo i numeri, non solo l’aspetto dei minorenni ma anche
la qualità delle esecuzioni perché sono previste, per un numero sproporzionato di
reati: persone che svolgono attività che non dovrebbero e sono per questo sanzionate
con una multa e che finiscono per essere impiccate.
D.
– Cosa vi aspettate per il 2010 anno in cui la Nazioni Unite discuteranno una nuova
risoluzione per un moratoria della pena di capitale…
R.
– Ci aspettiamo intanto che si consolidi il numero dei Paesi che si schierano verso
l’abolizione, Paesi che sono ancora recalcitranti. Bisognerà trovare un modo per isolarli
sul piano della inaccettabilità della pena di morte come sanzione giudiziaria. C’è
un tempo per farlo ma è un tempo anche breve se lo misuriamo dal punto di vista delle
persone in attesa dell’esecuzione.