Il cardinale senegalese Théodore-Adrien Sarr: l’educazione è lo strumento più efficace
per combattere l’Aids in Africa
Uno dei momenti più toccanti del viaggio di Benedetto XVI in Africa è stato senza
dubbio la visita al Centro Cardinal Léger. Qui, ha detto il Papa, si vede che “l’uomo
aiutando chi soffre diventa più uomo”. Un messaggio forte che il Pontefice ha lasciato
alla Chiesa e alla società africana, che non hanno prestato attenzione ad alcune polemiche
alimentate dai media occidentali su aborto e Aids. Al riguardo vi proponiamo la riflessione
del cardinale arcivescovo di Dakar Théodore-Adrien Sarr, intervistato
dalla nostra collega della redazione francese Hélène Destombes:
R.
– Je suis parmi ceux qui pensent que vraiment, c’est dommage que au lieu de … Io
sono tra quelli che pensano che sia un peccato che, invece di riflettere su come il
Papa è stato accolto e su tutto quello che ha vissuto con le popolazioni del Camerun
e dell’Angola, alcuni media abbiano messo l’accento quasi esclusivamente sulla questione
del profilattico e dell’aborto. A questo proposito penso veramente che gli occidentali
debbano lasciare che gli africani valutino a modo loro: gli africani vivono a modo
loro, pensano a modo loro. Tutto questo è un peccato! In questo viaggio ci sono state
cose belle che è necessario trasmettere e invece alcuni non hanno trovato niente di
meglio da fare che alimentare polemiche. Polemiche, peraltro, che sono state gonfiate,
sovradimensionate rispetto al resto del contenuto di questo viaggio.
D.
– Qual è il messaggio che desidera trasmettere a questi media che hanno messo l’accento
solo su questi aspetti?
R. - Il faut que de plus
en plus l'Occident, les occidentaux ne croient pas qu'il n'y a qu'eux ... Diventa
sempre più necessario che l’Occidente e gli occidentali smettano di pensare che soltanto
loro siano depositari della verità, che soltanto quello che loro concepiscono come
modo di vedere e di fare, sia valido. A me è capitato di raccontare ad un media occidentale
che noi in Senegal abbiamo veramente esaminato il contesto culturale nel quale ci
troviamo: cristiani e musulmani. Dal 1995, su richiesta dell’allora presidente Abdou
Diouf, le due comunità religiose – cristiana e musulmana – si sono impegnate nella
lotta contro l’Aids. Abbiamo detto che avremmo potuto predicare, esortare in favore
dell’astinenza e della fedeltà e l’abbiamo fatto, sia i cristiani che i musulmani.
E se oggi il tasso di contagio dell’Aids rimane basso in Senegal, penso che sia grazie
alle comunità religiose che hanno insistito sulla morale e sui comportamenti morali.
Siccome non credo che il profilattico possa debellare l’Aids, penso che rimanga veramente
valido il nostro appello all’astinenza e alla fedeltà e quindi ai valori morali e
all’osservanza dei costumi sessuali. Anche se, forse, in alcuni Paesi dell’Africa
possono esserci delle difficoltà perché ci sono usanze diverse, in ogni caso è necessario
sapere che l’Africa è variegata e che ci sono delle società africane che conoscono
molto bene il concetto dell’astinenza, della fedeltà e che lo coltivano. E’ necessario
aiutarle a continuare a coltivarlo. Per quanto riguarda il mio Paese, temo che se
si iniziassero a distribuire dosi massicce di profilattici ai nostri giovani questo
non li aiuterebbe e sarebbe più difficile controllarsi e rimanere fedeli fino al matrimonio.
Ecco, ci sono anche questi aspetti negativi ai quali bisogna fare attenzione ma per
quanto riguarda i giovani non capisco perché sia necessario incoraggiarli ad usare
il profilattico in un contesto culturale come il mio, in Senegal. Penso che aiutare
la gente attraverso l’educazione, ad imparare lo sforzo di controllarsi, rimanga un
contributo valido per la prevenzione dell’Aids.
D.
– Cosa ha rappresentato per lei questa visita di Benedetto XVI, questa sua prima visita
nel continente africano, e quale ricordo conserverà in modo speciale?
R.
– Ce que je retiendrais c’est donc que le Pape, s’il a soulevé ces deux problèmes
… Quello che rimarrà nella mia mente è che se il Papa ha sollevato questi
due problemi dell’aborto e dei profilattici, forse è stato per ricordare sia a noi
africani e in special modo a noi vescovi d’Africa che pensare con la nostra testa
e per noi stessi è meglio; vivere il Vangelo ed i valori del Vangelo per promuoverli
da noi stessi, quei valori che ci sembrano sempre nostri. In ogni caso, io mi sono
impegnato a lavorare perché noi possiamo esprimerci e dimostrare che abbiamo modi
di vedere e di agire che sono validi, anche se sono diversi da quelli che alcuni propongono.
(Traduzione di Gloria Fontana)