La Chiesa in Libano lancia la Magna Charta dell'azione politica: intervista con mons.
Raï
Il vice-rappresentante in Libano dell'Autorità nazionale palestinese, Kamal Midhat,
è stato ucciso oggi in un attentato dinamitardo compiuto all'ingresso del campo profughi
di Miye Miye a sud di Beirut. Con lui sono morte quattro guardie del corpo. Sabato
scorso due esponenti di Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud
Abbas), erano rimasti uccisi in scontri a fuoco avvenuti all'interno del campo tra
esponenti di milizie rivali. Della situazione in Libano Fausta Speranza ha
parlato con mons. Béchara Raï, vescovo di Jbeil dei Maroniti in Libano:
R. – La crisi
rimane: una forte crisi socio-economica e politica. C’è stata un’iniziativa molto
importante, presentata dalla Chiesa del Libano. L’ha iniziata la Chiesa maronita e
poi l’hanno adottata tutte le Chiese: cattolica, ortodossa e protestante. Abbiamo
fatto uscire la “Magna Charta” dell’azione politica alla luce dell’insegnamento della
Chiesa e della specificità del Libano. Si tratta di un documento che consiste di tre
parti. La prima parte comprende i “principi”: il senso, il significato della politica;
il rapporto tra Chiesa e politica; come deve agire il cristiano che fa politica, come
uomo politico. E' tutto tratto dall’insegnamento della Chiesa. La seconda parte riguarda
la specificità del Libano come nazione, come patto nazionale, come esempio di convivenza;
e poi affronta la questione di come ri-edificare questo Paese. La terza parte comprende
gli articoli della “Magna Charta”. Noi speriamo di poter costruire, tramite questo
Documento, una nuova mentalità a livello politico; si tratta di una formazione per
tutti. Riprenderemo questo lavoro, ora, a livello dei mezzi di comunicazione sociale
con programmi, interviste, tavole rotonde continue e, poi, a livello pastorale e a
livello di contatti con le personalità politiche del Libano. Speriamo che con questa
formazione di coscienze e di menti la Chiesa riesca a far fare un grande passo avanti
per potere uscire dalla nostra crisi.
D. – Eccellenza,
proprio nei giorni scorsi si è insediato ufficialmente il Tribunale dell’Aja per il
Libano. L’obiettivo è quello di dare un nome ai responsabili dell’omicidio dell’ex
premier libanese Hariri, ucciso a Beirut il 14 febbraio 2005. Un gravissimo episodio
di violenza che pesa ancora sulla serenità e sulla situazione del Paese. Ci si aspetta
che questa iniziativa del Tribunale porti chiarezza: c’è speranza in questo senso?
R.
– Certo! Perché dal 1975 fino a quest’anno ci sono stati una trentina di omicidi di
uomini politici, musulmani e cristiani, di tutte le confessioni. Era stata proprio
una programmazione precisa, non un agire a caso: sono stati ammazzati una trentina
tra i migliori uomini politici cristiani e musulmani! Quindi, ci voleva un Tribunale
di carattere internazionale per porre fine a queste violenze che si compiono in Libano,
perché stiamo perdendo i nostri migliori uomini politici. Sì, c’è grande speranza
presso il popolo libanese, anche se – purtroppo – abbiamo pagato anche il prezzo dell’istituzione
di questo Tribunale perché c’è chi non lo vuole, c’è chi è dietro a tutti questi assassinii
e non sono persone casuali: no! C’è un maestro d’orchestra della violenza che sta
lavorando. Noi speriamo che si possa riuscire a trovare la radice. Temo soltanto una
cosa, ma questa è un’opinione personale: temo che ci si fermi agli esecutori, a quelli
che hanno materialmente eseguito il crimine, senza arrivare realmente alla fonte.
Se non andiamo alle radici della violenza, alla fonte, trovando chi programma e orchestra
questa catena di assassinii, saremo punto e a capo. Comunque, speriamo per il meglio.