2009-03-23 15:49:56

La Chiesa in Libano lancia la Magna Charta dell'azione politica: intervista con mons. Raï


Il vice-rappresentante in Libano dell'Autorità nazionale palestinese, Kamal Midhat, è stato ucciso oggi in un attentato dinamitardo compiuto all'ingresso del campo profughi di Miye Miye a sud di Beirut. Con lui sono morte quattro guardie del corpo. Sabato scorso due esponenti di Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas), erano rimasti uccisi in scontri a fuoco avvenuti all'interno del campo tra esponenti di milizie rivali. Della situazione in Libano Fausta Speranza ha parlato con mons. Béchara Raï, vescovo di Jbeil dei Maroniti in Libano:RealAudioMP3

R. – La crisi rimane: una forte crisi socio-economica e politica. C’è stata un’iniziativa molto importante, presentata dalla Chiesa del Libano. L’ha iniziata la Chiesa maronita e poi l’hanno adottata tutte le Chiese: cattolica, ortodossa e protestante. Abbiamo fatto uscire la “Magna Charta” dell’azione politica alla luce dell’insegnamento della Chiesa e della specificità del Libano. Si tratta di un documento che consiste di tre parti. La prima parte comprende i “principi”: il senso, il significato della politica; il rapporto tra Chiesa e politica; come deve agire il cristiano che fa politica, come uomo politico. E' tutto tratto dall’insegnamento della Chiesa. La seconda parte riguarda la specificità del Libano come nazione, come patto nazionale, come esempio di convivenza; e poi affronta la questione di come ri-edificare questo Paese. La terza parte comprende gli articoli della “Magna Charta”. Noi speriamo di poter costruire, tramite questo Documento, una nuova mentalità a livello politico; si tratta di una formazione per tutti. Riprenderemo questo lavoro, ora, a livello dei mezzi di comunicazione sociale con programmi, interviste, tavole rotonde continue e, poi, a livello pastorale e a livello di contatti con le personalità politiche del Libano. Speriamo che con questa formazione di coscienze e di menti la Chiesa riesca a far fare un grande passo avanti per potere uscire dalla nostra crisi.

 
D. – Eccellenza, proprio nei giorni scorsi si è insediato ufficialmente il Tribunale dell’Aja per il Libano. L’obiettivo è quello di dare un nome ai responsabili dell’omicidio dell’ex premier libanese Hariri, ucciso a Beirut il 14 febbraio 2005. Un gravissimo episodio di violenza che pesa ancora sulla serenità e sulla situazione del Paese. Ci si aspetta che questa iniziativa del Tribunale porti chiarezza: c’è speranza in questo senso?

 
R. – Certo! Perché dal 1975 fino a quest’anno ci sono stati una trentina di omicidi di uomini politici, musulmani e cristiani, di tutte le confessioni. Era stata proprio una programmazione precisa, non un agire a caso: sono stati ammazzati una trentina tra i migliori uomini politici cristiani e musulmani! Quindi, ci voleva un Tribunale di carattere internazionale per porre fine a queste violenze che si compiono in Libano, perché stiamo perdendo i nostri migliori uomini politici. Sì, c’è grande speranza presso il popolo libanese, anche se – purtroppo – abbiamo pagato anche il prezzo dell’istituzione di questo Tribunale perché c’è chi non lo vuole, c’è chi è dietro a tutti questi assassinii e non sono persone casuali: no! C’è un maestro d’orchestra della violenza che sta lavorando. Noi speriamo che si possa riuscire a trovare la radice. Temo soltanto una cosa, ma questa è un’opinione personale: temo che ci si fermi agli esecutori, a quelli che hanno materialmente eseguito il crimine, senza arrivare realmente alla fonte. Se non andiamo alle radici della violenza, alla fonte, trovando chi programma e orchestra questa catena di assassinii, saremo punto e a capo. Comunque, speriamo per il meglio.







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