Concluso il viaggio in Africa. Benedetto XVI: per ridare speranza al continente la
prima sfida da vincere è quella della solidarietà
Il viaggio del Papa in Africa si è concluso. Stamani la cerimonia di congedo all’aeroporto
di Luanda. Benedetto XVI ha detto di aver trovato una Chiesa viva, nonostante le difficoltà,
che continua ad annunciare che è arrivato il tempo della speranza. Quindi ha lanciato
un nuovo appello perché i responsabili lavorino per realizzare le giuste aspirazioni
delle popolazioni alla pace, al cibo, alla casa. “Per arrivare a dare una risposta
concreta a questi nostri fratelli in umanità – ha detto - la prima sfida da vincere
è quella della solidarietà: solidarietà fra le generazioni, solidarietà fra le Nazioni
e tra i Continenti che generi una sempre più equa condivisione delle risorse della
terra fra tutti gli uomini”. L’arrivo di Benedetto XVI a Roma (aeroporto di Ciampino)
è previsto per le 18.00 di oggi. Ecco il discorso integrale del Papa.
Eccellentissimo
Signor Presidente della Repubblica, Illustrissime Autorità civili, militari
ed ecclesiastiche, Cari fratelli e sorelle in Cristo, Amici tutti
di Angola! Vivamente sensibile alla presenza di Vostra Eccellenza,
Signor Presidente, in quest’ora della mia partenza, voglio esprimerLe il mio apprezzamento
e la mia gratitudine tanto per il distinto trattamento che mi ha riservato quanto
per le disposizioni prese per facilitare lo svolgimento dei diversi incontri che ho
avuto la gioia di vivere. Sia alle Autorità civili e militari che ai Pastori e ai
responsabili delle comunità ed istituzioni ecclesiali coinvolte nei suddetti incontri,
rivolgo i più cordiali ringraziamenti per ogni gentilezza con cui hanno voluto onorare
la mia persona durante questi giorni che ho potuto passare tra voi. Una parola di
riconoscenza è dovuta agli operatori dei mezzi di comunicazione sociale, agli agenti
dei servizi di sicurezza e a tutti i volontari che, con generosità, efficienza e discrezione,
hanno contribuito al buon esito della mia visita. Ringrazio
Iddio di aver trovato una Chiesa viva e, nonostante le difficoltà, piena di entusiasmo,
che ha saputo prendere sulle spalle la sua croce e quella altrui, rendendo testimonianza
davanti a tutti della forza salvifica del messaggio evangelico. Essa continua ad annunziare
che è arrivato il tempo della speranza, impegnandosi nella pacificazione degli animi
e invitando all’esercizio di una carità fraterna che sappia aprirsi alla accoglienza
di tutti, nel rispetto delle idee e sentimenti di ciascuno. È ora di
congedarmi e di ripartire alla volta di Roma, rattristato per dovervi lasciare, ma
contento di aver conosciuto un popolo coraggioso e deciso a rinascere. Nonostante
le resistenze e gli ostacoli, questo popolo intende edificare il suo futuro camminando
per sentieri di perdono, giustizia e solidarietà. Se
mi è permesso rivolgere qui un appello finale, vorrei chiedere che la giusta realizzazione
delle fondamentali aspirazioni delle popolazioni più bisognose costituisca la preoccupazione
principale di coloro che ricoprono le cariche pubbliche, poiché la loro intenzione
– sono certo – è quella di svolgere la missione ricevuta non per se stessi ma in vista
del bene comune. Il nostro cuore non può darsi pace finché ci sono fratelli che soffrono
per mancanza di cibo, di lavoro, di una casa o di altri beni fondamentali. Per arrivare
a dare una risposta concreta a questi nostri fratelli in umanità, la prima sfida da
vincere è quella della solidarietà: solidarietà fra le generazioni, solidarietà fra
le Nazioni e tra i Continenti che generi una sempre più equa condivisione delle risorse
della terra fra tutti gli uomini. E da Luanda allargo lo sguardo
verso l’Africa intera, dandole appuntamento per il prossimo mese di ottobre nella
Città del Vaticano, quando ci raduneremo per la II Assemblea Speciale del Sinodo dei
Vescovi dedicata a questo Continente, dove il Verbo incarnato in persona ha trovato
rifugio. Prego ora Iddio di fare sentire la sua protezione ed aiuto ai
rifugiati ed espatriati senza numero che vagano nella attesa di un ritorno alla propria
casa. Il Dio del cielo ripete loro: «Anche se la mamma si dimenticasse
di te, Io invece non ti dimenticherò mai» (cfr Is 49, 15). È come figli e figlie che
Dio vi ama; Egli veglia sui vostri giorni e sulle vostre notti, sulle vostre fatiche
e aspirazioni. Fratelli e amici di Africa, carissimi angolani,
coraggio! Non vi stancate di far progredire la pace, compiendo gesti di perdono e
lavorando per la riconciliazione nazionale, affinché mai la violenza prevalga sul
dialogo, la paura e lo scoraggiamento sulla fiducia, il rancore sull’amore fraterno.
E ciò sarà possibile se vi riconoscerete a vicenda quali figli dello stesso e unico
Padre del Cielo. Dio benedica l’Angola! Benedica ognuno dei suoi figli
e figlie! Benedica il presente e il futuro di questa amata Nazione. Addio!