Nigeria: la preghiera al centro del dialogo tra cristiani e musulmani
Le violenze che da oltre 20 anni insanguinano la Nigeria non vanno lette in chiave
religiosa quanto piuttosto in chiave etnica, sostiene mons. John Onaiyekan, arcivescovo
di Abuja, in un'intervista rilasciata ad “Oasis”. “La Nigeria - sottolinea il presule
– non è un paradiso, ma non è neppure l'inferno che viene descritto da certi media.
In Occidente arrivano solo le notizie relative alle violenze e ai problemi, ma non
quelle che raccontano la vita di tutti i giorni, di condivisione nelle varie vicende
quotidiane”. “Si dovrebbe sapere che ad Abuja viviamo in una pace relativa tra comunità
di religioni diverse – aggiunge –. Che nei periodi delle feste religiose c'è un vero
scambio e un reciproco coinvolgimento e rispetto tra comunità”. “Si dovrebbe sapere
che noi cristiani siamo liberi di manifestare pubblicamente la nostra fede, come lo
sono i musulmani”. In Nigeria – afferma poi l’arcivescovo - “l'origine della violenza
non si può rintracciare nella diversa appartenenza religiosa, ma in quella etnica”,
che spesso "precede" l'appartenenza religiosa. A favorire questo clima di scambio
e dialogo è stato soprattutto il Consiglio per gli Affari Religiosi nigeriano, composto
da 25 personalità del mondo musulmano e 25 della comunità cristiana. “Tempo fa, in
occasione delle nostre riunioni, facevamo due preghiere, una cristiana e una musulmana
sia all'inizio che alla fine. Ora invece abbiamo scelto di fare una sola preghiera
all'inizio e una alla fine, rispettivamente cristiana e musulmana, o viceversa”. “Questa
pratica lascia intendere che, quando preghiamo, la nostra preghiera abbraccia tutti.
Il fedele - che sia cristiano o musulmano - quando prega, prega per tutti. Non preghiamo
"insieme", ma uno accanto all'altro, abbracciando però tutti”. Cristiani e musulmani
– rende noto l’agenzia Zenit - si impegnano inoltre in programmi condivisi a favore
del bene comune, come la battaglia contro l'Aids o contro la malaria. “Collaboriamo
su questioni concrete – sottolinea mons. John Onaiyekan - perché quando ci troviamo
di fronte ai bisogni fondamentali dell'uomo, le differenze tra di noi vengono meno”.
(A.L.)