Mons. Rocha critica le distorsioni giornalistiche sul caso della bambina violentata
Il presidente della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (CNBB), mons. Geraldo
Lyrio Rocha, ha affermato che il caso della bambina violentata nello Stato del Pernambuco
non si può ridurre alla questione della scomunica. La piccola, di nove anni, è stata
stuprata per lungo tempo dal patrigno nella città di Alagoinha. E' rimasta incinta
di due gemelli e ha interrotto la gravidanza. Secondo quanto reso noto dalla sala
stampa della CNBB, - riferisce l'agenzia Zenit - monsignor Lyrio ha espresso, a Brasilia,
il suo dolore per l'accaduto. L'organismo episcopale ha anche diffuso una nota sulla
questione. “Penso alla situazione della madre di questa bambina e agli altri familiari
– ha osservato mons. Lyrio - E' una sofferenza enorme, un'umiliazione che una bambina
sia sfruttata sessualmente dal patrigno dai sei anni di età. E' una cosa ripugnante
- ha aggiunto il presule - e mi lascia perplesso il fatto che questo aspetto così
orribile si sia diluito di fronte alla storia della scomunica, che comunque deve essere
trattata. Ridurre tuttavia una problematica di questa portata solo all'episodio della
storia della scomunica vuol dire svuotare una questione sulla quale la coscienza nazionale
deve essere risvegliata”. Secondo la sala stampa della CNBB, mons. Lyrio ha chiarito
che la scomunica non è sinonimo di condanna all'inferno, ma si tratta di un atto disciplinare
della Chiesa. “La scomunica esiste per richiamare l'attenzione sulla gravità dell'atto
– ha specificato – L'aborto comporta questa pena perché si sta diluendo la gravità
di questa azione anche tra i cristiani. Chi viola questo, si pone al di fuori della
comunione ecclesiale”. Secondo il presidente della CNBB, lo stupro non è punito con
la scomunica perché già tutti sono consapevoli che si tratta di un atto ripugnante.
"Per l'aborto è diverso, per questo la scomunica non serve solo a punire, ma fa anche
sì che chi ha effettuato l'atto possa percepirne la gravità e cercare la riconciliazione”.
Sul caso è intervenuto anche il segretario generale della CNBB, mons. Dimas Lara.
Egli ha spiegato che l'Arcivescovo di Olinda e Recife, mons. José Cardoso Sobrinho,
“non ha scomunicato nessuno”, limitandosi a ricordare una norma esistente nel Diritto
Canonico. “Questo tipo di pena – ha spiegato mons. Lara - è previsto in alcuni casi
particolari, come la profanazione del Santissimo Sacramento o il caso del sacerdote
che rivela un segreto di confessione, in cui la persona, per il semplice fatto di
commettere questo tipo di atto, si pone al di fuori della comunione della Chiesa”.
Si chiama scomunica latae sententiae. Mons. Lara ha detto che per incorrere nella
scomunica la persona deve essere consapevole della gravità dell'atto e deve avere
la libertà per porlo in essere. Il segretario generale ha ricordato poi che la Chiesa
considera l'aborto un atto grave, soprattutto per quanti lo praticano coscientemente,
è il caso di coloro che “effettuano l'aborto con coscienza” e delle “cliniche abortive
che non sono in comunione con il pensiero cristiano in difesa della vita”. Il prelato
ha anche ribadito che la bambina violentata non è incorsa nella scomunica. “Credo
che questo valga anche per sua madre perché ha agito sotto pressione”, ha aggiunto.
(A.M.)