2009-03-18 16:26:54

Thailandia: continua l'opera dei missionari nonostante la guerra civile


In Thailandia le violenze tra esercito e la guerriglia indipendentista islamica nelle province di Narathiwat, Pattani e Yala stanno rendendo sempre difficile anche la presenza della Chiesa in questa parte del Paese. A riferirlo all’agenzia Ucan sono gli unici due sacerdoti presenti nella regione a maggioranza musulmana, il salesiano belga don Gustav Roosens e padre Suksan Chaopaaknam. L'insurrezione separatista, guidata dal Fronte Rivoluzionario Nazionale (BRN), è scoppiata nel 2004 e ha causato più di 3.300 vittime, tra soldati, poliziotti ed anche civili buddisti e musulmani. Anche l’esercito governativo è implicato in gravi abusi contro i civili. Questo clima violenza e di insicurezza - spiega don Roosens, che lavora come missionario in Thailandia da 53 anni, di cui 20 a Pattani - sta ostacolando l’opera pastorale. Oggi nelle tre province sono rimasti appena 400 fedeli, distribuiti in due parrocchie. Gli altri sono fuggiti. Per assisterli l’anziano missionario deve fare molti spostamenti che sono però rischiosi, come evidenzia anche il giovane confratello padre Suksan Chaopaaknam che non nasconde le sue paure: “Viaggio solo di giorno – spiega – perché ho paura e sono isolato dai miei confratelli”. L'indipendentismo islamico nelle province musulmane del sud, abitate da popolazione di origine malese, è un fenomeno che risale al 1786, quando il Regno buddista del Siam, l'antico nome della Thailandia, conquistò queste regioni, ponendo fine a secoli di indipendenza del Sultanato Islamico di Pattani, che comprendeva le attuali province al confine con la Malesia. (L.Z.)







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