Si è dimesso il presidente del Madagascar, dopo il colpo di Stato militare. Ieri un
numero imprecisato di soldati, con l'appoggio di due blindati, hanno preso il controllo
del palazzo presidenziale nella capitale, senza incontrare resistenza. Il servizio
di Fausta Speranza:
Prima l’annuncio
da parte di diplomatici, poi, proprio poco fa, la conferma del portavoce del capo
di stato: il presidente del Madagascar, Ravalomanana, ha dato le dimissioni e ha consegnato
il potere ai militari. Con un’ordinanza ha trasferito i suoi poteri a un “direttorio
militare”. Poche ore prima il leader dell'opposizione del Madagascar, Rajoelina, aveva
annunciato le dimissioni di otto dei ministri legati al presidente. Ad ascoltarlo
circa diecimila persone. Dopo il blitz militare, il presidente si era asserragliato
nel palazzo a circa dieci km dalla capitale ma ha poi desistito dal proposito di resistere
fino all’ultimo. I militari hanno preso tempo per evitare uno spargimento di sangue.
Il colpo di Stato militare è arrivato ieri dopo un lungo braccio di ferro tra il presidente
e il capo dell’opposizione che nei giorni scorsi era stato accolto dall’ONU per motivi
di sicurezza. Rajoelina, 36 anni, ex sindaco di Antananarivo, si è fatto portavoce
delle frustrazioni e delle proteste popolari scatenate alla fine di gennaio dal rialzo
dei prezzi. Dall'inizio della crisi sono state più di cento le vittime delle violenze
nel Paese.
Ma quali i motivi reali alla base della crisi in Madagascar?
Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Domenico Quirico, esperto di Africa
del quotidiano “La Stampa”:
R. - È probabilmente
il primo caso di una crisi politica di queste dimensioni, innescata da un fenomeno
nuovo, ma che sta dilagando nel terzo mondo ovvero sia la colonizzazione agricola,
da parte di Paesi del petrolio e di grandi società multinazionali, di intere parti
del territorio e di Paesi del terzo mondo, dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina.
Il presidente Ravalomanana, che è un grande affarista e il suo impero economico è
sostanzialmente basato sull’agro alimentare, ha affittato un milione di ettari del
territorio del Madagascar alla sudcoreana Daewoo. Questo ha scatenato un rigurgito
di nazionalismo in un Paese, già fortemente deluso dalle sue promesse di sviluppo
economico che non si sono verificate. Su questo, si è innescato un fenomeno nuovo:
l’oppositore pensava probabilmente di guadagnare la partita muovendo la piazza, ma
su questa sua rivoluzione si è innescato un golpe militare. D.
- Il Madagascar non rischia di essere schiacciato ulteriormente da questa instabilità
politica? R. - Questo è ovvio ma è quello che succede in tutti
i Paesi africani, dove si stanno verificando dei fenomeni dei quali ho l’impressione
che l’Occidente non si sia o non voglia ancora rendersi conto. C’è stato un moltiplicarsi
di colpi di Stato militari in questi ultimi tempi in Africa, non si tratta di un fenomeno
occasionale. C’è un bottino su cui si è scatenata una grande lotta, cioè il petrolio,
le materie prime - parlo del Congo, della Guinea, ecc. L’Africa è certamente altro,
ma se non si entra nella logica di capire cosa significa oggi la politica in Africa,
che è spesso tragedia, allora si finisce per nuocere a coloro che si vogliono aiutare,
cioè le popolazioni africane. L’Africa è ostaggio di questa grande battaglia per la
ricchezza e per il potere.