India: per mons. Dabre solo la politica del perdono può sconfiggere il terrorismo
Mons. Thomas Dabre, vescovo di Vasai e presidente della Commissione per la teologia
e la dottrina della Conferenza episcopale indiana (Cbci), è certo che per rispondere
ad un “fenomeno molto complesso” e “diabolico” come il terrorismo non c’è altra strada
che “la politica del perdono”. Egli si rifà ad una frase di Giovanni Paolo II: “Non
c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono” (Messaggio per la giornata
mondiale della pace 2002). Intervenendo ad un simposio dedicato alla dottrina sociale
della Chiesa sulla civilizzazione e la pace, mons. Dabre ha affermato che l’ondata
di violenze che ha colpito il Paese è “l’espressione di una mentalità nichilista”
che “colpisce gli indifesi e gli innocenti” e che si manifesta come “rifiuto e distruzione
della vita”. Il presule ha ricordato gli attentati di Mumbai nel novembre 2008; le
sette bombe sui treni della città nel 2006, che causarono la morte di oltre 200 persone,
tra le quali 62 fedeli della diocesi di Vasai. A questi, ha affiancato i pogrom anti-cristiani
in Orissa, gli attentati esplosivi di Malegaon e gli scontri tra indù e musulmani
a Godhra, tutte violenze compiute in nome della religione. Per il vescovo di Vasai
- riferisce l'agenzia AsiaNews - non ci si può fermare alla semplice condanna di questi
fatti. “Ciò che serve è un impegno specifico a livello politico ed educativo” per
affrontare alla radice “le cause culturali e sociali del terrorismo”. La sconfitta
dei terroristi, che “considerano la vita umana come un oggetto di cui disporre a piacimento”,
non è compito solo delle istituzioni, ma è una responsabilità a cui invitare tutti.
Per il vescovo di Vasai tutti hanno davanti agli occhi esempi in cui convivono fermezza
e perdono. Mons. Dabre cita Giovanni Paolo II: deciso nell’affermare che “il terrorismo
deve essere condannato nel modo più assoluto” e nello stesso tempo capace di perdonare
il suo attentatore Ali Agca, per quanto aveva compiuto. La “promozione del perdono”
deve essere un compito sentito soprattutto dalle comunità religiose. Per questo il
vescovo ha indicato nel dialogo interreligioso uno strumento prezioso per riaffermare
la cultura della pace, riscoprire il “senso di unità della famiglia umana” e favorire
lo “spirito di solidarietà” che è alla base della convivenza tra le tante culture
e tradizioni che popolano l’India. (R.P.)