Tre giorni di preghiera a Roma per i martiri cristiani di oggi
“In Memoriam Martyrum”: questo il titolo del Convegno che si è aperto stamani a Roma,
organizzato dall’opera “Aiuto alla Chiesa che soffre”. Tre giorni di preghiera e
riflessione sul significato del martirio cristiano nel nostro tempo, accompagnati
anche da una mostra sui martiri ed i totalitarismi moderni. L’apertura dei lavori
è coincisa con l’anniversario della morte di mons. Paulos Faraj Rahho, arcivescovo
di Mosul dei Caldei, rapito il 29 febbraio 2008 e ritrovato morto 13 giorni dopo.
Il servizio di Isabella Piro:
“Un atto
di disumana violenza”: così il Papa definì, un anno fa, la morte di mons. Rahho. L’arcivescovo
di Mosul dei Caldei era stato rapito alla fine di febbraio, proprio al termine della
celebrazione della Via Crucis. Il 13 marzo 2008, il suo corpo era stato ritrovato
senza vita nei dintorni di Mosul. Ecco come lo ricorda don Renato Sacco,
responsabile per l’Iraq di Pax Christi: “L’ultima
volta l’ho visto l’anno scorso, un mese prima della sua morte. Era un uomo mite e
nello stesso tempo scherzoso. L’ultima volta che ci siamo salutati, gli ho detto:
'Ma adesso com’è a Mosul?'. E lui, con tono un po’ scherzoso, mi disse: 'Eh, vieni,
vedi!'. Credo sia importante ricordarlo insieme ai cristiani uccisi in questi ultimi
anni – sono 710, quelli di cui si conosce il nome. Poi ci sono tutti gli altri anonimi,
che conosce solo il Signore”. Domani, nella chiesa di San Paolo
a Mosul, il vicario patriarcale di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, celebrerà una Messa
in suffragio di mons. Rahho. Il rito prevede anche la traslazione della salma dell’arcivescovo,
per sua espressa volontà testamentaria, nella parte destra della chiesa, dove abitualmente
prende posto il coro dei giovani. Ma ad un anno dalla morte di mons.
Rahho, come è cambiato l’Iraq? Ancora don Renato Sacco: “La
prospettiva del ritiro delle truppe americane, le elezioni, la spartizione del potere
fanno cambiare un po’ l’assetto. Resta la fatica, soprattutto dei profughi, resta
anche il grosso interrogativo della presenza cristiana. Il rischio che non ci sia
più una presenza cristiana sarebbe un grave impoverimento per tutti”. Il
primo anniversario della scomparsa di mons. Rahho è concisa con l’apertura del convegno
“In Memoriam Martyrum”, presso la Pontificia Università della Santa Croce. Voluto
da “Aiuto alla Chiesa che soffre” (Acs), l’incontro intende ricordare coloro che hanno
versato il sangue per amore di Cristo. Nei tre giorni di lavori, si alternano momenti
di preghiera, testimonianze dirette e riflessioni. Domenica, in chiusura, il concerto
della “Passione secondo Giovanni” di Bach. Ascoltiamo mons. Sante Babolin,
presidente di Acs-Italia: “Il titolo, che è in
latino ed è 'in memoriam', con l’accusativo, indica movimento, il ché significa che
questa iniziativa non sarà l’unica. E’ l’inizio di iniziative di questo tipo che si
ripeteranno ogni anno”. Momento centrale del convegno è la mostra
“Sia che viviate sia che moriate. Martiri e totalitarismi moderni”. Un modo per sottolineare
che, anche nel XXI secolo, la Chiesa continua a contare nuove vittime. Ancora mons.
Babolin:
“Questo è il punto centrale, cioè l’eventualità
del martirio è parte essenziale della vocazione cristiana. Perché più volte Gesù nel
Vangelo dice: ‘Chi vuole essere mio discepolo, rinneghi se stesso, prenda la sua croce
e mi segua’. Vuol dire accettare questa eventualità di dover dare la vita per Cristo,
perché se devo scegliere tra vivere e rinnegare la mia fede, se sono un discepolo
vero di Gesù darò la vita per lui perché la grazia – come dice il Salmo – vale più
della vita”. Secondo il Rapporto 2008 di Acs, sono oltre 60
i Paesi del mondo in cui si registrano gravi violazioni della libertà religiosa: basti
citare l’Iraq, l’India, la Cina e la Nigeria, specialmente negli Stati in cui vige
la sharia. Ma come far comprendere oggi, soprattutto ai giovani, il valore del martirio?
Mons. Babolin:
“Penso che i giovani lo capiscano se
si illustra il martirio come un atto d’amore supremo”.