Il commento di padre Lombardi alla Lettera del Papa
Ascoltiamo ora il commento del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico
Lombardi, sulla Lettera del Papa:
La “Lettera
ai Vescovi della Chiesa Cattolica a proposito della remissione della scomunica ai
quattro vescovi ordinati dall’Arcivescovo Lefebvre” è un documento davvero inconsueto
e degno della massima attenzione. Mai come in questo caso finora durante il suo Pontificato
Benedetto XVI si era espresso in un modo così personale ed intenso su un argomento
dibattuto. Non vi è dubbio che la Lettera sia sua dalla prima parola all’ultima.
Il
Papa ha vissuto la vicenda del gesto di remissione della scomunica e delle reazioni
che ne sono seguite con evidente partecipazione e sofferenza. Parla di “una discussione
di una veemenza quale da molto tempo non si era più sperimentata”, e si sente tenuto
ad intervenire per “contribuire alla pace nella Chiesa”, che vede turbata.
Con
la consueta lucidità ed umiltà riconosce limiti e sbagli che hanno influito negativamente
sulla vicenda, e con grande nobiltà non ne attribuisce ad altri la responsabilità,
manifestandosi solidale con i suoi collaboratori. Parla di informazione insufficiente
a proposito del caso Williamson e di non sufficiente chiarezza nella presentazione
del provvedimento di remissione della scomunica e del suo significato.
Il
fatto paradossale che da un gesto che vuol essere di misericordia e riconciliazione
sia nata invece una situazione di acute tensioni obbliga infatti a interrogarsi per
discernere quali atteggiamenti spirituali si siano manifestati e siano all’opera in
questa vicenda.
Il criterio primo su cui il Papa
chiede di riflettere è il comando della riconciliazione con il “fratello che ha qualcosa
contro di te”, che il Signore esprime nel Discorso della Montagna. Le domande del
Papa si fanno incalzanti, animate da una vivissima preoccupazione per l’unità. Non
perdono il senso del realismo, poiché ricordano anche i gravi difetti di tante espressioni
dei tradizionalisti, ma uguale realismo critico il Papa sente di dover conservare
nei confronti di membri della Chiesa e della società che sembrano opporsi con irriducibile
intransigenza ad ogni sforzo di riconciliazione o anche solo di riconoscimento di
elementi positivi nell’altro. Il realismo spirituale raggiunge il culmine nell’evocazione
delle parole di San Paolo ai Galati in cui li ammonisce di “non mordersi e divorarsi
a vicenda”.
Aldilà degli errori o delle disavventure,
che vanno riconosciuti lealmente e superati per quanto possibile, aldilà di una prudenza
umana attenta ad evitare di toccare punti critici, il Papa ci riporta dunque con decisione
e coraggio al Vangelo come criterio fondamentale e ultimo, non solo della vita cristiana
ed ecclesiale, ma anche del suo governo della Chiesa. Perché solo da una comune conversione
a questo Vangelo possiamo attenderci il superamento delle divisioni, come pure la
comprensione della convergenza profonda di Tradizione e Concilio. Alla fine comprendiamo
che il nostro Papa, esponendosi in prima persona anche nelle situazioni di crisi,
ci guida a ritrovare il punto essenziale, più profondo e radicale, da cui riprendere
il cammino.