2009-03-12 12:00:04

Il commento di padre Lombardi alla Lettera del Papa


Ascoltiamo ora il commento del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, sulla Lettera del Papa:RealAudioMP3

La “Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica a proposito della remissione della scomunica ai quattro vescovi ordinati dall’Arcivescovo Lefebvre” è un documento davvero inconsueto e degno della massima attenzione. Mai come in questo caso finora durante il suo Pontificato Benedetto XVI si era espresso in un modo così personale ed intenso su un argomento dibattuto. Non vi è dubbio che la Lettera sia sua dalla prima parola all’ultima.

 
Il Papa ha vissuto la vicenda del gesto di remissione della scomunica e delle reazioni che ne sono seguite con evidente partecipazione e sofferenza. Parla di “una discussione di una veemenza quale da molto tempo non si era più sperimentata”, e si sente tenuto ad intervenire per “contribuire alla pace nella Chiesa”, che vede turbata.

 
Con la consueta lucidità ed umiltà riconosce limiti e sbagli che hanno influito negativamente sulla vicenda, e con grande nobiltà non ne attribuisce ad altri la responsabilità, manifestandosi solidale con i suoi collaboratori. Parla di informazione insufficiente a proposito del caso Williamson e di non sufficiente chiarezza nella presentazione del provvedimento di remissione della scomunica e del suo significato.

 
Il fatto paradossale che da un gesto che vuol essere di misericordia e riconciliazione sia nata invece una situazione di acute tensioni obbliga infatti a interrogarsi per discernere quali atteggiamenti spirituali si siano manifestati e siano all’opera in questa vicenda.

 
Il criterio primo su cui il Papa chiede di riflettere è il comando della riconciliazione con il “fratello che ha qualcosa contro di te”, che il Signore esprime nel Discorso della Montagna. Le domande del Papa si fanno incalzanti, animate da una vivissima preoccupazione per l’unità. Non perdono il senso del realismo, poiché ricordano anche i gravi difetti di tante espressioni dei tradizionalisti, ma uguale realismo critico il Papa sente di dover conservare nei confronti di membri della Chiesa e della società che sembrano opporsi con irriducibile intransigenza ad ogni sforzo di riconciliazione o anche solo di riconoscimento di elementi positivi nell’altro. Il realismo spirituale raggiunge il culmine nell’evocazione delle parole di San Paolo ai Galati in cui li ammonisce di “non mordersi e divorarsi a vicenda”.

 
Aldilà degli errori o delle disavventure, che vanno riconosciuti lealmente e superati per quanto possibile, aldilà di una prudenza umana attenta ad evitare di toccare punti critici, il Papa ci riporta dunque con decisione e coraggio al Vangelo come criterio fondamentale e ultimo, non solo della vita cristiana ed ecclesiale, ma anche del suo governo della Chiesa. Perché solo da una comune conversione a questo Vangelo possiamo attenderci il superamento delle divisioni, come pure la comprensione della convergenza profonda di Tradizione e Concilio. Alla fine comprendiamo che il nostro Papa, esponendosi in prima persona anche nelle situazioni di crisi, ci guida a ritrovare il punto essenziale, più profondo e radicale, da cui riprendere il cammino.







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