2009-03-12 15:25:46

Darfur: rapiti tre operatori di Medici Senza Frontiere


Tre operatori di "Medici Senza Frontiere", un italiano, un canadese e un francese, sono stati rapiti nella regione sudanese del Darfur. Le autorità locali confermano che i cooperanti sono vivi e stanno bene, mentre la diplomazia è al lavoro per la loro liberazione. Da parte sua, "Medici Senza Frontiere" annuncia il ritiro della quasi totalità del suo personale dalla provincia. Il servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3

Intorno alle 19.00 ore locali di ieri sera un gruppo armato ha fatto irruzione nella sede della sezione belga di "Medici Senza Frontiere" a Saraf Umra – località nel nord della regione sudanese del Darfur - prelevando tre stranieri e due componenti dello staff locale dell’organizzazione. Gli operatori sudanesi sono stati liberati nella notte. Rimangono quindi nelle mani dei sequestratori un infermiere canadese e due medici, un francese e un italiano. La richiesta del riscatto è stata consegnata ai due cooperanti rilasciati, ma al momento non è stato ancora reso noto quanto sia il denaro richiesto. Ignote anche eventuali altre motivazioni del sequestro. Le diplomazie dei Paesi d’origine dei tre volontari mantengono infatti lo stesso riserbo sull’evoluzione del rapimento. Il Ministero degli esteri italiano, che è in continuo contatto con i familiari del rapito, ha spiegato che la linea del silenzio serve a non compromettere tutta l’attività già messa in piedi per una soluzione positiva del caso. Intanto, ai tre cooperanti è stato concesso di telefonare ai loro colleghi, ai quali hanno confermato la buona condizione fisica. Secondo il portavoce di Msf Italia, la sezione belga dell’organizzazione non era ancora stata colpita dall’ordine d'espulsione nei confronti delle Ong, emanato dal governo sudanese dopo che la Corte Penale dell'Aja aveva ordinato l'arresto del presidente Omar el-Bashir per i crimini di guerra in Darfur. Dal 5 marzo, Khartoum ha infatti espulso 13 organizzazioni. Oltre 180 i cooperanti stranieri che hanno abbandonato il tormentato Paese in questi giorni.
 
Condannato il giornalista iracheno che aveva lanciato una scarpa contro Bush
È giunta oggi la condanna a tre anni per il giornalista iracheno che lanciò le sue scarpe all’allora presidente americano Bush nel corso di una conferenza stampa a Baghdad lo scorso dicembre. Il reporter, che rischiava 15 anni, ha annunciato ricorso. E ieri a sole due settimane dalla sua assoluzione in un altro processo, è arrivata la prima condanna per Tareq Aziz, ex braccio destro di Saddam Hussein. Per lui i giudici hanno deciso 15 anni di prigione, al termine di un processo in cui sono state emesse anche due condanne a morte e un ergastolo.

Il ministro della Difesa Usa: in futuro molto più prudenti sulle guerre preventive
Gli Stati Uniti saranno “senza dubbio” più prudenti nel lanciare in futuro guerre di tipo preventivo come quella lanciata nei confronti dell'Iraq. Lo ha detto in serata a Washington il ministro della Difesa, Robert Gates, intervistato dalla emittente pubblica Pbs. “La lezione per gli errori commessi per quanto riguarda la presenza (in Iraq) di armi di distruzione di massa, e altre cose che sono successe, fanno sì che il nuovo presidente sarà molto, molto prudente sullo scoppio di una guerra di questo tipo o al credito da dare alle informazioni avute dai servizi segreti”, ha detto Gates rispondendo a una domanda dell'intervistatore circa la decisione dell'allora presidente George W. Bush di invadere l'Iraq, perchè informato della presenza di armi di distruzione di massa.

Pakistan
Il presidente pachistano Asif Ali Zardari è rientrato ieri sera ad Islamabad dall'Iran per seguire la crisi provocata dalla decisione dell'ex premier Nawaz Sharif di avviare oggi una "Lunga Marcia" dell'opposizione da Karachi a Islamabad. La marcia ha preso il via stamane a Karachi guidata dai fedeli dell'ex premier Sharif, fra cui numerosi avvocati e giuristi. Prima della partenza del corteo, la polizia ha arrestato oltre 30 persone. Obiettivo dell’iniziativa è chiedere al presidente Ali Zardari di rispettare la promessa di restituire le cariche a numerosi giudici destituiti dall'ex presidente Parvez Musharaf.

Striscia di Gaza
Nuovo raid aereo dell'aviazione israeliana stamattina nel sud della Striscia di Gaza, dove sono stati colpiti ancora una volta i tunnel del contrabbando nella zona di Rafah, al confine con l'Egitto. Lo riferisce un portavoce militare, precisando che gli obiettivi centrati sono stati identificati e che al momento non si registrano vittime. L'azione rappresenta una risposta all'ultima serie di lanci di razzi Qassam contro Israele, compiuti ieri dalla Striscia - Territorio palestinese in mano da oltre un anno e mezzo ai radicali di Hamas - da parte di milizie islamiche locali. Dal 18 gennaio scorso, data d'interruzione delle operazioni militari israeliane dell'offensiva "Piombo Fuso" - dopo 22 giorni di guerra e un bilancio di oltre 1300 vittime - il cessate il fuoco è stato rotto da numerose violazioni, nonostante i tentativi di definizione di una tregua duratura, mediata dall'Egitto.

Economia: Andorra abolisce il segreto bancario
Andorra abolirà il segreto bancario entro novembre 2009 in modo da uscire dalla lista dei "paradisi fiscali". Lo ha annunciato oggi il governo del principato. La storica decisione del piccolo Stato europeo va nella direzione degli sforzi di Francia e Germania, che hanno deciso di rafforzare la lotta ai "paradisi fiscali" e al segreto bancario in vista del vertice del G20 di Londra del 2 aprile. Parigi e Berlino hanno in particolare chiesto all'Ocse una lista dei Paesi non cooperativi in materia fiscale. Intanto, continuano ad arrivare segnali negativi per l’economia mondiale. La Banca Centrale Europa parla oggi della più grave recessione economica da molti decenni e annuncia per quest’anno una contrazione del Pil nel Vecchio Continente tra il 3,2 e il 2,4%. La Bce inoltre prevede lo sforamento del tetto del 3% di deficit da parte di almeno sette Paesi dovuto al “forte deterioramento” delle finanze pubbliche nei Paesi dell’area euro. Il presidente della Commissione europea Barroso annuncia il rischio di un’impennata al 10% della disoccupazione. Intanto, negli Stati Uniti le richieste di sussidio di disoccupazione sono aumentate di 9.000 unità la settimana scorsa raggiungendo la cifra di 654.000, superiore alle stime degli analisti.

Irlanda del Nord
Dopo l'ondata di violenza, che nei giorni scorsi è costata la vita a due giovani soldati e a un agente di polizia, c’è tensione oggi in Irlanda del Nord per la notizia riportata da tutti media secondo cui il gruppo dissidente "Real Ira" - quello che ha rivendicato l'uccisione dei due giovani soldati britannici – è riuscito a far penetrare attraverso il confine meridionale un ordigno esplosivo di circa 135 chilogrammi. Nei giorni scorsi in migliaia sono scesi in piazza a Belfast per manifestare contro la violenza e analoghe manifestazioni si sono registrate in diverse località dell’Irlanda del nord. Fra le voci in difesa della pace si è levata quella di Benedetto XVI che ha condannato con forza il terrorismo. Del bisogno di pace e del messaggio del Papa ci parla, al microfono della collega del programma inglese Lydia Okane, mons. Noël Treanor vescovo di Down and Connor:RealAudioMP3

R. – Mi sento molto sostenuto e mi sento anche molto lieto per il fatto che il Santo Padre, durante l’udienza generale, abbia espresso la sua vicinanza spirituale alla famiglia delle vittime, ai morti e ai feriti, e che lui, dunque, abbia messo in evidenza la necessità che ognuno, ogni cittadino, ogni cristiano, resista alla tentazione dell’utilizzo della violenza come mezzo politico, e che abbia sottolineato l’importanza del dialogo, della preghiera, come elementi essenziali per la realizzazione di una società di pace, di giustizia e di una società riconciliata nell’Irlanda del Nord. Questo messaggio, da parte di Sua Santità, per i cittadini e soprattutto per i cristiani dell’Irlanda del Nord, sarà un sostegno spirituale e civile di grande importanza. Potersi sentire sostenuti da parte del Santo Padre, e anche da parte dei cittadini del mondo, del mondo cattolico, cristiano, ci conforta in modo importante. Devo dire che nell’Irlanda del Nord i cristiani e le persone di buona volontà hanno reagito con orrore a questi eventi e lo hanno manifestato pubblicamente. Durante la mia visita all’ospedale ad Antrim, dove si trovano i civili feriti nell’attacco alla base di Massereene, ho incontrato molte persone di varie confessioni cristiane e si capisce che c’è unità nella famiglia cristiana nelle reazioni espresse dalla gente. Non si tratta solo di una reazione da parte dei protestanti o dei cattolici. La gente sta reagendo con un senso di unità nella fede e unità in una comune e sicura cittadinanza.
 
Tibet
I ministri degli Esteri europei discutano della questione del Tibet per valutare il contributo dell'Ue nel cercare una soluzione. È quanto chiedono gli europarlamentari, nella risoluzione votata oggi in cui condannano tutti gli atti di violenza e chiedono alle autorità di Pechino di rilasciare subito e senza condizioni tutte le persone detenute “soltanto per aver partecipato a proteste pacifiche”. I parlamentari chiedono anche che sia garantito ai media internazionali l'accesso al Tibet. L'assemblea chiede alla presidenza di turno Ue di adottare una dichiarazione con la quale invitare il governo di Pechino “ad un dialogo costruttivo” e ai Paesi Ue di “accertare che cosa sia avvenuto esattamente” durante i negoziati tra la Cina e gli inviati del Dalai Lama.

La Francia di nuovo nella Nato
Quarantatre anni dopo la dichiarazione di autonomia dalla Nato, pronunciata da Charles de Gaulle che mantenne la Francia al di fuori della struttura militare, il presidente Nicolas Sarkozy ha annunciato ieri che il suo Paese ha invece intenzione di diventare un partner a pieno titolo dell’Alleanza Atlantica. Salvatore Sabatino ha chiesto a Massimo Nava, corrispondente a Parigi per il "Corriere della Sera", cosa cambia a questo punto negli equilibri internazionali:RealAudioMP3

R. – Formalmente e sostanzialmente non molto perché, come giustamente Sarkozy ha ricordato ieri, a partire dagli anni ’90 - basta ricordare l’impegno in Bosnia, poi in Kosovo e adesso in Afghanistan - di fatto tra la Francia e l’Alleanza Atlantica c’è sempre stata un’intesa operativa di fondo. Va ricordato che la storica uscita dalla Nato, decisa da de Gaulle, in realtà - come gli storici ricorderanno - non fu una vera e propria uscita né tantomeno una rottura dell’alleanza ma una separazione dal comando integrato perché in quella fase storica di politica internazionale de Gaulle voleva una piena autonomia e una totale sovranità nazionale anche per salvaguardare le ambizioni nucleari della Francia. Forse cambierà qualcosa sulla scena europea perché almeno nelle ambizioni di Sarkozy c’è l’idea di europeizzare la Nato e rendere, quindi, l’Europa della difesa più partecipe di uno schieramento che più ancora che atlantico diventa veramente occidentale.
 
D. – Molti osservatori criticano questa scelta dicendo che la Francia perde di fatto la propria autonomia che la contrapponeva agli Stati Uniti così com’era avvenuto per la guerra in Iraq…
 
R. – Questo, addirittura, sembra essere più che altro un falso storico perché abbiamo visto che Paesi a pieno titolo integrati come la Turchia hanno detto di no alla guerra, l’Italia ha detto di sì, la Spagna è andata e Paesi non appartenenti alla Nato hanno partecipato, basti pensare all’Ucraina e, quindi, dire che la Nato è sinonimo di politica americana e di ossequio alla politica americana non è del tutto vero.
 
Tensioni tra Coree
Resta altissima la tensione nella penisola coreana. Oggi la Corea del Nord ha annunciato che lancerà un proprio satellite tra il 4 e l'8 aprile. Corea del Sud e Giappone sostengono che quest'operazione celi in realtà un test missilistico, vietato da una risoluzione del 2006 delle Nazioni Unite. Tokyo e Seul hanno quindi ribadito il coordinamento congiunto con gli Usa per sollecitare la Corea del Nord, perché desista dai propositi di lancio del satellite. Intanto, Pyongyang ha inoltre ordinato lo stato di “allerta totale” al suo esercito in risposta all'imponente esercitazione militare congiunta di Stati Uniti e esercito sudcoreano iniziata lunedì mattina.

Sri Lanka
Il responsabile delle finanze dell'Esercito di liberazione delle Tigri Tamil (Ltte) Subarathnam Selvatureiy è stato ucciso nel distretto di Mullaitivu (Sri Lanka nord-orientale). Lo ha annunciato il ministero della Difesa cingalese. Secondo il ministero, scrive oggi il quotidiano di New Delhi Hindustan Times, Selvatureiy, meglio conosciuto col nome di Thamilendi, “è stato ucciso durante gli intensi combattimenti in corso nella zona”. Da mesi il governo cingalese ha avviato un’offensiva su vasta scala per riconquistare una regione nel nord del Paese controllata per 25 anni dai Tamil.

Zimbabwe
Roy Bennett, arrestato il 13 febbraio scorso mentre si recava a giurare come viceministro dell'agricoltura con l'accusa di complotto contro il presidente Robert Mugabe, è stato rilasciato. Membro del "Movimento per il cambiamento democratico", il partito del premier Tsvangirai, Bennett era stato arrestato il giorno in cui il nuovo governo doveva entrare in funzione. Ieri la Corte Suprema ne aveva ordinato la liberazione su cauzione.

Kenya
Milioni di persone in Kenya sono a rischio, soprattutto i bambini per la malnutrizione ma il governo rallenta la distribuzione di aiuti alimentari donati da Paesi stranieri, vuole controllarla e specularvi, e chiede che sia effettuata attraverso proprie agenzie a costi esorbitanti, e con strategie poco convincenti. E' la dura reazione dell'ambasciatore americano Michael Ranneberger, che da Londra ha fatto sapere che i suoi aiuti non passeranno attraverso il governo keniano, bensì attraverso il canale della Fao, l'organizzazione alimentare dell'Onu. Lo pubblica oggi con grande evidenza in prima pagina il quotidiano "Standard" e lo conferma con toni diplomatici un comunicato diffuso dall'ambasciata Usa. La questione è stata sollevata dalla nave carica di 30.00 tonnellate di mais (valore 83 milioni di dollari), dono Usa, che è in arrivo a Mombasa. Ora il governo keniano non solo tende a rallentarne l'arrivo, ma chiede che le operazioni di scarico e di trasporto siano effettuate da una propria compagnia all'incredibile prezzo di cinque miliardi di scellini keniani, 62,5 milioni di dollari, quasi il valore del carico. Non solo. Il trasporto verrebbe effettuato verso silos, da cui poi dovrebbe essere distribuito nelle arie in cui ce n'è maggior bisogno. L'ambasciatore americano, informa la nota, si recherà oggi stesso a Mombasa per verificare lo stato cose, e “identificare alcune azioni del governo keniano che hanno creato problemi logistici, chiedendo anche interventi più efficaci ed a costi reali per la distribuzione del mais”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza) 
 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 71
 
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