I vescovi argentini in Vaticano per la visita ad Limina
E’ iniziata in Vaticano la visita “ad Limina” dei vescovi argentini. Durerà fino al
30 aprile. Porteranno al Papa le speranze e le preoccupazioni della Chiesa di questo
Paese sudamericano. Ascoltiamo in proposito mons. Enrique Eguía Seguí, vescovo
ausiliare di Buenos Aires e segretario generale della Conferenza episcopale argentina,
intervistato da Alina Tufani del Programma Ispano-americano della nostra emittente:
R.
- La nostra maggiore preoccupazione è come sostenere e alimentare la fede del nostro
popolo nel contesto dell'attuale crisi globale. L'Argentina viene da una crisi molto
profonda durata sette anni e oggi la grande preoccupazione della Chiesa è come collocarsi
di fronte a questa nuova crisi che incombe sul Paese.
D.
- I vescovi argentini affermano che la crisi non è solo economica ma fondamentalmente
morale e sottolineano la necessità di sradicare la corruzione…
R.
- Questa è una grande sfida perché la corruzione in Argentina è ormai istituzionalizzata:
sembra prevalere una cultura secondo la quale si può andare avanti solo con questo
sistema. In questa situazione quelli che soffrono di più sono i più poveri e gli esclusi.
La Chiesa intende aiutare a ricostruire le basi di un sistema democratico, ossia il
rispetto dell’autonomia dei tre poteri dello Stato: il legislativo, l’esecutivo e
il giudiziario. Riteniamo infatti che gli elementi fondamentali della vita democratica
stiano venendo meno a causa della confusione dei ruoli e dei poteri. Quello che predichiamo
è di ricostruire una vera democrazia rappresentativa.
D.
- I vescovi negli ultimi anni si sono soffermati molto sulla responsabilità dei fedeli
laici nella società. C’è stato qualche progresso?
R.
- Ci sono stati molti progressi, ma in ambiti limitati. Il primo dovere di un fedele
laico è quello di un impegno solidale nelle opere di carità: qui ci sono laici molto
attivi. Quello che manca è il secondo passo: la presenza di fedeli laici formati nelle
università e nelle scuole la cui azione abbia un’effettiva incidenza nella costruzione
della vita politica e sociale del nostro Paese.
D.
- Da una recente inchiesta emerge che l’istituzione con la maggiore credibilità è
la Chiesa che d’altra parte risulta anche molto criticata e attaccata…
R.
- In Argentina esiste un’opinione pubblica molto critica nei confronti della Chiesa.
Ma poi vediamo che nella realtà esiste un’opinione diversa, quella popolare, che esprime
un’altra visione. I circoli che gestiscono i media, i vari movimenti di pressione,
non rappresentano il punto di vista della gente.
D.
- Da questa stessa inchiesta emerge che, sebbene la maggioranza degli intervistati
si dichiari cattolico, solo il 23 % va a Messa…
R.
- In Argentina, come in altri Paesi dell’America Latina, c’è questo fenomeno straordinario
che è la religiosità popolare: c’è una cultura dell’incontro con Dio diffusa negli
strati più poveri. Sorprende constatare come Dio lavori nel cuore della gente. Quello
che offre la religiosità popolare è una forte esperienza di appartenenza. In un’epoca
di esclusioni, la gente sente che può vivere un’esperienza di appartenenza alla Chiesa
le cui porte sono sempre aperte. Tuttavia questo sentimento religioso non si istituzionalizza
necessariamente in un cammino sacramentale. Quindi uno dei punti chiave dell’evangelizzazione
della Chiesa in Argentina è di far crescere questa religiosità popolare. D’altra parte
occorre dire che esistono ampi settori che non conoscono Gesù perché non sono più
catechizzati in famiglia. In una società secolarizzata la sfida più grande è quella
di trasmettere la fede ed è quella che ci pone la Missione continentale.