La Terra Santa in attesa del Papa: i commenti di padre Pizzaballa, del rabbino Di
Segni e Riccardo Pacifici
Benedetto XVI, terzo Papa nella storia della Chiesa, pellegrino in Terra Santa dopo
Paolo VI nel 1964 e Giovanni Paolo II nel 2000. L’annuncio ufficiale ieri all’Angelus
è stato accolto con gioia da cristiani e non cristiani del Medio Oriente. “Sarà un
evento toccante e d’importanza primaria – ha commentato il presidente israeliano Shimon
Peres - dal quale spira – ha aggiunto - un’aria di pace e di speranza”. Una visita
di 8 giorni, dall’8 al 15 maggio, che si annuncia intensa di tappe e di incontri religiosi
e civili. Roberta Gisotti ha intervistato a Gerusalemme padre Pierbattista
Pizzaballa, Custode di Terrasanta:
D. - Padre
Pizzaballa, come ha accolto lei questo annuncio, messo in discussione negli ultimi
mesi da eventi bellici e tensioni tra mondo cristiano e mondo ebraico?
R.
- Naturalmente noi eravamo già informati di questa decisione, per cui non siamo stati
colti di sorpresa. Ci fa ugualmente piacere, però, sapere che il Papa viene, e soprattutto
che lui stesso abbia annunciato questa visita, dando così anche rilevanza a questo
evento, che sicuramente sarà particolare.
D. - Benedetto
XVI compirà questo pellegrinaggio – come ha anticipato lui stesso - “per domandare
al Signore il prezioso dono dell’unità e della pace per il medio Oriente e per l’intera
umanità”. Può sembrare una domanda ingenua ma qual è l’ostacolo più grande al momento
per raggiungere questo obiettivo, che sembra impossibile proprio in Terra Santa?
R.
– Non è facile rispondere. Ingenuamente posso rispondere, un po’ come la domanda,
che il problema siamo noi, sono le persone, gli uomini che vivono qui, le storie,
le religioni, gli attaccamenti appassionati, in maniera forse eccessiva, alla propria
identità con la paura di accogliere l’altro. Io credo che in questo senso la visita
del Papa ci sarà di grande incoraggiamento, ci aiuterà a guardare alto, a volare un
po’ più in alto di quanto abbiamo fatto finora.
D.
– Padre Pizzaballa, ci si aspetta solo bene da questa visita o ci sono anche dei dubbi
e timori o possibili incomprensioni anche da parte di altri soggetti politici e religiosi?
R.
– Naturalmente la Terra Santa è un crocevia molto delicato e anche gli equilibri sono
molto delicati, sia tra le Chiese, come tra le diverse fedi, tra i popoli, la politica.
Quindi, il Papa entra così in una cristalliera molto delicata, dove le strumentalizzazioni
sono sempre in agguato. Ma sono certo che il Papa con la sua personalità, con il suo
linguaggio, non si lascerà prendere da tutte queste considerazioni.
D.
– In che modo la Custodia di Terra Santa si sta preparando a questo importante evento?
R.
– I preparativi sono tantissimi dal punto di vista logistico, religioso, liturgico.
Abbiamo finito da poco diverse riunioni e ne faremo altre con tutte le autorità competenti.
Il tempo non è tantissimo, a dire il vero, ma confido che riusciremo a dare una degna
accoglienza a Sua Santità.
Felicitazioni per il viaggio
del Papa in Terra Santa sono giunte da autorevoli esponenti del mondo ebraico in Italia.
Alessandro Guarasci ha raccolto il commento del Rabbino Capo di Roma, Riccardo
Di Segni, che stamane ha avuto un breve colloquio con Benedetto XVI, a margine
della sua visita in Campidoglio.
R.
– Sono lieto che il Papa vada in Terra Santa e quindi tocchi con mano i problemi di
quel luogo e porti anche là un importante messaggio di partecipazione.
D.
– Un messaggio anche di pace, una pace di cui veramente c’è bisogno in questo momento
in Terra Santa....
R. – Di pace c’è sempre bisogno
e quindi ben vengano i portatori di pace e che sia una pace reale.
Parole
di incoraggiamento per la missione di Benedetto XVI in Medio Oriente, ha espresso
anche Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma. Ascoltiamolo
al microfono di Alessandro Guarasci.
R. – E’
un fatto straordinario, importante, mai come in questo momento. E’ la visita di un
uomo - che è la guida spirituale di una delle tre grandi religioni monoteiste - che
viene in Medio Oriente, non solo in Israele, e speriamo possa portare da una parte
un messaggio di riconciliazione e dall’altra l’opportunità di ricordare valori sui
quali l’ebraismo e il cristianesimo hanno fondato le più importanti democrazie del
mondo, specialmente quelle dell’Europa. Soprattutto arriva in un momento in cui sappiamo
che forse qualcosa si sta smuovendo, sia in seguito alle azioni svolte dall’amministrazione
Obama, con la Clinton, che all’azione svolta dall’Unione Europea e anche dal governo
italiano. C’è l’opportunità di dare una prospettiva al popolo palestinese con aiuti
economici importanti che possono costruire le basi di un futuro Stato palestinese.
Questo avviene all’indomani delle elezioni in Israele che sappiamo essere state anche
queste molto particolari.
D. – In questo momento
sembra fondamentale il ruolo delle religioni per favorire anche un processo di pace
in Medio Oriente...
R. – Esiste un luogo comune del
quale siamo spesso tutti quanti prigionieri, l’idea che le religioni portino guerra:
non è vero. I messaggi genuini degli uomini di fede, quelli veri, non quelli che usano
strumentalmente la fede per fini politici, portano invece sempre speranza e, soprattutto,
la condivisione di costruire una società nella quale tutti possiamo fare qualcosa
per portare del benessere.