2009-03-09 15:41:04

Irlanda del Nord: cattolici e protestanti uniti contro la violenza


L’Irlanda del Nord è tornata a vivere l’incubo del terrorismo sabato notte, quando un commando di estremisti della Real Ira una frangia di irriducibili fuoriusciti dell’Irish Republican Army, ha fatto irruzione in una caserma di soldati britannici uccidendo due militari e ferendo altre quattro persone. L'attacco ha colpito la base di Massereene, nella contea di Antrim, a poca distanza da Belfast. Dove si trova la base del 38/mo reggimento del Genio. Il primo ministro britannico Gordon Brown ha detto che questo attentato non farà ''deragliare'' il processo di pace. Netta anche la condanna del presidente dello Sinn Fein, principale partito repubblicano dell’Irlanda del Nord, Gerry Adams, per il quale i responsabili dell’attacco vogliono distruggere il progresso fatto negli ultimi tempi e far precipitare di nuovo l'Irlanda nel conflitto''. Sul pericolo di un ritorno del terrorismo in Ulster Stefano Leszczynski ha intervistato Paddy Agnew, corrispondente in Italia del quotidiano Irish Times.RealAudioMP3
 
R. – L’impressione è che quelli che hanno fatto questa strage sono una minoranza nella minoranza. I nordirlandesi hanno avuto un’esperienza di pace per più di quindici anni e la stragrande maggioranza sa benissimo quale sia il costo di una ripresa del conflitto. Allora, francamente, questi, secondo me, non andranno da nessuna parte e nessuno li seguirà.

 
D. – Oggi cosa è successo all’Ira, all’Esercito repubblicano irlandese? Esiste ancora? Si è dissolto o è una struttura che sotterraneamente resiste?

 
R. – Diciamo, in termini ufficiali, si è dissolto, non c’è più, non esiste più, ma ovviamente ci sono i combattenti, i militanti, quelli che sono cresciuti con la guerra nell’Irlanda del Nord. E loro continuano a fare questo. Poi, da tutte e due le parti, sia lealista che repubblicana, ci sono paramilitari, che sono francamente dei criminali, nel senso che gestiscono traffichi di droga e altre cose illegali. Oggi come oggi, quando parlo di questa gente, parlo piuttosto di criminali comuni, non di gente politicizzata.

 
D. – Un altro cambiamento rispetto al passato, che forse segna una linea netta, è il fatto che un tempo si tendeva a connotare i repubblicani come cattolici, e gli unionisti come protestanti. Oggi, la prima reazione, domenica, è stata da parte della comunità religiosa una preghiera ecumenica. Questo ha un significato simbolico molto importante forse per l’Irlanda?

 
R. – Sì, questa è la prova di quello che dicevo prima, che la stragrande maggioranza non ne vuole più sapere di queste guerre, di questi tipi di azioni violente. Anche nei momenti più duri della guerra, fra le due Chiese in Irlanda del Nord, c’erano sempre contatti, c’erano sempre iniziative ecumeniche. Quindi, quello che è successo dopo la strage di questo week-end, non mi sorprende per niente. La stragrande maggioranza sa benissimo che l’unica cosa da fare è stare insieme, guardando ad un futuro di pace.

 
D. – Sia dall’Inghilterra, con le parole di Gordon Brown, che dal Nord Irlanda, con il leader dello Sinn Fein, Gerry Adams, è venuta una condanna immediata, ma soprattutto è stato sottolineato che nulla sarà in grado di intaccare il processo di pace. Questo vuol dire che la politica ormai è forte, è consolidata in Irlanda del Nord?

 
R. – Non è forte e consolidata, ma lo sta diventando. Il processo di pace ha ancora punti deboli, lati fragili, e questo non si può negare. Poi c’è un’altra cosa che bisogna aggiungere: la crisi economica, che si sta facendo sentire molto duramente anche in Irlanda, non aiuta il processo di pace. Quello che è stato di grande aiuto al processo di pace è stato il grande boom economico dell’Eire. Adesso che questo si è fermato un poco, c’è il rischio che tanta gente che si trova disoccupata, che non ha più lavoro, si presti a fare gesti criminali come hanno fatto in questo week-end.

 
Dunque la reazione dei cittadini è stata compatta contro il ritorno alla violenza come spiega, al microfono di Lydia O’Kane, il vescovo di Down and Connor, mons. Noel Treanor, che si sofferma sulla preghiera ecumenica:

 
R. – An Ecumenical prayer service was held...
L’incontro ecumenico di preghiera si è tenuto nei dintorni della città di Antrim. Quando è avvenuto l’attacco, è stata organizzata spontaneamente questa funzione dalla Chiesa locale, cioè dai preti cattolici locali e dalle Chiese di altre denominazioni cristiane lì presenti. Il rito ha visto la partecipazione di circa un milione di persone. Questo penso indichi che i cittadini sono molto rattristati e inorriditi, dal fatto che il processo di pace in corso sia minacciato da questo attacco omicida e brutale.

 
D. – Come si può attenuare la paura della gente, che non vuole tornare a quella situazione di difficoltà?

 
R. – I think that it’s true that a new process...
Penso che sia vero che si sia dato l’avvio ad un nuovo processo, con la firma dell’accordo storico di Belfast nel 1998. L’assemblea e l’esecutivo finora hanno lavorato bene. La gente ha capito naturalmente che la pace stabilita è fragile, che c’è bisogno di più lavoro da parte dei politici e da parte di tutti i cittadini, per sviluppare quella pace e promuovere la riconciliazione. Quello che dobbiamo fare ora come comunità e leader di tutte le parti - leader politici, leader della Chiesa, leader cristiani – e come cittadini normali, è radunarci e cooperare per aprirci a negoziati di pace e dialogo, ed anche consigliare ed incoraggiare tutti a non rendere in nessun modo accattivante la violenza del passato, non considerando la violenza come la risposta a qualsiasi situazione difficile. Tutti quelli che vivono nell’Irlanda del Nord e che hanno sofferto la violenza per decenni lo sanno nella loro carne e nelle loro ossa.

 
D. – C'è un grande impegno per la pace...

 
R. – Yes, there is an immense momentum…
Sì, c’è grande impeto, impeto politico, nell’Irlanda del Nord. Si è avuta l’esperienza per un certo numero di anni di assemblee che funzionavano, a parte alcuni periodi di impasse, che sono stati risolti. E nella società civile non c’è solo la convinzione, ma ormai l’esperienza di tanti anni, di un desiderio sociale e di una speranza per il dialogo e la costruzione di un futuro, in cui tutti possano avere gli stessi diritti, dove tutti sperimenteranno la giustizia, e dove tutti insieme lavoreremo in tutti gli ambiti della vita, per costruire una società in cui tutti hanno una parte, la stessa parte, e dove sarà assicurato un trattamento egualitario, la giustizia, ed un contesto pacifico dove lavorare e vivere con la propria famiglia.







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