Nei prossimi mesi dovremo affrontare giorni difficili: così il presidente degli Stati
Uniti Obama nel suo discorso del sabato (anticipato alla stampa) ha affrontato in
pieno la crisi economica, ricordando tutti i passi che in questo mese e mezzo la sua
amministrazione ha intrapreso per rispondere alla recessione, comprese le nuove linee
guida per aiutare le famiglie in difficoltà con le rate dei mutui. Come ogni altra
famiglia – ha sottolineato - in un momento di difficoltà si devono trovare i fondi
per le cose necessarie, senza sprecare soldi per cose che non lo sono. Il servizio
di Fausta Speranza:
Obama ricorda
che non si poteva pensare di risolvere questa crisi in una notte e poi parla di “scelte
dure” da fare. In particolare difende la riforma della sanità dicendo che l’operazione
aiuterebbe a ridurre il colossale deficit di bilancio e a favorire la crescita economica.
Gli ultimi dati parlano di 650.000 posti di lavoro persi solo a febbraio, 4,4 milioni
quelli cancellati finora, con un tasso di disoccupazione schizzato all'8,1%. In Europa
si tenta di correre ai ripari con accordi simili a quello raggiunto in nottata, dopo
settimane e settimane di trattative, per salvare l'operazione Fortis Banque, con l'acquisto
del gruppo belga da parte di quello francese Bnp Paribas. O come quello che ha portato
il governo britannico a salvare il Lloyds Banking Group aumentando la partecipazione
pubblica nell'istituto: dal 43% al 65%. (77% incluse le azioni speciali). E il ministro
dell'Economia italiano Tremonti riassume il da farsi nella formula: “Più Stato
e più decisamente”, spiegando che si è lasciato crescere una sorta di economia parallela.
L’ex presidente della Repubblica ed economista, Ciampi, dice che bisogna guardare
alla crisi “senza indulgere in ottimismi consolatori o pessimismi paralizzanti”, con
“una terapia che non può prescindere dalla rimozione delle cause”. Per parlare di
cause profonde ma anche di modalità di intervento, scegliamo oggi il punto di vista
del mondo del volontariato e delle Ong. Chiediamo a Sergio Marelli,
presidente della Focsiv e delle Ong italiane, che cosa ha da dire sulla crisi economica:
R.
– Innanzitutto, la condivisione di una crisi che è una crisi profonda, ancor più che
drammatica, e cioè una crisi strutturale. Alcuni esponenti tra i più strenui difensori
della teoria del libero mercato, che fino allo scorso anno sembrava essere il dogma
a cui piegare, a cui orientare tutte le azioni e tutte le scelte politiche, oggi riconoscono
che il mercato da sé non si sa regolare: oggi essi stessi riconoscono come ci sia
bisogno di più Stato, ovvero di un intervento dell’autorità politica che sappia regolamentare,
ai fini del bene comune e della giustizia, il mercato perché altrimenti – fin quando
resterà orientato alla massimizzazione del profitto – abbiamo visto che cosa può succedere:
grandi speculazioni, grandi guadagni fatti spesso ricadere sulla pelle dei più poveri
e poi il crack, le bolle che scoppiano e la crisi nella quale stiamo vivendo.
D.
– Dottor Marelli, che cosa dire, che cosa pensare per il futuro in relazione allo
squilibrio che si è andato sempre più accentuando, negli ultimi decenni, tra Paesi
poveri e Paesi ricchi ma anche all’interno di uno Stato tra fasce privilegiate e fasce
deboli?
R. – Probabilmente, quello che ci aspetta
sono tempi davvero difficili. Se le nostre economie sono già messe a dura prova, pur
avendo i mezzi per contrastare questa crisi – guardi a come si si è intervenuti in
48 ore per salvare le banche – bene, se non si farà altrettanto per sostenere le economie
fragili ed instabili dei Paesi del Sud del mondo, saranno ancora una volta i poveri
della terra che pagheranno la maggior parte dei costi. E’ difficile oggi sostenere
che occorre ancora lo 0,7 per cento del pil per aiutare i Paesi in via di sviluppo;
è difficile non pensare che oggi mantenere quella stessa percentuale con i pil che
si riducono significa dare meno soldi; è difficile pensare come ci saranno ancora
sostegni efficaci quando la svalutazione di alcune monete al di fuori dell’area euro
e dell’area dollaro stanno perdendo potere di acquisto. Ciò nonostante, io non ho
dubbi: bisogna essere convinti che fare cooperazione internazionale, cioè stanziare
aiuti per i Paesi poveri, vuol dire dare una vera e sostenibile e duratura soluzione
a questa crisi, anche per le nostre economie. Senza sostenere, senza coinvolgere,
senza aiutare anche i Paesi del Sud del mondo, non ci sarà una soluzione definitiva
a questa che, ripeto, è una crisi strutturale.
D.
– Dottor Marelli, giornalmente abbiamo notizie di quanto accade, in relazione all’economia,
negli Stati Uniti e in Europa, meno in Giappone e Cina. Lei che ci può dire?
R.
– Nei recenti incontri che come Ong abbiamo avuto a livello europeo ed internazionale,
questo è il grande punto di domanda, cioè è il grande punto di equilibrio che occorre
trovare tra il mantenere fermi gli impegni che la comunità internazionale ha assunto
e, dall’altra parte, trovare delle strategie concrete, delle scelte politiche che
coinvolgano anche questi Paesi che sembrano oggi fare semplicemente quanto Stati Uniti
ed Europa hanno fatto 50 anni fa: stanno depredando i Paesi del Sud del mondo, stanno
conquistando anche con concorrenza sleale i mercati di questi Paesi e, addirittura,
lo stanno facendo sacrificando i diritti fondamentali delle persone. Tutto questo
deve essere tenuto in considerazione e il ruolo della comunità internazionale, l’autorevolezza
delle organizzazioni internazionali si deve giocare anche su questo piano.