2009-03-05 15:31:42

Proteste in Sudan dopo il mandato di arresto per Bashir


"I veri criminali sono i leader di Stati Uniti e dei Peesi europei". A dichiararlo il presidente sudanese Omar Bashir, che questa mattina si è unito ad una manifestazione popolare di protesta, a Karthoum, contro il mandato di cattura emesso dalla Corte Penale Internazionale per i crimini in Darfur. Bashir è incriminato per aver ordinato una campagna di sterminio, stupro e saccheggio. Intanto la Cina ha protestato formalmente all’Onu, chiedendo la sospensione del processo. Sulle possibili ripercussioni politiche internazionali di questo mandato d’arresto Stefano Leszczynski ha intervistato Vittorio Parsi, docente di relazioni internazionali all’Università cattolica di Milano:RealAudioMP3

R. – Credo che dal punto di vista del diritto internazionale sia giusto far valere questo principio della responsabilità individuale, che poi si richiama al dovere di protezione, da parte della comunità internazionale, anche delle popolazioni che vengono perseguitate dai propri governanti. Dal punto di vista della soluzione politica, invece, questo provocherà un irrigidimento del regime, ma non va dimenticato che proprio dal punto di vista politico questo indebolirà la figura del presidente, quindi lo esporrà ad una minaccia interna da parte dei circoli di potere che, fino a questo momento, lo hanno appoggiato e che ora potrebbero trovare più conveniente rovesciarlo.
 
D. – Si ha l’impressione che il diritto penale internazionale applichi talora il criterio dei “due pesi e due misure”, in base a quelli che sono gli interessi politici?
 
R. – Faremmo un pessimo servizio al diritto se pensassimo che o riusciamo sempre ad applicarlo oppure è meglio che non ci sia. Non è così: il diritto si afferma passo dopo passo e ogni passo che viene compiuto in quella direzione, è un fatto positivo. Voi ricorderete che a proposito della Jugoslavia ai tempi di Milosevic quando vennero avanzate accuse a quel Paese sembrò una cosa folle. Ma in seguito, quelle accuse indebolirono lo stesso presidente Milosevic. Il suscitare scandalo, nel breve periodo, complicherà la situazione politica, ma varierà il bilancio dei costi tra le soluzioni politiche di mantenimento e le soluzioni politiche di cambiamento e questa è una cosa importante.
 
D. – A livello internazionale, resta comunque l’incognita, ancora, del Consiglio di Sicurezza, l’unico organismo che può fermare l’azione della Corte Penale e del quale fa parte la Cina, vicina al Sudan…
 
R. – Sì, del Consiglio di Sicurezza fanno parte anche gli Stati Uniti che non hanno mai riconosciuto la Corte, quindi questo, in qualche modo, rende anche l’azione americana politicamente più debole, perché, premere affinché venga attuata una sentenza del Tribunale di cui si rifiuta la legittimità, è quasi un non senso. Poi, non aderiscono a questo Tribunale, neanche la Cina e la Russia che sono sostenitori del Sudan. Però, ogni argomento che utilizziamo per mettere in evidenza le discrasie, le contraddizioni, i limiti del sistema, se va nella direzione giusta dell’affermazione dei diritti universali dell’uomo, del fatto che i confini non possono rappresentare uno scudo assoluto a comportamenti ripetuti per anni su scala industriale, condannabili dal punto di vista etico e giuridico, questa è una cosa che, secondo me, contribuisce a costruire un mondo diverso e auspicabilmente migliore. E’ una lunga strada ma se non s’inizia, come dicono i francesi, non si finisce.







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