Incontro all'Osce: in aumento la discriminazione contro i cristiani
La discriminazione contro i cristiani è in aumento: è quanto emerge dalla tavola rotonda
organizzata ieri a Vienna dall’Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione
in Europa. Si è trattato del primo dibattito sul tema specifico dell’ “Intolleranza
e discriminazione contro i cristiani” al quale hanno preso parte rappresentanti dei
56 Paesi dell’Osce. Le forme di esclusione, marginalizzazione o vere e proprie violazioni
di diritti sono molteplici: attacchi a persone o beni o leggi che discriminano. Di
casi particolari Fausta Speranza ha parlato con il vicepresidente del Parlamento
europeo Mario Mauro che è anche rappresentante personale della presidenza dell'Osce
contro razzismo, xenofobia e discriminazione.
R. – In particolar
modo sono venuti alla luce i problemi legati all’occupazione turca della parte nord
di Cipro, la condizione del Patriarcato ortodosso in Turchia, le discriminazioni nei
confronti di coloro che sono cristiani e vivono in repubbliche ex sovietiche dove
c’è l'influenza di società orientate da governi di matrice filoislamista. In particolar
modo pesano ancora i contrasti relativi alla restituzione dei beni dopo gli anni di
comunismo e, in qualche modo, anche le condizioni in molti Paesi legati al meccanismo
cosiddetto della registrazione, cioè il fatto di doversi dichiarare cristiani per
avere uno status civile, che è un fenomeno che somiglia molto a registrazioni che
avremmo voluto dimenticare. D. - Parliamo di quei Paesi dove
i cristiani non sono una minoranza, eppure qualcosa accade... R.
- Abbiamo constatato durante questa prima iniziativa - che dal mio punto di vista
ha avuto il merito di riconoscere che la discriminazione dei cristiani non è più solo
un fenomeno presupposto ma imponente e rilevante - che se c’è qualcosa della persecuzione
ad est di Vienna, c’è molto della discriminazione ad ovest di Vienna. Qui evidentemente
la discriminazione è legata sul piano dell’educazione dove spesso e volentieri capita
che insegnanti confessino ai propri alunni il fatto di seguire una fede religiosa,
e questo diventa fonte di marginalizzazione all’interno delle esperienze educative.
C’è inoltre l’aspetto di alcune leggi che sembrano voler limitare la possibilità per
le Chiese di proclamare la propria antropologia, la propria concezione del mondo e,
soprattutto, una impostazione di tipo laicistico che sempre più finisce col considerare
la fede un fatto privato e non qualcosa che abbia una rilevanza pubblica. D.
- Una tavola rotonda di questo genere, sull’intolleranza e la discriminazione contro
i cristiani è la prima nella sede dell’Osce. Vogliamo fare una riflessione su questo?
Anche questo è un cammino che segna una presa di coscienza... R.
– Un cammino importante di cui va dato merito all’istituzione, nel senso che a partire
dal 2004 nell’Osce, con la nascita dell’istituto del rappresentante personale della
presidenza, sul tema dell’antisemitismo si è innescata una riflessione che ha portato
a comprendere, passando dall’antisemitismo alla islamofobia, che alla fine rimaneva
un’ampia zona del vivere civile nella quale si era fatta strada nel tempo e in modo
meno riconosciuto - perché per definizione i cristiani venivano considerati appartenenti
a una sorta di status di potere derivato dal fatto di farli coincidere con l’Occidente,
con il colonialismo e quant’altro – che i cristiani versavano invece in una condizione
di enorme difficoltà, sia ad ovest che ad est di Vienna. Questo fatto è stato spesso
sottaciuto, si è tentato quasi di evitare di parlarne perché costituiva un imbarazzo
nel contesto di una visione politicamente corretta della realtà, ma oggi emerge prepotentemente
che l’Osce, che per primo ha creato un focus di attenzioni su questo, può cominciare
a trarre risultati importanti da questo lavoro. Mi auguro che sulla base di questa
prima iniziativa cominci un monitoraggio attento e capace di promuovere poi in positivo
azioni a sostegno del riconoscimento non solo della libertà dei cristiani ma col fine
di favorire un vero e proprio sforzo di comprensione tra chi vive una fede religiosa
e le istituzioni.