Il valore della preghiera al centro degli esercizi spirituali della Quaresima in Vaticano.
La testimonianza di una suora Clarissa di Assisi
Sostenere il servizio della Parola con la preghiera, vissuta in modo intenso e assiduo,
sul modello di Gesù che si ritira sul monte a pregare. E’ una delle tematiche sulle
quali il cardinale Francis Arinze ha imperniato questa mattina gli esercizi spirituali
della Quaresima, che il porporato sta predicando da domenica scorsa a Benedetto XVI
e alla Curia Romana. Il titolo di una delle meditazioni odierne è tratto da una frase
di San Paolo: “Pregate ininterrottamente e in ogni cosa rendete grazie”: un’esperienza
ben conosciuta soprattutto da chi, nella Chiesa, vive in maniera approfondita l’aspetto
della contemplazione. Alessandro De Carolis ha chiesto una testimonianza a
Suor Maria Assunta, religiosa dell’Istituto delle Suore Clarisse Apostoliche
di Assisi:
R. - L’uomo
ha bisogno di stare con Dio, di sentirsi amato e di amarlo e questo si può comprendere,
si può sperimentare, soprattutto nella preghiera. E quando parlo di preghiera, parlo
di preghiera non soltanto liturgica o devozionale, ma preghiera di ascolto, di confronto
con la Parola di Dio. Per noi, "pregare incessantemente" vuol dire essere in rapporto
con Lui in qualsiasi momento della giornata, sia nei momenti propri di preghiera sia
durante il lavoro. Vuol dire trasformare tutto in offerta, in lode, in intercessione.
D.
- La vostra casa sorge nei pressi della Basilica di Santa Chiara di Assisi ed è frequentata
anche da molti gruppi giovanili. Proprio ieri, Benedetto XVI nel Messaggio per la
prossima Giornata Mondiale per la Gioventù ha invitato i giovani alla preghiera perseverante.
Voi, come insegnate loro questo valore?
R. - Incoraggiandoli
a partecipare alla nostra preghiera e cercando di instillare nei loro cuori il bisogno
di Dio, il non sentirsi autosufficienti: perché questa è la tentazione del mondo di
oggi. Condurre pian piano i giovani a sentire che solo con Dio si può vivere in pienezza
la propria umanità.
D. - Non solo i giovani, ma anche
molti adulti oggi vivono il paradosso di volere intrecciare molti rapporti rimanendo
soli davanti allo schermo di un computer o di un telefonino. Come si può parlare a
queste persone dell'altro tipo di solitudine: quella interiore, che diventa preghiera?
R.
- Non è facile, perché cose che lei ha nominato afferrano molto sia i giovani, sia
gli adulti. L’unico modo credo sia quello della testimonianza, perché solo così -
solo raggiungendo il cuore - si può suscitare quell’interesse, quell’attenzione a
un qualcos’altro che li elevi al di sopra e colmi la sete del cuore.
D.
- Alla vostra radice contemplativa, voi avete unito la missione di trasmettere lo
spirito di Francesco e di Chiara d’Assisi in opere di carità cristiana. Come vivete
questa missione?
R. - Nei momenti di apostolato,
di rapporto con i fratelli, con le persone che frequentano la nostra casa. Portare
Dio a loro e portare loro a Dio. Quindi, realizzare quello che il Celano, il primo
biografo di San Francesco d’Assisi, diceva di Francesco: “Non era più un uomo che
pregava, ma un uomo fatto preghiera”. Realizzare quello che Chiara suggerisce a Francesco:
“Quello che il Signore ti dona nella contemplazione, portalo ai fratelli.”.