"Portare i pesi gli uni degli altri": l'invito di San Paolo al centro delle meditazioni
del cardinale Arinze per gli esercizi spirituali in Vaticano
Proseguono nella Cappella Redemptoris Mater, in Vaticano, gli esercizi spirituali
per il tempo della Quaresima, alla presenza del Papa e della Curia Romana. Tra i temi
odierni delle meditazioni del cardinale Francis Arinze, l’invito di San Paolo ai Galati:
“Portate i pesi gli uni degli altri: così adempirete la legge di Cristo”. Un argomento
che riecheggia l’appello di Benedetto XVI a vivere la Quaresima, in particolare in
questo momento di crisi economica, rispondendo ai bisogni di tanti fratelli in difficoltà.
Ascoltiamo in proposito la riflessione di mons. Guerino Di Tora, direttore
della Caritas romana, al microfono di Emanuela Campanile:
R. – La
contingenza economica che si sta sviluppando in tutto il mondo è forse il richiamo
migliore per poter entrare in questo stile diverso che ci porta a riscoprire maggiormente
i valori umani. Il Papa sottolinea che la vera conversione non può essere soltanto
quella verso un cambio di se stessi, ma verso il prossimo, quindi ne diventa quasi
la garanzia di questo, l’unione profonda di quello che deve essere l’incontro con
se stessi e con Dio e quella che veniva chiamata nella tradizione l’esperienza dell’elemosina,
cioè dell’attenzione e della benevolenza verso il fratello che è nella difficoltà
e nel disagio.
D. – Cosa è allora l'elemosina?
R.
– E’ un modo concreto di incontrare l’altro. I poveri, Gesù ci dice, li avete sempre
con voi, e quindi hanno una valenza quasi teologica di un richiamo profondo al senso
della presenza di Dio. Gesù si è identificato con colui che è nel disagio e, quindi,
ci richiama a una concretezza che non può essere semplicemente un dare dimenticando,
quasi fare un’offerta senza cogliere l’aspetto di relazionalità con l’altro: ci richiama
a un senso profondo di fratellanza e di unione universale. In questa esperienza troviamo
veramente il senso nuovo della solidarietà. In un mondo come quello di oggi in cui
c’è la globalizzazione delle monete, delle merci, occorre anche questa globalizzazione
dell’attenzione a chi è maggiormente nel disagio a chi si trova in situazioni di maggiore
povertà e non semplicemente un’attenzione al lontano, ma al povero che è vicino a
noi, coloro con i quali mi trovo a incontrarmi giorno per giorno sulla strada, sulla
metropolitana, nel lavoro, la famiglia del mio palazzo che si viene a trovare in una
conflittualità, tutto questo diventa una profonda concretezza e esperienza di questo
incontro con Dio nel prossimo.
D. – Lei ci sta dicendo:
aprite gli occhi perché di gente che ha bisogno, di poveri, nel senso più ampio del
termine, ce ne sono moltissimi?
R. – Non dobbiamo
dimenticare tante forme di queste nuove povertà. Oggi ci troviamo con mamme e bambini
che sono in strada, persone che hanno perso il lavoro, famiglie che non arrivano economicamente
alla fine del mese, ma anche altri tipi di povertà “spirituali”. Famiglie che si sono
disgregate, coppie che non riescono più da sole ad andare avanti: allora diventa anche
questa una vera carità, cioè quella prossimità, quel mettersi vicino, quel camminare
insieme. Questi secondo me sono i nuovi carismi, questa teologia, diremmo, della prossimità
che ci porta ad essere noi che andiamo verso gli altri e non unicamente ad attendere
l’altro che viene a chiedere.(Montaggio a cura di Maria Brigini)