Crisi dell'occupazione: la testimonianza di un parroco di Pomigliano d'Arco
Le parole del Papa sono state accolte con gioia e commozione dagli operai della Fiat
di Pomigliano d'Arco presenti in Piazza San Pietro: venerdì scorso si è svolta la
mobilitazione contro la chiusura dello stabilimento Fiat. Dallo scorso mese di settembre
sono state solo 5 le settimane di lavoro, poi tutta cassa integrazione retribuita
a 750 euro al mese. Alla manifestazione è intervenuto anche il vescovo di Nola, mons.
Beniamino Depalma: “Ascoltate il grido di questa gente - ha detto - che non vuole
oro e argento, ma solo lavoro e futuro”. Sulla situazione, Paolo Ondarza ha
sentito don Peppino Gambardella, parroco di San Felice in Pincis, a Pomigliano
d’Arco.
R. – Nello
stabilimento si producono due grosse macchine per le quali non sono previsti incentivi,
per cui la macchina non viene acquistata, a causa della crisi generale, e lo stabilimento
praticamente è fermo. Sono circa 5.500 operai in cassa integrazione, senza contare
l’indotto, composto da altre 9 mila persone. D. – Da settembre
sono state solo cinque le settimane di lavoro, per questi operai … R.
– Esatto. E non solo: si prevede che fino ad aprile non lavoreranno. Ma il problema
più serio è che viene messo in gioco il futuro industriale di questa città! D.
– Vuol dire anche mettere in gioco il lavoro di tanti uomini e quindi il sostentamento
delle loro famiglie … R. – E’ proprio questo che ha spinto la
cittadinanza a scendere in strada. Noi, come comunità parrocchiale, abbiamo fatto
nostro questo problema, abbiamo istituito un consiglio pastorale particolare chiamando
un sindacalista a spiegarci bene i termini della questione, e poi abbiamo tenuto un’assemblea
parrocchiale – molto frequentata – con tutte le sigle sindacali; sentiamo che come
credenti dobbiamo esprimere questo nostro impegno a favore dei lavoratori. D.
– Quale il messaggio lanciato da questo corteo? R. – Un invito
alla Fiat a trattare e a mettere al primo posto la dignità delle persone e non il
capitale. Ci rendiamo conto che altrove magari la Fiat potrà trovare anche condizioni
più favorevoli per la produzione delle macchine, però non si possono lasciare sulla
strada tante persone … D. – La notizia della manifestazione
è rimbalzata sui giornali: ha colpito il fatto che fosse presente la Chiesa … R.
– Solo il discorso del vescovo ha avuto – come dire – un’accoglienza silenziosa. Si
vedeva che le sue parole scendevano nell’animo dei lavoratori. D.
– La vicinanza del vescovo è particolarmente esplicitata in un’intervista a un giornale
in cui dice che si rende conto, visitando anche le mense della Caritas locale, di
trovare nuovi poveri. R. – Di questo, io posso darle ampia testimonianza!
La nostra Caritas si sta affollando di nuovi poveri: chi chiede di pagare le bollette
che non può pagare, chi chiede viveri che non ha, chi chiede lavoro … sono situazioni
di disperazione! Noi abbiamo paura che questo fenomeno faccia crescere l’usura, i
furti, la delinquenza: la camorra approfitta anche di questi momenti per assoldare
nuovi adepti. Si parla già dell’arrivo di estorsori che vengono a chiedere il pizzo
qui, in città … D. – Perché è così importante che la Chiesa
dica la sua di fronte alla crisi economica? R. – La società
non si fida più della politica e la Chiesa sta diventando sempre di più il punto di
riferimento perché fa riferimento al Vangelo, e poi ha degli uomini che testimoniano:
questo, mi pare che sia importante!