Territori: governo palestinese di unità nazionale entro fine marzo
Primi segnali di schiarita tra forze politiche palestinesi. La mediazione egiziana
ha portato ad un accordo - raggiunto ieri al Cairo, tra Hamas, Fatah e altri gruppi
palestinesi - per la formazione di un governo di unità nazionale entro fine marzo.
L’intesa prevede la creazione di cinque commissioni, che oltre a tentare di far nascere
un nuovo esecutivo si occuperanno tra l’altro di preparare le prossime elezioni politiche
e presidenziali in tutti i Territori. Sulla possibilità che l'accordo appena raggiunto
possa davvero mettere fine a mesi di separazione tra la Cisgiordania, guidata dal
presidente Abu Mazen, e la Striscia di Gaza, controllata da Hamas, Giada Aquilino
ha intervistato Marcella Emiliani, docente di Storia del Medio Oriente all’Università
di Bologna-Forlì:
R. - Il mediatore,
leader dei servizi segreti egiziani, Suleiman, ha commentato questo accordo con una
frase che, secondo me, spiega tutto: “Non hanno alternativa”. Ed vero. Al Cairo non
c’erano solo Hamas e Fatah, ma circa una dozzina di altri gruppi palestinesi, quindi
tutte le possibili espressioni della politica palestinese vi sono rappresentate. Il
punto più importante che dovranno risolvere - quello che li ha portati in rotta di
collisione gli uni con gli altri per formare un governo di unità nazionale - sarà
fondere gli apparati di sicurezza, soprattutto quelli di Hamas e di Fatah, e dunque
non avere più questi schieramenti armati gli uni contro gli altri. Dopo di che, sulle
linee politiche di fondo il problema non è affatto risolto, perché mentre Fatah ha
riconosciuto Israele, Hamas no. D. - L’avvicinarsi della Conferenza
di marzo in Egitto, quando scenderanno in campo i Paesi donatori per la ricostruzione
a Gaza, può avere accelerato questo accordo? R. - Assolutamente
sì, nel senso che il 2 marzo si riuniranno i principali donatori: devono mettere a
disposizione una cifra che va dai due ai 2,8 miliardi di dollari, ma questo non è
un problema. La cosa importante è che se Hamas ha accettato di entrare in un governo
di unità nazionale, l’ha fatto anche perché possano arrivare gli aiuti. Nessuno era
disponibile a trattare direttamente con Hamas, nessuno voleva che i soldi della ricostruzione
andassero ad Hamas. Ora che però si prospetta un governo di unità, evidentemente,
anche l’inserimento graduale di Hamas in istituzioni riconosciute, può facilitare
le cose. D. - Un’intesa che invece ancora non è stata raggiunta
è quella di un cessate-il-fuoco duraturo a Gaza, tra Israele e Hamas. Come può evolvere
la vicenda? R. - Naturalmente, la prima cosa che dovrà fare un governo
ad interim, se verrà messo in piedi, sarà quella di garantire che nessun razzo
cada più su Israele.