Il presidente dell’AgCom sollecita la Rai a varare il Qualitel
In Italia, l’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni sollecita la Rai a varare
entro sei mesi il nuovo sistema di rilevamento qualitativo degli ascolti, come previsto
dal Contratto di servizio della Televisione pubblica italiana. Pena una ‘megamulta’
di circa 90 milioni di euro, pari al 3 per cento del suo bilancio. Roberta Gisotti
ha intervistato il presidente dell’Autorità, il dott. Corrado Calabrò:
R. – Il
Qualitel non è il ‘toccasana’ perché la valutazione della qualità è qualcosa di difficile,
però è un segnale che va nella direzione giusta, è un impegno che la Rai ha assunto
con il Contratto di servizio e che non può essere disatteso. Troppe indicazioni di
valore vengono già disattese. D. – Dott. Calabrò, quanto
è grande il rischio che la Rai venga davvero multata?
R.
– Fino adesso la Rai non ci ha detto che non intende adempiere, ha addotto difficoltà,
ritardi, complessità di attuazione di questo impegno. Noi stiamo svolgendo un’azione
‘moral suasion’. D. – Da parte della Rai, nei mesi scorsi,
si è detto che il Qualitel costerebbe troppo…
R. – Può
darsi che sia un po’ onerosa l’applicazione di questa misura. Comunque, a parte che
andava valutato prima di assumere l’impegno ma poi non è che si può considerare la
qualità un disvalore. Il vizio sta al fondo. Adesso ci sono solo difficoltà esecutive
o c’è un ripensamento sull’importanza della qualità? Perché se fosse questo, sarebbe
grave. In quanto, purtroppo, c’è una tendenza della Rai - che pure ha avuto un grande
merito nell’alfabetizzazione del Paese, ma questa ‘missione’ della Rai, è come se
si fosse esaurita - ed oggi si tende ad adagiarsi su livelli mediocri o più che mediocri;
si tende addirittura quasi a deprimere il livello culturale dei telespettatori perché
si è sotto il dominio della valutazione che fanno i pubblicitari ed i pubblicitari
fanno una valutazione esclusivamente quantitativa e non qualitativa: quanto più ampio
è il target dei telespettatori, tanto più i pubblicitari pagano. D.
– Il problema è quindi nella pubblicità?
R. – Vede, io
non ce l’ho con la pubblicità in sé, la pubblicità è necessaria, è un motore del mercato.
Inoltre le dirò di più: la pubblicità è abbastanza creativa, a volte perfino più creativa
dei programmi che interrompe. Quello che è invece l’inconveniente grosso, che affligge
il sistema, è che si debba guardare all’audience e all’audience immediata che una
certa trasmissione riscuote, non si aspetta nemmeno di seguire il ciclo o le puntate
seguenti, si guarda all’audience della prima puntata, ora per ora, mezz’ora per mezz’ora.
E’ una sorta di ossessione, un ossessione che porta al degrado. Io ho parlato nella
mia relazione al Parlamento, a questo a riguardo, di Tv desipiente. In effetti è così,
perché si tende ad adagiarsi sulla banalità, sulla ripetizione. Perché? Perché i pubblicitari
vogliono la sicurezza ed ogni prodotto tele e radiofonico è in sé una novità. La novità
comporta un rischio come ogni cosa creativa. Allora, per assicurarsi una certa base
di audience si tende a ricalcare piste già battute in quanto quello che ha riscosso
ampia audience, è probabile che la riscuota ancora. Ma in questa maniera, si rende
passiva la recezione, non si stimola il telespettatore a partecipare più vivacemente,
si ottundono addirittura gli stimoli culturali che sono invece sempre verso le novità,
verso il creativo. Naturalmente la novità, all’inizio, è trasmissione di nicchia,
e non si può pensare che, 24 ore su 24, la Rai, Mediaset o altre emittenti televisive
facciano trasmissioni di qualità, né che possano abbondare in trasmissioni di nicchia,
almeno fino a quando il digitale non moltiplicherà i canali e le trasmissioni, perché
il telespettatore tende ad essere sempre meno un recettore passivo: vuole dialogare
e comunicare. Alla radice della parola comunicare, c’è la comunione, cioè mettere
in comune qualcosa. Si apprende solo in quanto si interagisce, solo in quanto si crea
una ‘sumpateia’ simpatia, sentire insieme. E, questo è possibile in proporzione diretta
dell’interesse che si reca alla trasmissione. Anche sul piano della pura informazione,
le nostre Televisioni, tutte, danno un’informazione di base, ma poi elementarizzata
e poi con un sacco di commenti, commenti di persone anche egregie ma che hanno ben
poco da dire su un’informazione specifica o di qualcosa che avviene nel Kenya, o in
Somalia, o in Afghanistan. Lì, quello che interessa, quello che conta, è conoscere
come si svolgono le cose. Io, per sapere come si svolgono le cose, le dirò che devo
sintonizzarmi su Televisioni straniere che hanno sia trasmissioni di approfondimento,
sia intere televisioni dedicate ad un’informazione più approfondita mentre da noi,
si tende ad un informazione ‘toccata e fuga’. Ogni tanto si fa una trasmissione di
approfondimento ma sempre con molti commenti e molti pochi reportage. Si parla troppo
intorno alle cose e si informa troppo poco.