Prima conferenza stampa del nuovo arcivescovo di San Salvador
“Il mio augurio e il mio desiderio è che questo nostro Paese superi presto l’oscura
notte della violenza e si possa così, il più presto possibile, aprire gli occhi di
fronte ad un nuovo giorno di fratellanza”. Così, ieri, nella sua prima conferenza
stampa dopo la Santa Messa domenicale nella cattedrale di San Salvador, il nuovo arcivescovo
José Luis Escobar Alas, che con questo gesto ha voluto confermare la tradizione inaugurata
dal suo predecessore mons. Fernando Sáenz Lacalle, il quale per molti anni ha incontrato
tutte le domeniche i giornalisti della capitale. L’auspicio del presule si riferiva
naturalmente alla gravissima situazione che si vive in El Salvador, ove negli ultimi
mesi è stato raggiunto il record di 12 omicidi al giorno. “Il nostro Paese, ha aggiunto,
continua ad avere purtroppo una fama di Nazione violenta, perché così stanno le cose”
e ciò, come è ben risaputo, “preoccupa la Chiesa che s’impegna con ogni mezzo buono
e possibile per combattere questo nostro dramma”. Ricordando che un passato la guerra
interna finita dodici anni fa fu causa di molta violenza, l’arcivescovo salvadoregno,
ha spiegato che “ormai dal 1992 sono passati molti anni” e dunque “è legittimo attendersi
una vita diversa, pacifica e mite”. Il presule ha ricordato però altre fonti della
violenza odierna, in particolare l’aumento delle “maras”, cioè le bande giovanili
che col pretesto del controllo territoriale spesso usano metodi estremamente violenti
per combattersi. “Non occorre aumentare le carceri e la severità delle leggi; non
sono i mezzi veri per sradicare il problema. Piuttosto serve migliorare l’economia,
fare leggi più giuste e dare priorità all’educazione”. Prima di concludere mons. José
Luis Escobar Alas, interpellato dai giornalisti, ha ricordato l’eredità religiosa
e spirituale del suo predecessore mons. Oscar Arnulfo Romero, ucciso mentre celebrava
la Santa Messa il 24 marzo 1980. “Mi trovo tra coloro che desiderano che mons. Romero
sia canonizzato quanto prima possibile secondo le norme della Chiesa”, ha spiegato
il presule che già nella omelia dell’Eucaristia con la quale prese possesso dell’arcidiocesi,
il 14 febbraio scorso, aveva sottolineato che l’arcivescovo Romero “col suo martirio
ebbe la grazia di unire il suo sangue a quello di Cristo, sigillando così un esempio
di santità di vita per tutti”. (A cura di Luis Badilla)