Si svolge oggi a Roma il convegno sul tema “Il Valore delle Chiese in Medio Oriente”
promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Partecipano all'evento studiosi, esperti e
rappresentanti delle Chiese mediorientali. Ce ne parla Claudia Di Lorenzi:
“La luce
d’Oriente ha illuminato la Chiesa universale” ha scritto Papa Giovanni Paolo II nella
Lettera apostolica “Orientale Lumen”. Un valore, quello delle Chiese cristiane in
Medio Oriente , che si declina nelle dimensioni spirituale e teologica, educativa
e sociale, e che ha trovato sottolineatura nell’odierno convegno romano, presso la
comunità di Sant’Egidio, che ha visto riuniti esponenti delle Chiese cristiane orientali,
come pure esperti dal mondo accademico e della cultura. Tra i relatori mons.
Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei Latini, che ha parlato
del contributo spirituale portato dalla Chiese cristiane in Medio Oriente: “Le
Chiese cristiane in Medio Oriente sono eredi della prima cristianità, di una dimensione
apostolica vissuta da grandi Santi, da grandi Padri della Chiesa. Oggi, forse, è importante,
per queste Chiese, ritrovare questo patrimonio. Quando penso all’immigrazione, dico
‘cosa si fa di questo patrimonio, se si lascia questa terra così facilmente?’; noi
abbiamo paura che queste ricchezze restino nei musei e nelle biblioteche”. Un
contributo – ha detto il presule - che si esprime anche sul fronte della stabilizzazione
dell’area e della pacificazione dei rapporti fra popoli di culture e religioni diverse:
“Io penso che i cristiani, se continuano a conservare la pacifica coesistenza
che hanno sempre cercato di salvaguardare, renderebbero già un grande servizio al
Paese solo per la loro presenza, anche senza fare niente; la loro stessa presenza
è infatti messaggio. Poi, con la loro cultura, la disponibilità a mediare, potrebbero
fare tante cose, perché la ricostruzione è soprattutto quella delle anime, quella
della cultura, della mentalità”. Una speranza che, tuttavia,
oggi più che mai si scontra con l’esodo di massa dei cristiani dai territori arabi,
a causa della persistente insicurezza, delle violenze e le discriminazioni che soffocano
le minoranze cristiane. Una situazione drammatica che profila il rischio della scomparsa
dei cristiani dal Medio Oriente, e che – sottolinea l’arcivescovo di Baghdad - richiama
gli stessi fedeli di Cristo ad un atto di coraggio e di responsabilità:
“Forse
giova anche ricordare ai cristiani che non sono in Medio Oriente per caso. E’ importante
ritrovare la propria identità; ci vuole anche, nella stessa comunione ecclesiale,
un incoraggiamento, una condivisione”. Per favorire la permanenza
in queste terre – aggiunge il presule – è necessario pensare ad una pastorale dedicata
ai cristiani che vivono in Paesi a maggioranza musulmana, e favorire un dialogo che
coinvolga le popolazioni:
“Il dialogo è una santa e bella cosa, ma forse,
per essere un po’ oggettivi, si sta svolgendo spesso tra specialisti e tra studiosi;
forse bisogna fare dialogo sul posto, e coinvolgere la gente. E' il dialogo della
vita la cosa più importante e che ci salva. E quando ci sono guerre e persecuzioni
spesso viene colpito mortalmente: quindi è questo che bisogna resuscitare”. Prioritario,
tuttavia, appare il rafforzamento del dialogo ecumenico, affinché le singole Chiese
d’Oriente possano trovare forza nell’unità di tutti cristiani. Ancora mons. Sleiman: “E’
molto importante cominciare con l’ecumenismo; direi anche che esso è una condizione
‘sine qua non’. Non si riesce a fare il dialogo interreligioso se non abbiamo una
comunione tra di noi”. Numerose – sottolinea infine don Vittorio
Ianari, della Comunità di Sant’Egidio – le esperienze positive di dialogo e di collaborazione,
soprattutto in Libano, Siria ed Egitto. Iniziative che – conclude – richiedono un
impegno costante e rinnovato giacché il dialogo e l’armonia fra i popoli non sono
mai scontati.