Benedetto XVI agli scienziati: no all'eugenetica che seleziona la perfezione fisica
e scarta la vita debole o malata. L'uomo è più del suo patrimonio genetico
Per il fatto di essere venuto alla vita, ogni essere umano possiede pari dignità.
Una dignità che supera la singola somma dei suoi fattori genetici. Dunque, commette
un "attentato contro l'umanità" una scienza che discrimini le persone sulla base della
loro efficienza fisica o bellezza, o che arrivi a sopprimere l’inizio di una vita
perché debole o malata. Con un incisivo intervento, Benedetto XVI si è rivolto questa
mattina ai genetisti e agli scienziati che hanno partecipato, ieri e oggi, alla 15.ma
Assemblea della Pontificia Accademia per la Vita, dedicata in particolare ai rischi
dell’eugenetica. Il servizio di Alessandro De Carolis:
“La generazione
di un uomo non potrà mai essere ridotta a una mera riproduzione di un nuovo individuo
della specie umana, così come avviene con un qualunque animale. Ogni apparire nel
mondo di una persona è sempre una nuova creazione”. Benedetto XVI ha ricordato con
queste parole un confine che talvolta l’esuberanza dell’ingegneria genetica fatica
a rispettare, pur riconoscendo che il progresso delle scienze biologiche ha prodotto
conoscenze tali da consentire non solo “una più efficace e precoce diagnosi delle
malattie genetiche”, ma anche l’individuazione di “terapie destinate ad alleviare
le sofferenze dei malati e, in alcuni casi, perfino a restituire loro la speranza
di riacquistare la salute”. Tuttavia, il lato in ombra della medaglia è rappresentato,
ha detto il Pontefice, dai “rischi dell’eugenetica”, ovvero della selezione della
razza, una pratica - ha stigmatizzato - che ha già visto “nel passato porre in essere
forme inaudite di autentica discriminazione e violenza”:
“Nonostante
questo, appaiono ancora ai giorni nostri manifestazioni preoccupanti di questa pratica
odiosa, che si presenta con tratti diversi. Certo, non vengono riproposte ideologie
eugenetiche e razziali che in passato hanno umiliato l'uomo e provocato sofferenze
immani, ma si insinua una nuova mentalità che tende a giustificare una diversa considerazione
della vita e della dignità personale fondata sul proprio desiderio e sul diritto individuale”.
In altre parole, ha proseguito Benedetto XVI:
“Si
tende, quindi, a privilegiare le capacità operative, l'efficienza, la perfezione e
la bellezza fisica a detrimento di altre dimensioni dell'esistenza non ritenute degne.
Viene così indebolito il rispetto che è dovuto a ogni essere umano, anche in presenza
di un difetto nel suo sviluppo o di una malattia genetica che potrà manifestarsi nel
corso della sua vita, e sono penalizzati fin dal concepimento quei figli la cui vita
è giudicata come non degna di essere vissuta”. Al contrario,
ha affermato Benedetto XVI, ogni essere umano “è molto di più di una singolare combinazione
di informazioni genetiche che gli vengono trasmesse dai genitori”. E, dunque, ogni
“discriminazione esercitata da qualsiasi potere nei confronti di persone, popoli o
etnie sulla base di differenze riconducibili a reali o presunti fattori genetici è
un attentato contro l'intera umanità”.
“Ciò che
si deve ribadire con forza è l'uguale dignità di ogni essere umano per il fatto stesso
di essere venuto alla vita. Lo sviluppo biologico, psichico, culturale o lo stato
di salute non possono mai diventare un elemento discriminante. È necessario, al contrario,
consolidare la cultura dell'accoglienza e dell'amore che testimoniano concretamente
la solidarietà verso chi soffre, abbattendo le barriere che spesso la società erige
discriminando chi è disabile e affetto da patologie, o peggio giungendo alla selezione
ed al rifiuto della vita in nome di un ideale astratto di salute e di perfezione fisica”.
In
questo quadro, ha incalzato il Papa, non c’è spazio per quel, ha rilevato, “diffuso
riduzionismo genetico”, che è “incline a identificare la persona esclusivamente con
il riferimento all'informazione genetica e alle sue interazioni con l'ambiente” e
che si ha soprattutto quando le varie scienze, invece di collaborare, si isolano “pretendendo
di avere l’ultima parola sull’uomo”. Il quale, ha concluso, “sarà sempre più grande
di tutto ciò che forma il suo corpo”, perché porta con sé la forza del pensiero, che
è sempre tesa alla verità su di sé e sul mondo”:
“Ritornano,
cariche di significato, le parole di un grande pensatore che fu anche valente scienziato,
Blaise Pascal: “L'uomo non è che un giunco, il più debole nella natura, ma è un giunco
pensante. Non occorre che l'universo intero si armi per schiacciarlo; un vapore, una
goccia d'acqua è sufficiente per ucciderlo. Ma quand'anche l'universo intero lo schiacciasse,
l'uomo sarebbe pur sempre più nobile di ciò che lo uccide, perché egli sa di morire
e conosce la superiorità che l'universo ha su di lui; l'universo invece non ne sa
nulla”.