Congresso in Vaticano sull’eugenetica. Mons. Fisichella: non sostituirsi a Dio, ma
lavorare per un progresso a misura d’uomo
Il progresso scientifico al servizio del bene va sempre difeso, ma l’uomo deve rifuggire
dalla tentazione di volersi sostituire a Dio: è il richiamo dell’arcivescovo Rino
Fisichella che, con il suo intervento, ha aperto stamani in Vaticano il Congresso
“Le nuove frontiere della genetica e il rischio dell’eugenetica”, promosso dalla Pontificia
Accademia per la Vita. I congressisti saranno ricevuti domani in udienza da Benedetto
XVI. Sulla sessione mattutina del Congresso, in occasione della XV Assemblea generale
del dicastero, ci riferisce Alessandro Gisotti:
“Ogni conquista
scientifica porta sempre con sé inevitabilmente quello sguardo del Giano bifronte
che mostra la bellezza e insieme la tragicità”: è quanto sottolineato da mons. Rino
Fisichella che ha rilevato come, nonostante si guardi oggi con orrore al termine “eugenetica”
la realtà dei fatti racconti una storia diversa:
“Il
rischio di una deriva della genetica non è solo un richiamo teorico che viene fatto;
appartiene, purtroppo, a una mentalità che tende lentamente ma inesorabilmente a diffondersi”. L’eugenetica,
ha rilevato il presidente dell’Accademia per la Vita, “non di rado si nasconde sotto
la maschera del volto di chi vorrebbe migliorare fisicamente la specie umana”, ma
alla base di qo fenomeno c’è invece una concezione sbagliata dell’uomo: “Una
riduzione al solo fatto biologico apparirebbe da subito riduttiva, impropria e impersonale.
Sarà necessario avere sempre dinanzi a noi la concezione unitaria della persona; il
corpo, pur essendo una componente essenziale, non esaurisce la globalità della persona”. Certo,
ha spiegato mons. Fisichella, la Chiesa difenderà sempre la scienza “nella sua legittima
aspirazione a indagare l’immenso mistero del Creato” e a sviluppare tecnologie che
consentano di vivere “sempre meglio in un ambiente a servizio dell’uomo e a misura
dell’uomo”:
“La malattia, il dolore, la sofferenza
e la morte, tuttavia, permangono con il loro carico di interrogativi a cui è necessario
dare risposta che sia carica di senso”. Ecco perché “non tutto
ciò che è scientificamente e tecnicamente possibile è ugualmente lecito”. E dunque,
ha avvertito il presule, non può essere solo lo scienziato a tracciare il confine
tra liceità o meno della sua sperimentazione, ma ha bisogno “di un confronto con altre
scienze a cui è demandata la competenza per verificare il limite e l’oggettiva istanza
etica sottesa”. Infine, l’esortazione di mons. Fisichella a difendere il principio
fondamentale dell’inviolabilità della persona frutto di un dono gratuito di Dio: “L'uomo
è debitore della sua vita. Egli è uscito dalle mani del Creatore e la sua realizzazione
piena si potrà concretizzare solo nella condizione di percepire se stesso e costruire
la propria esistenza personale e sociale senza mai volersi sostituire a Dio”. Dopo
l’introduzione di mons. Fisichella, sono seguiti nella mattinata interventi di esperti
e scienziati che si sono soffermati sulle nuove frontiere della genetica. Il genetista
Bruno Dalla Piccola ha messo in guardia dalla “genetizzazione” della vita legata allo
sviluppo dei test sul genoma umano da cui potrebbero derivare dei rischi paradossali: “L’arrivo
nella nostra società degli 'unpatient', i 'non pazienti', cioè di soggetti che non
sono malati ma che avendo fatto questi test - allora non si potevano fare, ma oggi
li possiamo fare - condividono una serie di fattori di rischio, per cui essendo naturalmente
un po’ preoccupati, c’è chi comincia a organizzare la sua vita e tutti i giorni va
dal medico a misurare la pressione e altro, c’è chi fa i controlli in laboratorio,
chi sviluppa una malattia psicosomatica”.
D’altro
canto, ha affermato, la genetica assume oggi un ruolo sempre maggiore nelle diagnosi
prenatali. Anche qui con effetti controversi. Ecco la sua riflessione sulla fecondazione
artificiale, teoricamente volta ad evitare patologie nel nascituro:
“Questa
regolazione, sia per l’induzione dell’oblazione della mamma, sia per la cultura in
provetta, determina un tasso che è dodici volte il rischio relativo di queste patologie
rispetto il tasso del concepimento naturale. Questa informazione non viene mai data
ad una donna che fa questi tipi di analisi”.
Il docente della Sapienza
ha infine messo l’accento sugli sviluppi delle ricerche sulle cellule staminali adulte
che, a differenza delle staminali embrionali, hanno già prodotto notevoli risultati.