Mons. Fisichella : il rischio della "deriva genetica" non è solo teorico. Presentato
il Congresso sul tema della Pontificia Accademia per la Vita
Verificare se all’interno della sperimentazione genetica siano presenti aspetti che
attuano di fatto un’azione eugenetica. E' l’obiettivo del Congresso internazionale
incentrato sul tema “Le nuove frontiere della genetica e il rischio dell’eugenetica”
che si terrà venerdì e sabato prossimi in Vaticano. L'avvenimento, promosso dalla
Pontificia Accademia per la Vita, è stato presentato stamani nella Sala Stampa della
Santa Sede. Alla conferenza stampa hanno partecipato l'arcivescovo Rino Fisichella,
presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Ignacio Carrasco de Paula,
cancelliere del medesimo dicastero, e il prof. Bruno Dallapiccola, docente di Genetica
medica all’Università “La Sapienza” di Roma. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Le conquiste
genetiche - ha detto mons. Fisichella - appartengono al costante e spesso frenetico
progresso tecnologico che sembra non avere più confini: oggi è possibile la mappatura
di migliaia di geni che permettono la conoscenza di diverse tipologie di malattie
e viene offerta spesso la concreta possibilità di superare la patologia ereditaria.
Ma ogni conquista scientifica porta sempre con sé, inevitabilmente, quello sguardo
bifronte che mostra la bellezza e insieme la tragicità. Diversi progetti in ordine
scientifico, biologico e politico - ha spiegato mons. Fisichella - comportano “un
giudizio etico, soprattutto quando si vuole sostenere che si attua un’azione eugenetica
in nome di una ‘normalità’ di vita":
“Questa mentalità certamente riduttiva,
ma presente, tende a considerare “che ci siano persone che hanno meno valore di altre,
sia a causa della loro condizione di vita quali la povertà o la mancanza di educazione,
sia a causa della loro condizione fisica: ad esempio i disabili, i malati psichici,
le persone in cosiddetto ‘stato vegetativo’, le persone anziane con gravi patologie”.
“Un
sottile formalismo linguistico unito a una buona pubblicità sostenuta da grandi interessi
economici - ha osservato mons. Fisichella - fa perdere di vista i veri pericoli sottesi
e tende a creare una mentalità non più in grado di riconoscere l’oggetivo male presente
e formulare un giudizio etico corrispondente”. Il rischio di una deriva della genetica
- ha aggiunto - non è solo un richiamo teorico, ma appartiene purtroppo a una mentalità
che tende lentamente, ma inesorabilmente, a diffondersi. Mons. Ignacio Carrasco de
Paula ha poi ricordato l’obiettivo principale del Congresso:
“L’obiettivo
principiale è di richiamare l’attenzione di tutti sui notevoli benefici che possiamo
ottenere dalla ricerca genetica se - come sembra corretto e auspicabile - vengono
indirizzati verso di essa sia l’impegno dei ricercatori che gli investimenti pubblici
e privati, superando la tentazione delle apparenti scorciatoie proposte dalla eugenetica”.
Il
professor Bruno Dallapiccola si è soffermato sulle conseguenze legate alla conoscenza
del genoma umano: molte conoscenze mediate dalla genetica prima di essere sperimentate
- ha affermato - vengono trasferite al “mercato della salute e sono proposte agli
utenti al di fuori dei protocolli” con i quali la medicina dovrebbe avvicinarsi alle
innovazioni diagnostiche. Il riconoscimento della variabilità biologica aiuta comunque
a guardare “ad ogni paziente non più come ad un numero e neppure come ad un semplice
prodotto del codice genetico, ma - ha aggiunto il prof. Dallapiccola - come ad una
persona”:
“C’è una grande ammirazione per questo progresso scientifico
che veramente sta cambiando la vita. La comprensione delle basi biologiche delle malattie
ci consente di migliorare gli approcci diagnostici. Ma naturalmente servono prudenza
e cautela nell’uso perché non tutto ciò che viene venduto come 'oro colato' effettivamente
può fare il bene dell’umanità”. Rispondendo alle domande dei
giornalisti, mons. Fisichella ha infine sottolineato come il pensiero della Chiesa,
anche su temi legati all’inizio e alla fine della vita, non debba mai essere emarginato:
“Perlomeno
in una società democratica laica, le istanze che sono presenti sul territorio devono
essere non soltanto sentite. Il legislatore stesso dovrebbe avvertire l’esigenza di
sentire le varie istanze per cercare di arrivare a formulare poi una legislazione
che sia più possibile conforme a quella società pluralistica nella quale anche i cattolici
si trovano”.