Scienza e fede: a Roma, una Messa per Galileo Galilei celebrata da mons. Ravasi
“Galileo è stato chiamato a ragione ‘divin uomo’, perché lui ha saputo leggere e studiare
la scienza attraverso gli occhi della fede”: è quanto scrive il cardinale segretario
di Stato Tarcisio Bertone, in un telegramma ai partecipanti alla Messa in onore di
Galielo Galilei, svoltasti stamani nella Basilica romana di Santa Maria degli Angeli
in occasione del 445.mo anniversario della nascita del grande astronomo pisano. “Galileo
– ha spiegato mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura
che ha presieduto la celebrazione – ha saputo distinguere le due ragioni, quelle della
scienza e quelle della verità utili per la nostra salvezza”. La Messa di stamani -
voluta dalla “World Federation of Scientists” - è un altro segno importante del dialogo
tra scienza e fede. Ne è convinto il gesuita padre Ennio Brovedani, direttore
dell’Istituto Stensen e ideatore del convegno internazionale dedicato al “Caso Galileo”
in programma a Firenze dal 26 al 30 maggio. L’intervista è di Fabio Colagrande:
R. – Sono
ottimista per il fatto che hanno aderito a questa iniziativa ben 18 istituzioni internazionali,
le più importanti istituzioni di ricerca ecclesiastiche ed universitarie, culturali
e soprattutto tutte quelle istituzioni che nella storia hanno avuto anche un ruolo
nella vicenda galileiana. Ed è interessante vedere come tutti hanno capito la rilevanza
e l’importanza del problema, del tema. Questo è un segnale positivo, ovviamente. Tutte
le istituzioni sono convinte che ci siano veramente le condizioni per creare quel
clima di sinergia tra un messaggio di promozione umana da parte della Chiesa e quelle
che sono le esigenze anche oggi della ricerca tecno-scientifica. Io credo che ci siano
le condizioni per fare questo!
D. – Ecco. Ci sono
le condizioni ma, secondo lei, padre Brovedani, quali sforzi deve fare il mondo scientifico
e quali deve fare il mondo della Chiesa, il mondo dei teologi, proprio per permettere
una collaborazione fruttuosa?
R. – Gli sforzi vanno
comunque fatti da entrambe le parti. Entrambe le parti devono guardare al futuro,
prima di tutto, e non più guardare al passato, alle incomprensioni del passato. Credo
che questa vicenda abbia anche consentito quegli sviluppi di quella riflessione che
ha fatto prendere coscienza, a livello di metodologia della scienza, ma anche di metodologia
della riflessione filosofica, di quelli che sono i limiti – da un lato – di determinati
approcci al reale, come quello scientifico e, dall’altro lato, anche di quello che
è il ruolo specifico della Chiesa: la consapevolezza dell’esistenza, cioè, di diversi
ordini di conoscenza e di ordini di sapere. Questo, indubbiamente, ha contribuito
in entrambe le parti a prendere consapevolezza della complessità della realtà, delle
inedite problematiche etiche che sta sollevando la ricerca scientifica come attività
che produce un sapere. E sappiamo che questo sapere può diventare un potere e di fatto
sta diventando un potere. E tutte le volte che si tratta di gestire un potere si pone
ovviamente il problema del dovere, e quindi il problema etico.