2009-02-15 14:05:42

Giornata di preghiera dei vescovi dell’Africa australe per la popolazione dello Zimbabwe colpita da colera e povertà


Una giornata di preghiera a sostegno della popolazione dello Zimbabwe, colpita da varie emergenze sociali: dalla drammatica crisi economica all’epidemia di colera, che ha già causato oltre 3500 vittime. E’ l’iniziativa indetta per oggi dalla Conferenza dei vescovi dell’Africa australe. I presuli, nelle celebrazioni odierne, hanno invitato i fedeli a testimoniare la loro vicinanza allo Zimbabwe con un’intensa preghiera e un gesto concreto di carità: viveri e medicine, raccolti con le collette, saranno distribuiti attraverso la rete Caritas dello Zimbabwe. Su questa iniziativa, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Raffaello Zordan, della rivista dei Comboniani, “Nigrizia”:RealAudioMP3

R. – Un’iniziativa importante, soprattutto se riesce ad attrarre l’attenzione della comunità internazionale ed anche dei Paesi della comunità dell’Africa australe, che hanno seguito in questo anno, dalle elezioni del marzo del 2008 ad oggi, le vicende difficilissime dello Zimbabwe. Speriamo che con l’accordo che è stato raggiunto finalmente con la nascita del nuovo governo di unità nazionale, ci sia una svolta. Sappiamo benissimo che i due contendenti, cioè il leader dell’opposizione, Morgan Tsvangirai, e il presidente, Robert Mugabe, eletto con un’elezione molto discutibile l’anno scorso, devono camminare insieme per trovare una via d’uscita alle tante emergenze del Paese. I vescovi credo che andranno a sottolineare questa cosa, cercando di mettere insieme una società, che ha la possibilità di guardare oltre, anche se oggi questo è difficile.

 
D. – I vescovi hanno fatto molti appelli per la pacificazione ma si è ancora in tempo per risolvere certe emergenze in un Paese, che ha un passato anche recente di benessere?

 
R. – Si è sempre in tempo per migliorare la situazione, ma credo che l’emergenza economica e l’emergenza sociale, cioè quella dei diritti delle persone, vadano insieme. Se il primo atto politico, fatto da Tsvangirai dopo che ha prestato giuramento, è stato quello di andare a visitare il carcere dei detenuti politici, vuol dire che si metterà mano anche a questa faccenda. Nel momento in cui il Paese ha una maggiore coesione e una maggiore capacità di lavorare insieme, più facilmente si potrà uscire da una situazione che, comunque, richiederà anni per poter essere recuperata. Questo è chiaro.

 
D. – Bisognerà aprire maggiormente anche le frontiere agli interventi umanitari internazionali, perché la prima emergenza, quella del colera, sta mietendo vittime continuamente...

 
R. – Sì, sappiamo che lo Zimbabwe è sotto sanzioni da vari Paesi. Il flusso degli aiuti umanitari non è mai venuto meno, a dire il vero. Poi, l’utilizzo che ne è stato fatto è un’altra questione. Certamente, questa emergenza colera è una partita che può essere chiusa. Cosa vuol dire il problema colera? Vuol dire che, per esempio, una parte importante della popolazione non ha accesso all’acqua potabile e le fognature non ci sono, soprattutto nelle periferie urbane. Si richiedono interventi strutturali che non si fanno dall’oggi al domani.







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