2009-02-15 15:42:01

Dal G7 l'impegno a stabilizzare i mercati mondiali


Stabilizzazione dei mercati finanziari e dell'economia globale, sostegno alla crescita e all'occupazione, impegno per azioni coordinate e contro il protezionismo e riforma del Fondo Monetario Internazionale. Sono questi i punti salienti del G7 dei ministri del Economia che si è chiuso ieri a Roma. I particolari nel servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3

Per fronteggiare una crisi globale servono regole globali. È questo leitmotiv del G7 di Roma dei ministri dell’Economia e delle Finanze. "La stabilizzazione dell'economia globale e dei mercati finanziari rimane la nostra priorità massima", hanno infatti riconosciuto i titolari dei dicasteri economici, sottolineando la necessità di un coordinamento per "intraprendere azioni collettive, affinché crescano gli effetti degli sforzi individuali”. I sette si sono quindi dati quattro mesi di tempo per elaborare un primo documento per regole comuni, promosso dalla presidenza italiana. Un’esortazione a lavorare assieme alla riscrittura delle nuove regole è giunto anche dal dal segretario al tesoro Usa, Geithner, al primo esordio internazionale. Per arrivare all’ambizioso obiettivo di un nuovo ordine economico mondiale si è posta sul tappeto anche la riforma del Fondo Monetario Internazionale, che rafforzi l’istituzione con risorse e compiti aggiuntivi per rispondere in modo flessibile all'attuale crisi. Dal vertice arriva anche un secco no a nuove politiche protezionistiche, considerate quanto mai dannose in questa fase. Nel comunicato finale viene dunque ribadito che per la ripresa è indispensabile un sistema aperto di commercio e investimenti globali.
 
Ma si può dire che a livello mondiale si stia facendo davvero qualcosa per contrastare la crisi economica? Fausta Speranza lo ha chiesto all’economista Alberto Quadrio Curzio:RealAudioMP3

R. – Certamente si sta facendo in modo diverso in diversi luoghi del pianeta, e tuttavia si sta operando. Parlerei di tre distinte dimensioni: Cina, Stati Uniti e Europa.
 
D. – Come si sta muovendo la Cina?
 
R. - Nel grande continente cinese è stato posto in essere un piano d’intervento assai significativo, anche utilizzando quei surplus valutari giganteschi che la Cina aveva accumulato nel suo commercio estero, fatto – devo dire – con molti dumping, tra cui un dumping sociale veramente impressionante. Tuttavia, adesso, queste risorse finanziarie vengono usate all’interno perché la situazione cinese è seria, in quanto molta parte di popolazione che si era trasferita nelle città per uno sviluppo tumultuoso, sta ritornando alle campagne e non ritorna in condizioni di sussistenza adeguata.
 
D. – Negli Stati Uniti il piano di rilancio di Obama è stato approvato in tempi record…
 
R. - Gli Stati Uniti stanno attuando piani d’intervento sempre più grandi, battendo moneta. Tutto ciò, quando ci sarà una ripresa consistente, potrà anche produrre inflazione ma, d’altra parte, in questo momento è difficile dare consigli più saggi ad un Paese che ha combinato un guaio così grosso e si trova in una situazione così seria.
 
D. – Cosa dire dell’Europa?
 R. - Per quanto riguarda l’Europa, qui veramente c’è un commento critico da fare: partendo dalla considerazione che la situazione europea è molto migliore di quella di tutti gli altri grandi Paesi, perché l’Europa ha ancora un risparmio assai consistente – 15% del prodotto interno lordo a fronte di solo uno-due punti percentuali degli Stati Uniti – ed anche una solidità maggiore del suo sistema manifatturiero, produttivo, ed anche agricolo. Oggi parlare di agricoltura sembrerebbe quasi ridicolo, tutti guardavano alla finanza creativa e ai fasti dell’immateriale eppure anche l’agricoltura conta. Ebbene l’Europa è certamente in posizioni molto migliori e tuttavia vi è un deficit enorme in Europa, che è quello della politica. La politica non sta agendo. L’Europa in questo momento dovrebbe trovare la forza di una maggiore identità politica per lanciare un grande piano d’intervento comunitario, non quello dei singoli Stati nazionali. Se mi è consentita una metafora, gli Stati nazionali europei stanno, tutti, nuotando con un salvagente: non sanno o forse non ricordano che sono sulla stessa barca o che potrebbero essere sulla stessa barca. Se remassero tutti nella stessa direzione – attraverso un progetto comunitario – noi europei usciremmo rapidamente dalla crisi. Io credo che l’idea di Jacques Delors, espressa nel 1992 e ripresa poi da molti altri tra cui il sottoscritto e anche Tremonti, di emissione di titoli di debito pubblico europei per finanziare progetti europei sia, oggi, la strada maestra. Se gli europei non lo fanno, incomincio ad avere dei timori per la coesistenza europea.







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